Era uno degli eventi più attesi del Fandango Jazz Festival de La Palma di Roma, edizione 2004, ed ecco adesso la testimonianza su cd del concerto di Nana Vasconcelos, Antonello Salis e Peppe Consolmagno. Per chi c'era è un piacevole amarcord, ma soprattutto chi non c'era può ascoltare quel concerto che, per molti suoi aspetti, può essere definito un evento. Mentre la frequentazione musicale di
Vasconcelos e Salis ha un precedente importante (l'album Lester del 1985), era invece la prima volta che i tre suonavano insieme e una seconda volta è tutt'altro che scontata.
Certo, per chi conosce la produzione di ognuno dei tre, il comune gusto per la ricerca e la sperimentazione, una cultura musicale senza frontiere, tale incontro non ha molto di sorprendente, è piuttosto il soddisfarsi di un'attesa, ma che sia avvenuto appena il giorno prima del concerto e la scaletta sia stata costruita in un'ora e mezza soltanto ha decisamente dell'eccezionale. Per dire la verità, nonostante che il 15 luglio 2004 fossi a La Palma, è soltanto adesso, con il cd tra le mani, che riesco a cogliere quanto l'improvvisazione apparentemente totale del concerto fosse, in realtà, molto ben organizzata. Infatti, con l'esclusione del primo brano (O Berimbau, un assolo di
Vasconcelos allo strumento che lo ha reso celebre, il berimbau appunto) e dell'ultimo (l'unico non a firma dei tre, il trascinante Loro di Egberto Gismonti, compagno di
Vasconcelos in numerose avventure musicali e, dunque, un omaggio d'obbligo), gli altri cinque brani sono tutti divisi in due parti, in cui la prima consiste nell'assolo di uno dei tre, mentre nella seconda intervengono gli altri due a sviluppare il tema o il ritmo, costruendovi intorno un mondo sonoro.
Particolarmente intriganti sono i due brani introdotti dal colto pianismo di
Salis (Vinho branco/Lester e Vinho tinto/Manaus), mentre ovunque si respirano atmosfere etniche, con il Brasile amazzonico in testa, quello del choro, frevo, baião e forró, quello divulgato proprio da
Vasconcelos e Gismonti, che ben si contamina con l'accordion dai sapori mediterranei di
Salis e con l'Africa, madre di ogni cultura delle percussioni. Eppure, perché questa registrazione guadagni un suo specifico rilievo rispetto a tanta world music o a tanta musica new age,
che pure lavora su un ritorno ai "suoni della natura", manca ancora qualcosa. Ed è proprio in questo qualcosa che consiste il contributo di
Consolmagno e del suo sapiente utilizzo dell'elettronica. I samples, le campionature delle voci – una costante in ogni brano – ammantano l'intero cd di un'atmosfera tra l'onirico e l'inquietante, che ben rende la misteriosa potenza di una natura che ancora non ha svelato completamente i suoi segreti. Una magia arcaica restituita, oltre che da una grande abilità strumentistica, anche da effetti elettronici mai invadenti, che fanno risuonare voci e percussioni come se provenissero dal profondo della giungla, come in Lua, prima che, in Caribbean Dreams, liberati da una sorta d'incantesimo, gli strumenti guadagnino la solarità e l'apertura ritmica e melodica della costa sudamericana.
Dario Gentili per Jazzitalia