Umbria Jazz Winter #15
Orvieto, 28 dicembre 2007 - 1 gennaio 2008
di Marcello Migliosi
..::Gallery fotografica di Giancarlo Belfiore::..
Umbria Jazz Winter, quest'anno "Suona Italiano".
Umbria Jazz Winter, quest'anno "suona italiano". Sì, perché
ad Orvieto, l'inaugurazione - in una serata in cui il freddo era di solo inferiore
alla maleducazione degli addetti al teatro Mancinelli che hanno lasciato la gente
fuori al gelo per un'ora e mezza -, ci ha pensato il crooner
Mario Biondi.
Per ascoltare il "soul man" di casa nostra le prenotazioni avevano esaurito già,
in prevendita, tutti i biglietti. Lui stesso, dal palco, si è detto stupito di tutto
il seguito che ha. Come già si sapeva,
Biondi
sul palco si è presentato niente meno che con gli "High five", cinque "fino
ad un certo punto" però, ieri sera, sul palco del Mancinelli gli High erano
"six", c'era, infatti anche il percussionista Luca Florian. La formula, in
sostanza, è stata quella già proposta al "Blue
Note" di Milano. Il repertorio del concerto è stato preso quasi tutto dal
primo fortunato cd di
Biondi,
"Handful of
Soul", proprio con gli High Five, e dal più recente doppio live
registrato con una grande orchestra,
la Duke Orchestra. In scaletta, un po' di tutto, comprese
ballad originali e brani di Burt Bacharach. Pubblico molto soddisfatto, per una
apertura che prelude a una edizione fortunata, con il tutto esaurito negli alberghi
e molti concerti già chiusi al botteghino.
Mario Biondi
alla voce con
Fabrizio Bosso: tromba Daniele Scannapieco: sax
Luca Mannutza:
piano Pietro Ciancaglini:
contrabbasso
Lorenzo Tucci: batteria - più Florian – per un jazz di altissima
levatura, come, forse, meglio non si può avere attualmente in Italia. Oltre ad andare
a spasso per le vie del centro insieme ai Funk Off, il popolo del jazz, ad
Orvieto, ne ha avuto – già dal primo giorno – per tutti i gusti. Circa venti gli
eventi messi in programma fino a sera inoltrata. La notte, infatti, è stata l'occasione
per riascoltare il grande Joe Lovano, resident artist di questa quindicesima
edizione, ad Orvieto insieme alla moglie. Il grande sassofonista di Cleveland è
ospite fisso del festival, come l' organista Hammond
Dr. Lonnie
Smith ed un buon gruppo mainstream, dal nome One For All, che
sale sul palco ogni notte all'una e di fatto chiude il programma. Che dire poi del
confronto a distanza tra l'ottantanne
Renato
Sellani e il quindicenne Alessandro Lanzoni. Due modi di interpretare
il jazz, un unico "filo rosso": il pianoforte. Lanzoni, ad UJW, si è presentato
con Ares Tavolazzi e Walter Paoli.
Rava e Bollani, anche omaggio al grande Oscar Peterson
Anche un omaggio emozionante ad Oscar Peterson.
Il pianista canadese, morto qualche giorno fa, è stato ricordato da
Enrico Rava
e Stefano
Bollani, ad Umbria Jazz Winter. Ma non è stato un ricordo triste, affatto,
il "Folletto" del piano e il Maestro della tromba hanno saputo regalare momenti
di grande musica…persino Jobim…Certo forse nulla di nuovo, ma in senso positivo
però, Rava
e Bollani
suonano spesso insieme…saranno circa una decina d'anni che si incontrano per esperimenti
musicali. Nonostante non suonino più regolarmente insieme,
Enrico Rava
e Stefano
Bollani continuano a intersecare le loro strade in opere più raccolte
e intimiste: era accaduto con "Tati"
(nel 2004 insieme a Paul Motian) ed è
successo ancora con "The third man" (il titolo
non ha niente a che fare con il celebre film: guardate bene la copertina e capirete),
inciso a novembre 2006. Dalle prime, rarefatte,
note di "Estate" di
Bruno Martino
(unico standard presente insieme a due brani che arrivano dal Brasile, "Retrato
Em Branco e Preto" di Jobim e "Felipe" di Moacir Santos).
Ad Orvieto si è compreso che il dialogo non si è mai interrotto: il confronto si
è solo spostato dal piano musicale a quello del silenzio, quasi che uno ascolti
il respiro dell'altro, prima di suonare a sua volta. Da degustare con meditata lentezza.
Dieci anni fa i ruoli erano certamente diversi, visto che
Bollani
era un giovane emergente e
Rava
era già il simbolo della via italiana al jazz. Oggi il rapporto è su un piano di
assoluta parità, considerando il successo internazionale di
Bollani
ed il suo attuale status di stella dello scenario internazionale. "The third
man" è un disco intimo, per tromba e piano, ma nasconde dell'altro, come suggerisce
il titolo che non è solo una citazione cinematografica: il terzo uomo è un'identità
non precisata, quella di cui si intravedono i piedi nell'immagine di copertina.
Forse Manfred Eicher, boss della ECM e produttore del disco, forse un tecnico
del suono o forse una personificazione della musa del jazz: fatto sta che quest'uomo
non si fa riconoscere, rimane nella penombra, a metà tra il buio e la luce, tra
il bianco e il nero su cui è giocato l'artwork. Diventa così simbolo di quel sottile
dualismo musicale su cui è costruito il cd:
Rava
e Bollani
si chiamano, si intendono - basta una nota, uno sguardo -, si alternano, si danno
il cambio, quasi che non fossero soli, ma tra loro due ci fosse appunto un terzo
a cui rivolgersi per un'approvazione finale. Il duo si regge su una strana alchimia,
che funziona oltre le diversità tra i due, o forse proprio grazie a queste: lirico,
spesso venato di una esistenziale malinconia
Rava;
giocoso, brillante, di un virtuosismo estroverso e trascinante
Bollani.
Il primo Miles Davis e
Chet Baker
sono gli inevitabili riferimenti del trombettista; proprio Oscar Peterson
il principale ispiratore del pianista: "Quando ascoltavo i dischi di Peterson
– ha detto
Bollani - pensavo che fossero in due a suonare il piano''.
Ed è stato proprio il pianista milanese a rendersi protagonista di un preziosissimo
e divertente solo in "Cheek to cheek". Successo annunciato, ma ci sarà ancora
modo di ascoltare, in contesti diversi, sia
Rava
che Bollani
a Umbria Jazz Winter. Il concerto di
Rava
e Bollani
è stato seguito da un altro evento assolutamente made in Italy, messo in scena dal
sassofonista
Javier
Girotto (argentino, italiano di adozione) e dal fisarmonicista
spoletino
Luciano Biondini, con alle spalle una sezione di fiati (ottoni
e legni) condotta da Paolo Silvestri.
Gino Paoli, Danilo Rea, Enrico Rava, Rosario Bonaccorso e Roberto Gatto…lezione
di "Italiano"
"La gatta", "Senza fine", "Che cosa c'è",
"Il cielo in una stanza", "Una lunga storia d'amore"…ce n'è stato
per tutti i gusti. Ieri sera il Mancinelli di Orvieto ha saputo essere "alcova sensuale"
di una serie di grandi canzoni della musica leggera declinate in jazz. La voce?
Quella di Gino Paoli e con lui, per questa specialissima serata d'inverno
da UJW:
Danilo Rea al pianoforte,
Enrico Rava
alla tromba, Rosario Bonaccorso al contrabbasso e
Roberto
Gatto alla batteria. Il progetto porta il nome del cd inciso per
la Blue Note,
dal titolo: "Un incontro di jazz". Il concerto è stato trasmesso per intero,
in diretta dal teatro Mancinelli, nel Nuovo continente da Rai International. Le
"linee" dei nostri motivi più orecchiabili – basti ricordare quelli di Domenico
Modugno, ma anche i vari De André e Luigi Tecno (Estate di Martino è un caso a parte)
– sono da sempre usati e "rimescolati" in salsa afroamericana. Come dire? Forse
è anche il caso di pensare che nel "real book", alla fin fine, potrebbero essere
scritti anche altri brani e non solo quelli di Ellington, di Miller o di Coltrane,
piuttosto che di Parker e Rollins. Coaudiuvato dall'eleganza di
Rava,
dalla liricità di
Rea,
dalla precisione di Bonaccorso e dall'esuberanza ritmica di
Gatto,
Paoli si conferma un vero protagonista della realtà musicale italiana, capace
di rinnovarsi, pur mantenendo le forme e i contenuti cantautorali che da sempre
lo contraddistinguono. Le canzoni di Paoli si prestano bene all' operazione,
forse meglio di altre, per via di quel clima di malinconico esistenzialismo che
"fa tanto jazz"; per di più, Paoli ha avuto con la musica americana un rapporto
molto confidenziale. Con quei "mostri" sacri alle spalle poi è tutto più facile.
Gatto
e Bonaccorso, insieme, sono una macchina ritmica senza eguali in Italia.
Soprattutto il bassista ligure è dotato di una rarissima dote, quella di far convivere
in sé sia la dimensione musicale sia quella straordinaria dote dell'orecchio ritmico
che ne fanno un musicista anche completo. Quando suona
Rava
– che lo faccia da solita o da comprimario poco conta – si sa che si è davanti a
colui che, negli ultimi dieci anni minimo, ha dato e fatto più di ogni altro per
accreditare il jazz italiano nel mondo e affrancarlo da quello che era un mero provincialismo
di facciata. I suoi suoni – permettetecelo – ci ricordano tanto gli anni di Miles
Davis…era il tempo di "Kind Of Blue". Tutti
i brani di Paoli, riletti in chiave swing, sono diventati – per conseguenza
naturale – degli standard meravigliosi. D'altronde
Danilo
Rea al pianoforte – esperto già di grandi voci, Mina in particolare
– sa come prendersi la scena e quando restituirla con raffinatezza a chi ha sul
palco in quel momento e, in quel momento, c'era un punto di riferimento, una colonna
storica della musica leggera – ma d'autore – della nostra Italia. Come dire, dopo
tanto ben di Dio del nostro Bel Paese, si poteva fare anche a meno dell'esterofilia.
Time after time, I fall in love too easily e soprattutto la conclusiva
Fly Me To The Moon, sebbene noti perchè eseguiti da ben altri vocalist, da
Frank Sinatra
a Tony Bennett a Bobby Darin…risultano comunque belli da ascoltare
– in taluni momenti anche rari e preziosi -, quindi, una volta tanto, godiamoci
la nostra Italia con i nostri musicisti che, giorno dopo giorno, assottigliano –
se c'è una classifica – la distanza da i grandi "guru" che vivono al di là dell'Atlantico.
Si è conclusa la quindicesima edizione di "Umbria Jazz Winter". E' stato l'anno
del Jazz Made in Italy
Oltre 60 concerti a pagamento e circa 50 ad ingresso libero,
12 mila le presenze paganti, 165 mila euro gli incassi ai botteghini, 65 mila le
presenze complessive, 180 artisti, 80 persone di staff, 25 tecnici, 50 unità di
servizio e 210 le persone direttamente impegnate nella organizzazione del festival.
La quindicesima edizione de: "Umbria Jazz Winter", ad Orvieto, si è chiusa con questi
numeri. Il cartellone di UJW
2007 ha proposto soluzioni
per tutti i gusti. Nei cinque giorni in cui si è svolto il Festival gli appuntamenti
hanno richiamato un numero sempre crescente di appassionati che si è riversato nel
Teatro Mancinelli per gli appuntamenti serali e nei club per quelli notturni, realizzando
quasi sempre il tutto esaurito. Il sito internet di Umbria Jazz Winter "umbriajazz.com"
ha aperto le porte all'interattività. Città in Internet, attraverso il suo staff
Eventi WebLive, ha realizzato infatti la copertura mediatica per il web. La novità
assoluta di quest'anno è stata la possibilità, per gli utenti, di inviare i propri
contributi (video e foto relativi alla manifestazione) nella sezione YoUj. Appassionati
di jazz e non solo hanno visualizzato circa 15.000 video nei 5 giorni dell'evento
e si calcola che, nelle prossime settimane, il numero degli utenti sarà destinato
a salire. Un foltissimo pubblico ha brindato al nuovo anno a ritmo di "funky jazz-soul"
sotto il palco allestito in Piazza del Popolo. La tradizionale Messa della Pace
in Cattedrale con il coro gospel si conferma oggi nel pomeriggio un rituale irrinunciabile
sia per gli orvietani che per i tantissimi turisti di questo primo giorno dell'anno
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
24/10/2006 | Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Andy Sheppard, Bobo Stenson tra i protagonisti del Brugge Jazz 2006 (Thomas Van Der Aa e Nadia Guida) |
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Data pubblicazione: 03/01/2008
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