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Angelo Valori & M. Edit Ensemble
Il Caffè Delle Americhe
Wide Sound (2012)
1. Addije addije amore
2. Canzone di porto
3. Haba-nera
4. Abbi fede
5. Mare maje, scura maje
6. Papè song
7. Scura maje
8. Pensiero triste che si balla
9. Quadriglia
M.Edit ensemble:
Angelo Valori - direzione, composizione
e arrangiamento
Loredana Di Giovanni - voce
Manuel Trabucco - sassofoni
Angelo Trabucco - pianoforte & tastiere
Danilo Di Paolonicola - organetto, fisarmonica
Maurizio Rolli
- contrabbasso e basso elettrico
Roberto Desiderio - batteria
Ospiti:
Javier Girotto
- sax baritono e soprano
Michele Rabbia - percussioni, batteria (Abbi fede)
Diana Torto - voce (Papè song)
Mauro De Federicis - chitarre
via
L. Fioravanti 26
64020 Nepezzano (TE)
Tel./Fax 0861.558611
email:
info@widesound.it
Il tema dell'emigrazione ha convogliato l'interesse di molti artisti in questi ultimi
anni. Si sono creati paralleli inevitabili fra gli spostamenti degli italiani verso
il nuovo continente, avvenuti nel secolo scorso e l'attuale fenomeno migratorio
dal sud della terra in direzione dei paesi più ricchi. Angelo Valori ha preso
spunto dalle vicende della gente della sua regione - l'Abruzzo - per realizzare
un disco formato da canzoni tradizionali, sottoposte a inediti arrangiamenti e da
pezzi originali ispirati al "suono" dell'America, così lontano culturalmente, ma
assimilabile in qualche modo a quello delle piazze, delle aie, dei borghi d'origine
di quanti andavano a cercare lavoro e fortuna all'estero. E proprio il caffè viene
individuato come articolo di lusso, simbolo di agiatezza di una società americana,
mito e ideale per una civiltà contadina indigente, provvista solo della speranza
di un auspicato riscatto dalla miseria più nera. Portare il caffè dalle Americhe
significava dimostrare ai compaesani di avercela fatta, di aver progredito di un
gradino nella scala sociale, di aver combattuto una difficile lotta per la sopravvivenza
in siti spesso inospitali e di avere vinto, malgrado tutto. Questo perlomeno nell'immaginario
di chi si apprestava a compiere il lungo viaggio o nella mente di chi restava, perché
bambino, ma proiettato con l'ambizione ad un futuro migliore, oltre i confini nazionali.
I brani popolari sono trattati con mano leggera dal bandleader. Una costruzione
più aperta, l'aggiunta di un colore, di un accompagnamento connotato da lussureggianti
percussioni sono sufficienti a rinfrescare e a rinvigorire un repertorio antico,
ma ben vivo nella memoria degli abitanti del meridione. Di "Addije, addije amore"
esiste, fra l'altro, pure una versione risalente agli anni settanta in italiano,
"Amara terra mia", ad opera di Domenico Modugno. Nelle composizioni originali Valori
ha utilizzato ritmi latini come tango, habanera, milonga per impreziosire melodie
semplici, ma non banali e aprire la strada agli interventi dei solisti, tutti bene
inquadrati nell'estetica e nelle finalità ultime del progetto.
L'ensemble non opera quasi mai a sezione. Il "M.Edit" funziona, cioè, come un combo
allargato e non come una piccola orchestra. Gli strumentisti si avvicendano, infatti,
per iniziare o continuare un discorso, per commentarlo, o lanciarsi in assoli programmati
in spazi definiti. Si ha l'impressione che il caporchestra abbia in pugno la situazione
in ogni frangente e determini gli sviluppi di questa sorta di suite con un controllo
sicuro, a volte mascherato.
Fra le altre tracce si segnala "Canzone di porto" per il bel tema e il solo al soprano
di Javier Girotto
(uno che ha fatto il percorso inverso, dall'Argentina all'Italia) a dominare la
scena con intensità e ed efficacia. Diana Torto con il suo canto scat sinuoso
e ondeggiante illumina, invece, "Papè song", un pezzo dotato di un riff contagioso
e di pregevoli interventi del sax di Manuel Trabucco e del pianoforte di Angelo
Trabucco.
La contaminazione più marcata fra vecchio e nuovo continente si realizza, però,
nella "Quadriglia" finale. La voce nostalgica di nonno Pierino rammenta il clima
di cooperazione fra le famiglie nel bel tempo andato, mentre la musica mantiene
il carattere di danza popolare, ma è eseguita da jazzisti. Si va, perciò, oltre
la riproposta letterale. C'è la vena, lo spirito degli improvvisatori che rivitalizza
il ballo, conferendogli accenti di moderata attualizzazione.
Il "Caffè dalle Americhe", in sintesi, come la bevanda pubblicizzata negli spot,
ha un aroma gentile e fragrante. Fa pensare alla storia di popolazioni oppresse
dalla povertà e all'incontro e allo scambio di questi migranti con altre realtà
e culture. Il disco sembra celebrare l'apparentamento, la mescolanza di persone
o generi musicali come un'esigenza, un dato di fatto ineludibile di questo periodo,
ma, guardandosi indietro, anche di altre epoche neanche troppo lontane.
Gianni Montano per Jazzitalia
21/06/2009 | Bologna, Ravenna, Imola, Correggio, Piacenza, Russi: questi ed altri ancora sono i luoghi che negli ultimi tre mesi hanno ospitato Croassroads, festival itinerante di musica jazz, che ha attraversato in lungo e in largo l'Emilia Romagna. Giunto alla decima edizione, Crossroads ha ospitato nomi della scena musicale italiana ed internazionale, giovani musicisti e leggende viventi, jazzisti ortodossi e impenitenti sperimentatori... (Giuseppe Rubinetti) |
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Data pubblicazione: 17/02/2013
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