Quattro chiacchiere con...Natalio Mangalavite agosto 2013
di Alceste Ayroldi
Un divertissement tra due musicisti e amici che si conoscono
parecchio bene e lo danno a vedere. "Juego" è l'ultimo lavoro discografico
di Natalio Mangalavite che si apparenta al conterraneo batterista Martin
Bruhn. Un gioco fatto di rimandi, di melodie ben tessute anche dalla voce del
pianista e di un ritmo che abbraccia l'intero sud del mondo.
Natalio, anche Martin Bruhn è di Cordoba
come te, ma come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti a Roma suonando con Raul Carnota (cantante e compositore folk
argentino) Carlos el Tero Buschini,
Javier Girotto
e Antonello
Salis. Bellissimo incontro, dal feeling automatico.
Perché proprio un duo? E, tra
l'altro, con un batterista?
Perché così ci sentiamo più liberi di spostare tempi, melodie e tutto il resto.
E anche perché ci piace questo suono pieno d'aria intorno.
E' un progetto al quale pensavi da tempo?
Si. Abbiamo fatto alcune cose assieme per provare e vedere cosa veniva fuori, constatando
che ci trovavamo molto bene qualunque cosa si suonasse.
Parliamo dei brani di "Juego". Quelli a firma tua e quello
di Martin Bruhn sono stati composti appositamente per questo lavoro?
Si specialmente "En mi ventana", "Colanchanga" e "Guastavino".
Un buon uso della voce: è un elemento della tradizione
argentina dal quale non si può prescindere?
La voce è sempre importante, è il primo strumento, no? Però si può fare musica argentina
anche senza la voce…
In "Rosa Rosa", poi, c'è l'innesto di Paolo Fresu
al flicorno. Come mai e perché solo in questo brano?
Paolo mi aveva invitato a suonare nel suo festival (Berchidda) ed ha ascoltato il
brano. Rimase molto colpito e mi disse: "sto per andare a suonare in Argentina e
vorrei suonarlo là". Allora siamo rimasti d'accordo per registrarlo insieme.
Perché un solo ospite?
Semplicemente per una scelta sonora.
C'è un particolare riferimento stilistico del passato al
quale vi siete ispirati?
Credo che un riferimento stilistico c'è sempre e sempre ci sarà. Ma noi andiamo
avanti, e l'esperienza maturata strada facendo ci porta verso altri generi, altri
periodi, condividendo, per esempio, il jazz e la musica di altri popoli.
A tuo avviso, quanto l'Argentina, nella sua evoluzione
musicale, è debitrice del jazz e quanto viceversa?
Credo che il jazz abbia influenzato tanto e dappertutto. Siamo tutti debitori nei
confronti del jazz, almeno un po'. Però penso anche che la divulgazione del jazz
abbia avuto una strada privilegiata. Pensa agli anni Quaranta/Cinquanta: in Argentina
le orchestre di tango e di musica tipica suonavano da paura e sicuramente erano
pubblicizzate molto meno.
Nel vostro album c'è musica argentina immersa nel jazz
e in una vena cantautoriale ben marcata. Questo è frutto delle vostre diverse esperienze,
una scelta mirata o solo un caso?
Guarda, noi avevamo voglia di fare un disco in libertà e ogni brano e messo lì per
un motivo preciso. Ad esempio "Colanchanga" è un luogo a Cordoba dove io ho vissuto
momenti importanti della mia infanzia; "Cabeza dura" è un tango tipico degli anni
Settanta (a volte usato per le telenovelas); "Dos palamita"è uno dei temi che cantavamo
con mio padre e miei fratelli; "El burrito cordobes" sarebbe L'asinello di Cordoba,
prendendo in giro me per la mancata laurea….. e cosi via.
Come ha reagito il pubblico italiano a Juego?
Molto bene direi. Con affetto e rispetto. E io, noi gli siamo molto grati.
La tua vena compositiva, il tuo modo di cantare mi sembra
che risentano della tua permanenza in Italia.
Come dicevo prima, uno fa una strada e porta con sé tutto quello che ha vissuto
non credi? Quindi e naturalmente anche l'Italia.
A proposito dell'Argentina: quale è la situazione della
scena jazzistica?
Credo buona, però a me piace molto di più la contaminazione del folklore con tutto
il resto (tango, classica, jazz, il Brasile).
Natalio, hai un gran numero di esperienze
alle spalle. Ce ne è una che ti ha maggiormente segnato?
Ce ne sono varie, scelgo un paio vissute qui. Nei primi anni Ottanta il Talent Scout,
un locale incredibile di Roma dove ho cominciato a parlare l'italiano e a conoscere
il funzionamento generale! Poi, Ornella Vanoni con cui ho lavorato per tanti
anni (ancora oggi, ogni tanto) e
Javier Girotto:
persona e musicista straordinario con il quale collaboro fin dal
1991.
Hai lasciato l'Argentina all'inizio degli anni Ottanta
e hai girato parecchio, dal Brasile alla Spagna per arrivare in Italia. Ma sempre
in paesi "latini". Non hai mai avvertito l'esigenza di avvicinarti ad altri stili
di vita, ad altre sonorità?
Sono latino e molto. Questo esce sempre qualunque musica io suono. Non posso fare
diversamente.
C'è qualcuno, in particolare, con il quale vorresti collaborare?
Si. Vorrei fare un progetto con Gabriele Mirabassi. Stiamo provvedendo…
Un sogno nel cassetto…
Comporre un'opera che parli della storia della mia città, Cordoba.
Quali appunti sono scritti sul tuo diario? Quali sono i
tuoi prossimi impegni?
Registrare il nuovo disco con
Javier Girotto
e Peppe Servillo e un altro con Monica Demuru. E un altro ancora con
Michele Ascolese. Poi, fare le serate, curare le mie piante, fare la spesa,
i figli, le mogli e, poi: grazie di tutto e un saluto a tutti gli amici di Jazzitalia.