29 e 30 maggio 2008 (Ia Parte)
- Enzo Fugaldi per Jazzitalia
Il sondaggio fra i critici specializzati che il mensile «Musica
Jazz» dedica da ben cinque lustri al meglio del jazz in circolazione,
in questo venticinquesimo anno è stato per la prima volta incentrato esclusivamente
sul jazz italiano. Da qui la nascita del Reggio Top Jazz Festival,
che nella prima edizione ha schierato buona parte dei vincitori del referendum,
durante quattro serate primaverili nella città di Reggio Calabria.
Il primo concerto ha visto avvicendarsi l'Italian
Instabile Orchestra, formazione dell'anno, e la Cosmic Band di
Gianluca
Petrella, strumentista dell'anno.
L'Instabile, al diciottesimo anno di proficua
e ardita attività, ha dedicato la propria intensa performance, in costante
equilibrio fra tradizione, innovazione, creatività, apporto dei singoli,
collettivo, al compianto
Mario Schiano, scomparso poche settimane prima del concerto.
Ha aperto la performance una porteriana - molto
à la Schiano - You Do Something To Me,
introdotta dalla voce lunare di Sebi Tramontana che in un crescendo
di creatività sfociava in una composizione di Eugenio Colombo. Poi
una breve Lover Man di forte impatto
emotivo nell'arrangiamento di
Schiano, tutta per Giancarlo Schiaffini; di seguito un
brano composto e diretto da Giovanni Maier con grandi assoli di
Lauro Rossi, Umberto Petrin e un insuperabile Carlo Actis
Dato al baritono. Ed ancora un brano di
Paolo
Damiani dedicato a
Massimo Urbani (M.U. Sic et nunc)
con assoli di Daniele Cavallanti al tenore e di Achille Succi
all'alto, Lament di J.J. Johnson
e St. James Infirmary arrangiate da
Schiaffini.
La Cosmic Band di
Gianluca
Petrella ha proposto una musica diversa da quella registrata
alla Casa del Jazz di Roma nell'aprile del 2007
e pubblicata dal settimanale «L'Espresso». Una potente carica ritmica,
rapidi e ossessivi riff, un lavoro basato sul collettivo in cui i 10 elementi
della band collaborano a realizzare il progetto del leader senza protagonismi
di sorta. Un omaggio a Sun Ra realizzato mediante un mix di energia,
uso intelligente dell'elettronica, da un ensemble che ha una sua precisa
identità ritmico-timbrica, composto dai giovani musicisti raccolti intorno
a sé dal grande trombonista, tra i quali l'unico nome ben noto è quello
del pianista Giovanni Guidi, che si pone al servizio del collettivo
con grande disciplina. Conclude il concerto una ironica versione di
Second Star To Right, dalla colonna sonora
del cartoon Peter Pan, con i musicisti che percuotono piatti e posate, quasi
un happening.
Paolo
Damiani era alla prima assoluta della sua New Band, con
Rita
Marcotulli al piano,
Bebo
Ferra alla chitarra,
Daniele Tittarelli ai sax, Giovanni Falzone alla
tromba e Walter Paoli alla batteria. Sin dalle prime note di un suo
vecchio brano, Rumori mediterranei,
si è avvertito che
Damiani,
vincitore del referendum per il disco dell'anno ("Al
tempo che farà", ex equo con "The Third Man" di
Rava-Bollani),
ha trovato la formazione ideale. Una formazione che riesce a dare nuova
linfa alle composizioni del passato e ne valorizza le ultime, peraltro molto
interessanti, grazie anche alla sostituzione della voce - onnipresente nei
precedenti progetti – con l'eccezionale tromba di Giovanni Falzone.
La prima delle composizioni nuove, Disobbedienti
architetture, introdotta da
Ferra,
era caratterizzata, nel suo intrigante sviluppo, dall'intreccio dei fiati
e da una
Marcotulli profondamente calata nel suo prezioso ruolo
di pianista ideale nei più svariati contesti. Il concerto è proseguito nel
segno di una musica fresca e coinvolgente, sino al brano finale,
Respiri di tempo.
Daniele D'Agaro, strumentista dell'anno della
sezione ance, si è esibito brevemente in solitudine sia al fido clarinetto
che al sax tenore. Una prova austera, sobria, con omaggi al prediletto Ellington
e con armonici e frasi dense di implicito swing: una conferma del grande
valore di questo musicista che è da tempo partner ricercatissimo di molti
musicisti europei.
Roberto Gatto, vincitore del Top Jazz come strumentista dell'anno
(sezione basso, batteria, miscellanea, voce), ha portato a Reggio il suo
collaudato quartetto, con
Luca
Mannutza al piano,
Daniele Tittarelli ai sax e Luca Bulgarelli al
contrabbasso. Un gruppo che migliora col tempo, con un consolidato repertorio
di originals tratti dal cd "Traps", dal quale ha eseguito
The Hands e il brano che
dà il titolo al disco, poi un brano di Morricone, tema dalla colonna sonora
del film "Giù la testa" in un efficacissimo arrangiamento; la porteriana
I Concentrate On You, una pregevole
composizione nuova del batterista ancora priva di titolo che sarà inserita
in un cd di prossima uscita, per chiudere con una breve versione della vecchia
canzone italiana Le tue mani, brano
prediletto da molti jazzisti nostrani.
31 maggio / 1 Giugno 2008 (IIa
Parte) - Gianmichele Taormina per Jazzitalia
La terza serata dei concerti del "Reggio Top Jazz Festival"
ha preso l'avvio con l'emozionante concerto del trio capitanato dal chitarrista
milanese Roberto Cecchetto. Insieme alla splendida ritmica formata
da Giovanni Maier e Michele Rabbia, il leader, vincitore al
referendum nella sezione "strumentista dell'anno" (pianoforte, tastiere,
chitarre), ha dimostrato grande esuberanza strumentale nelle sue consuete
"solarità" espressive costituite da sonorità brillanti e aperte. Cecchetto
è chitarrista che non si sofferma su scontate abilità virtuosistiche, mai
strabordanti o impulsive, ma sempre invece funzionali ad un elevato gioco
compositivo fatto di pause, di silenzi, di repentini cambiamenti di rotta
come in Do It, meraviglioso trascinante
funky d'apertura. Prevalentemente tratto da "Down Town", magnifico
lavoro di Cecchetto pubblicato lo scorso anno per la
Auand, il repertorio proseguiva
con l'esposizione di tematiche eteree, leggiadre, fondate su di un paritetico
propositivo interscambio tra i tre musicisti. Come in
Last Year (tratto invece da "Slow Mood"
cd di qualche anno fa pubblicato in duo con Maier) o nella sulfurea
Oslo Hotel dove l'archettato del
contrabbassista friulano creava un corposo "tappeto" informale sul quale
il chitarrista esponeva tanta intensa, quasi ipnotica poesia. Non meno importante
è stato il lavoro di Michele Rabbia. Percussionista geniale, sempre
attento alla pronuncia dei suoni, siano essi architettati da un sacchetto
di plastica sgualcito o da precostituite basi campionate, Rabbia è colui
che colora l'ambiente dando senso agli spazi e ultimando "i quadri" di un
concerto decisamente emozionante per lucida freschezza compositiva ed intensa
libera improvvisazione.
A seguire la variegata e maiuscola esibizione
di
Dino
Betti van der Noot che dirigeva la Parco della Musica Jazz
Orchestra di Roma.
Betti
è da oltre un trentennio validissimo compositore e arrangiatore (sezione
nella quale ha vinto raggiungendo un numero spropositato di preferenze).
Dischi meravigliosi come "A Chance for A Dance", "Space
Blossoms", "Ithaca/Ithaki" ed il notevole ultimo "The
Humming Cloud", dimostrano l'elevato livello compositivo dei
suoi temi, spesso epici, ricchi di pathos e suspense ma anche flessuosi
nelle linee ritmiche, agili nel loro intersecarsi tra le varie sezioni.
Musica insomma piena di una vivacità strumentale dove niente è lasciato
al caso. Eppure
Dino
Betti ha concesso tanta libertà d'espressione ai suoi ventidue
strumentisti tra i quali è emersa "la voce" del giovane sassofonista
Piero Bittolo Bon, di Mauro Grossi al pianoforte, di Fernando
Brusco alla tromba e poi ancora di
Pietro Iodice
alla batteria. Quest-ultimo, insieme al notevole trombettista Mario
Corvini, rappresentano gli insostituibili "perni" di un'orchestra
oramai consolidata negli anni (magnifica l'esibizione nel
2007 a Roccella Jonica sotto
la direzione di Maria Schneider).
L'ultima serata della rassegna ha visto esibirsi
l'acclamato "nuovo talento" del jazz italiano, ovvero il pianista umbro
Giovanni Guidi. Ad appena ventitre anni, Guidi ha dimostrato
padronanza e maturità alla testa del suo collaudato quartetto formato da
ottimi professionisti del jazz odierno. A partire dal sassofonista statunitense
Dan Kinzelman (ventisei anni appena), dal disinvolto drummer portoghese
João Lobo (anno di nascita 1981)
nonché da
Stefano
Senni, già da tempo affermato contrabbassista (reduce quest'ultimo
dalla recente notevole incisione per El Gallo Rojo intitolata "Psychocandy").
Nel corso del concerto durato appena quarantotto minuti, il giovane pianista
si è districato spaziando all'interno della sua discografia costituita attualmente
da tre lavori. Pezzi ben strutturati, ricchi di echi etnici che fanno ricordare
talvolta la penna di un Gato Barbieri, di un
Keith
Jarrett o di un
Charlie Haden come nel frizzantissimo
Ocer (pazzesca la cavata di
Senni,
decisiva l'irrefrenabile improvvisazione di Guidi), per poi passare
al funky-meanstream neroamericano ricco però di divertenti commistioni "eurocolte".
Ferratissimo nelle affascinanti introduzioni, granitico nelle scale atonali
(pur preciso nelle improvvisazioni veloci e sobrie) Guidi sa ben
interpretare e comporre splendide ballad come The
House Behind This One per giungere poi alla reinterpretazione
di capisaldi assoluti del jazz come l'ipnotica affascinante
Ida Lupino a firma di
Carla Bley.
Il concerto di chiusura è stato infine affidato
ad una superband nata dalla sommatoria dei migliori strumentisti votati
nel corso del referendum 2007:
Fabrizio
Bosso,
Gianluca Petrella,
Daniele D'Agaro, Giovanni Guidi, Roberto Cecchetto,
Paolo
Damiani e
Roberto
Gatto. Non una banale e rutiniera jam session ma la trascinante
reunion di sette "mostri sacri" ognuno dei quali ha portato con se una
sua composizione da "far studiare" ai colleghi (The Cosmic di
Petrella,
Rumori Mediterranei di
Damiani,
A Night in Salzau di
Gatto, Utra Marine n° 29 a firma di D'Agaro,
Womans Glains di
Bosso,
The Choice di Cecchetto, Il Campione di Giovanni
Guidi).
Concerto divertente, intenso, emozionale, dove
si è ascoltato davvero di tutto: swing, free, jazz elettrico, neo bop, jazz
contemporaneo e tanta energica vitalità. Una band di all stars che sarebbe
bello riascoltare in giro per l'Italia tanto per far ricordare di quanti
magnifici musicisti si vanta di offrire la nostra penisola.
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