Musicare una terra, i suoi colori, i suoi odori, i suoi sapori. Musicare una terra, chi ci vive, chi la vive, chi ancora oggi la soffre ma non se ne distacca e non l'abbandona. Musicare una terra con le sue tradizioni, la sua storia filtrando il tutto attraverso un occhio contemporaneo che si rivela attraverso ritmi e armonie di matrice prevalentemente jazzistica su suoni ottenuti da strumenti acustici non lontani dalla tradizione popolare. Questo, l'intento del progetto "Viaggio nelle terre dei Lucani" firmato da Dino Plasmati, chitarrista, autore di tutti i brani. E non poteva trovare partners più congeniali ed adeguati, veri e propri assi della interpretazione musicale, autori loro stessi di tante storie popolari, capaci di trasformare i suoni e le dinamiche in pittoriche ambientazioni.
Si possono immaginare così le "Storie dei Briganti" sui Calanchi di Aliano, le loro voci, i loro progetti che acquistano musicalità attraverso la fisarmonica di Luciano Biondini ed il baritono di Javier Girotto e, allo stacco dei 6/8, subentra l'altro brigante che trae voce dalla chitarra classica di
Plasmati colloquiando animosamente con il baritono in un bell'alternarsi di parole musicali.
Nella Lucania vi sono molte "Terre" perfettamente coltivate con pendenze al limite del possibile.
Così sono quelle delle campagne di Craco, un esempio di come nel silenzio di una zona oramai disabitata (ndr. il centro è stato abbandonato nel
1964 a causa di una frana)
i trattori sfidano la forza di gravità, condotti da contadini che racchiudono in un pugno la loro tenacia.
Questo quotidiano incontro tra l'uomo e la sua terra viene immaginariamente
raffigurato dal profondo e concitato intro del contrabbasso di Maier che si pone in bella evidenza.
Girotto
poi "agguanta" questa storia e ne traccia un favoloso acquerello dalle tinte forti ben sorretto sia da
Plasmati che da
Biondini e dallo stesso Maier.
"Rione Paradiso", in Ferrandina, ha tante vite, fatti, che si tramandano e si raccontano di porta in porta, di balcone in balcone, con uno sguardo, un cenno o un parlato dialettale comprensibile a pochi. In un andamento dal profumo metheniano, si sviluppa un insieme di suoni allegorici ottimamente amalgamati.
Mani anziane, sapienti, rugose, lente, precise, che svolgono un lavoro semplice ma ricco di segreti. Per carpirli, non basta osservarle, bisogna viverci accanto ma oggi, nei rari casi in cui può capitare di guardarle, non si può che rimanere in silenzio come durante l'ascolto di questa melanconica, intensa "Canzone senza parole" che
Plasmati ha associato proprio a due di queste mani, scelte a caso fra quelle che la Lucania ancora rende possibile incontrare in paesi come Cirigliano.
Le chiese in Italia sono molte, caratterizzate spesso da un rosone centrale che
Plasmati ha voluto chiamare "La Trottola".
In un'atmosfera da ballata d'altri tempi, su un ritmo sostenuto, scandito da spazzole e contrabbasso in una sorta di "boom-chick",
Biondini, Girotto
e
Plasmati volteggiano cedendosi vicendevolmente il testimone per
brevi "scorribande" solistiche.
A Tricarico, ogni anno, il carnevale si apre all'alba di un giorno di gennaio, con un'antichissima rievocazione in cui un corteo
composto da maschere rappresentanti vacche, tori, il conte, la contessa e il capomassaro, parte dalla chiesa di S.Antonio Abate per poi muoversi lungo le vie principali del paese raccogliendo cibo per la festa. Di qui, serenate, danze e balli tradizionali fino al martedì grasso in cui il fantoccio raffigurante il Carnevale viene bruciato sul rogo con lo strazio della moglie Quaremma. Tutto questo "frastuono" ben si interseca con la dolcezza e la profondità della "Ballata degli Amanti"
dove il tema inizialmente esposto in modo molto limpido dal contrabbasso di
Maier, viene poi continuato dal cupo suono del moxeño flute di Girotto sul pulito arpeggio di
Plasmati, affiancato infine dalla discreta ma presente fisarmonica di
Biondini. Il tutto senza quasi accorgersene, come attori che entrano
in scena uno dopo l'altro. Molto coinvolgente.
La sacralità di una festa religiosa in tanti paesi è ancora oggi molto elevata. "Il giorno dell'Annunziata" di Aliano, come in altri comuni soprattutto del Sud, è un momento di aggregazione della gente del paese dove ognuno contribuisce in qualche modo alla riuscita della festa in onore della Santa. E così il soprano di Girotto, insieme a chitarra e fisarmonica, su un tappeto di contrabbasso con archetto, piatti di batteria e percussioni
varie, alternano dinamiche intense dove ogni musicista contribuisce in modo determinante all'insieme sonoro compatto ma contenente l'individualità del singolo.
Alle feste religiose si affiancano quelle dedicate ai frutti della terra e in ogni caso vi sono molti rituali come quelli di Accettura
in cui "acrobati" per un giorno si sfidano arrampicandosi sul "Maggio" (un
tronco di un albero alto e dritto raffigurante "lo sposo") unito alla "Cima" di un agrifoglio (raffigurante la "sposa") o percorrendo corde sospesi per aria a testa in giù.
"Il gioco di Ettore"
rappresenta una festa e come tale va vissuta e disegnata con l'allegria prevalente enfatizzata dai suoni di soprano e fisarmonica su un ritmo sincopato su cui si svolgono anche due bei soli di
Plasmati e di Maier.
Una serie di affreschi tratti dal bagaglio dei propri ricordi o frutto di uno studio attento che sfocia nella ricerca di ciò che è avvenuto, ciò che ha mutato nel tempo la gente, le usanze, i luoghi, preservando
tale patrimonio attraverso un'operazione culturale di pregio.
Marco Losavio per Jazzitalia