Con "Quintorigo play Mingus" il felice
quintetto italiano omaggia l'impareggiabile, poliedrico contrabbassista, e lo fa
attraverso i brani che meglio ne rappresentano l'iter creativo. I nostri musicisti,
in particolare, sembrano aver ben colto e sfruttato le caratteristiche proprie dello
stile di Mingus, che più volte si dimostrò abile nel mutare la forma della propria
musica, ma senza mai rinunciare a spunti creativi audaci e, soprattutto, molteplici.
A Mingus piaceva la non-linearità, piaceva seguire gli sviluppi di un'idea portante
e integrarne le parti, e parallelamente cercava la forte sensazione del ritmo, che
nelle sue mani diventava solido e sovrastante.
I Quintorigo hanno compreso bene tale
logica. Le loro versioni di questi capisaldi della produzione di Mingus, anzi, sembrano
cercare proprio la massima incentivazione sia della complessità delle strutture
degli originali, sia la loro potenza ritmica.
A merito ulteriore vanno considerate poi la grande raffinatezza di cui
danno prova nell'esecuzione dei brani – a cui dopotutto eravamo già abituati grazie
ai loro precedenti successi – e la loro capacità di interpretazione, che pur concedendosi
ampia libertà, non tradisce mai gli originali. E' quella ricchezza interpretativa
che per definizione rende il Jazz un genere tanto articolato, e di cui si sono avvalsi
e fregiati da sempre i grandi jazzisti nell'esecuzione degli standard più diffusi:
esprimere sé stessi ed il proprio sentimento di novità pur con la fermezza di un
riferimento al passato.
A fianco del quintetto poi fanno la loro comparsa alcuni ospiti di registrazione:
sono Antonello
Salis (accordion), Gabriele Mirabassi (Clarinetto),
Christian
Capiozzo (Batteria) e
Michele
Francesconi (piano). Particolarmente tangibile è la presenza proprio
di Francesconi,
ma anche di
Salis, che conferisce ai brani in cui partecipa una sensazione
di libertà armonica, frutto del suo stile inconfondibile, ponderata e molto divertente.
Suo è l'intervento solistico in "Pithecanthropus erectus",
brano d'apertura, incalzante, presentato in una versione cupa ma molto efficace,
dalla marcata poliritmia.
E' tuttavia nel secondo brano, "Moanin'",
che il groove tipico delle più movimentate composizioni di Mingus si fa solido e
palpabile. I Quintorigo lo affrontano in maniera splendida: alcune battute
iniziali affidate agli archi di violino e violoncello introducono il litemotiv del
pezzo che si apre velocemente all'organico intero impegnato in uno swing robusto
e trainante. Partecipa qui, oltre a Mirabassi, anche
Capiozzo,
a cui si deve uno strepitoso accompagnamento "spazzolato" sul rullante in grado
di trascinare dietro di sé l'intera formazione, forte del supporto di Ricci.
E' poi la volta della ballad "Portrait",
dove fa la sua comparsa la voce calda di Cottifogli: un momento per allentare
la stretta del ritmo e distendere chi ascolta, affascinandolo con un bell'assolo
del sax, che si fa intenso, profondo.
L'impostazione del disco tende ad accostare sempre brani con slancio ad
altri più dolci, ma non rinuncia a sperimentare e a cercare qualche soluzione alternativa,
anche estrosa. Dopo il break di "Freedom", interamente
vocalico, troviamo una stupenda versione di "Oh lord don't
let them drop that atomic bomb on me", rivestita del mood cupo e trascinato
che poteva avere un blues nel periodo d'oro di Chicago, dove si incontrano l'ironia
di Mingus e l'eccellenza dei Quintorigo. Eclettici, ma purtroppo meno riusciti,
i due brani successivi, in particolare "Bird calls",
che dopo un tema bop si apre su uno stile free dove pare mancare un'idea portante,
coerente e la percezione caotica dell'insieme non entusiasma più di tanto.
Meritano invece nota l'intrigante versione di "Goodbye
Pork Pie Hat" come anche il brano conclusivo, eseguito all'insegna del
groove e di un potente walkin' swing.
Al di là di qualche piccola perplessità, in ogni caso, è comunque chiaro
che con questo disco i Quintorigo mettono a segno un bel punto nella loro discografia
e che gli sforzi compiuti per mettere in essere un così piacevole lavoro sono stati
decisamente ben spesi.
Achille Zoni per Jazzitalia
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
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Data pubblicazione: 12/01/2009
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