EGEA SCA 123
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Riccardo Zegna
Carillon
1. Hommage
2. Maldito Duente
3. Tango De la Lontananza
4. Corale Blu
5. Carillon di Joa
6. Lestofunk Suite
7. Rolls Rag
Riccardo Zegna - piano Gabriele Mirabassi - clarinetto Marco Moro - flauto Rodolfo Cibin - violino Enrico Di Crosta - violoncello Paolo Borsarelli - contrabbasso
Joanna Rimmel - voce
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Carillon, di
Riccardo Zegna, un album che oscilla tra passato e presente
Lo scenario della registrazione è quello "intimista" dell'Auditorium di Santa
Cecilia di Perugia e il primo brano di "Carillon", "Hommage",
ne é forse la consacrazione più assoluta. Il piano di
Riccardo Zegna
è meditativo: un'apertura per un album, come lo definisce lo stesso autore: "…not
just jazz group…", un progetto quasi classicheggiante.
Il flauto di Marco Moro arriva da lontano, quasi non volesse osare
di interrompere il sogno di
Zegna.
Hommage ha un qualche
cosa di cameristico, anche se le linee degli archi sono sostituite dalla morbidezza
dei fiati. Gabriele Mirabassi, col suo clarinetto, ci fa guardare indietro
nel tempo, nella storia della musica, a ricercare melodie struggenti che appartengono
ad una cultura più europea che afroamericana. Il brano oscilla tra il mondo di Bill
Evans e un indefinibile, nel senso temporale, tardo-romanticismo. Ma è già "Maldido
duente"! Il passaggio al secondo brano è quasi "glissato", chi ascolta
non si accorge, tanta è l'eleganza nel terminare e nel ripartire, con rara raffinatezza
stilistica. D'altronde di Carillon e delle composizioni per questo magico
strumento si interessarono, in passato, Byrd, Couperine e Bizet!
Il "Tango della lontananza"
è un rincorrersi di strumenti, dove violoncello, flauto e clarinetto ricamano sopra
una ritmica appena accennata, eppure determinata e incisiva. Il piano di
Zegna
non è mai troppo protagonista e questo fa dell'album un lavoro prezioso anche sotto
il profilo della didattica musicale, oltre che sul piano creativo. La "melancolia"
del violino è ispirata quasi a tanghi d'altri tempi: solitaria e musicale come il
battito d'ali di una falena nella notte. Un suono, insomma, che a volte cede un
po' a Ravel e a De Falla. Mirabassi "impregna" il Tango della lontananza
con note alte, ma mai "urlate", l'ancia è sempre controllata e il fiato esce
dal suo magico clarinetto scivolando via per lasciare spazio al pianoforte. Ed ancora
una volta, Zegna
suona "sfiorando" i tasti e "martellando" le corde con dolce riverenza, centrando
l'obiettivo di arrivare dentro il cuore di chi ascolta. Solo quando gli strumenti
suonano in sezione ci si ricorda che si sta ascoltando un tango: il Tango della
lontananza.
La "Corale blu"
apre con una melodia dolcissima che il musicista piemontese si premura di suonare
con accordi e poi con note singole. Il suo pianoforte va ascoltato nella semioscurità,
e ad occhi chiusi…Le ombre si mescolano al suono delle corde, mentre l'arrivo del
violoncello di Enrico di Crosta fa da ricamo – profondo – all'intera opera.
Carillon va ascoltato chiusi dentro le pareti della propria mente…poca luce,
disturbati solo dalla fantasia che aleggia, sovrana, e spegne le folate di vento
che soffia senza essere sentito. Una voce…la voce, quella di Joanna Rimmel
si materializza in "Carillon
di Joa". Una linea che rafforza quanto
Zegna
dice della sua ultima produzione: "I temi sono ispirati, in gran parte, dalla
musica di alcuni grandi compositori del passato". I dialoghi del piano e del
clarinetto, anche nel quinto brano, sono predominanti. "Lestofunk
suite" è "intenzionalmente" neoclassica e trae frammenti tematici anche
da echi di "strawinskiana" memoria. Non manca anche un sano richiamo al be bop!
Un po' ironico, in un'opera come Carillon? Possibile! Ma Lestofunk sta al
be bop, come Maldito duente poteva stare ad un'immagine da tardo liberty:
quasi da caffè d'oriente. E il funky? Direte voi! Beh, un po' ce n'è, ma un breve
innesto che anticipa la terza aria – "elegia" la definisce
Zegna
– cantata dal contrabbasso.
Quattro sono i "chorus" di "Rolls
tag", una miscellanea che, con un piccolo sforzo, è facile rimandare,
come influenza, al rag time, con suoni che
Zegna
definice: "Lontanamente alla Jelly Roll Morton". Di Carillon, il sesto brano
è – in assoluto – il più ritmico. Contrappunti e sincopi che qualcuno direbbe, finalmente,
richiamano il jazz. La dimensione pianistica di
Zegna
è quasi da honky tonky o, quanto meno, da mainstream. L'album va ascoltato
e riascoltato e, ogni volta, sarà una nuova avventura in quella semioscurità in
cui sono risuonate le prime note…
Marcello Migliosi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 28/05/2006
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