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Conversazione del giornalista Vittorio Castelnuovo con
Enrico Pieranunzi
Parlare con Pieranunzi
è parlare non solo con un grande musicista ma con un narratore prestato alla musica. In lui si intravede un poeta al di fuori dei limiti, con una libertà dovuta al commovente, purissimo rigore della sua grazia. Un poeta che ha inventato uno speciale vocabolario notturno, quasi una
'notte americana' (ricordate Truffaut?) in pieno Mediterraneo...Grazie a lui, basta un solo semplice incontro - magari con un disco come questo - perché il nostro destino sia diverso: è il dono che ci offrono coloro che, come Pieranunzi, hanno la capacità di innalzare la vita a sogno.
Quando ho ascoltato le prime, incantevoli battute di " Trasnoche" mi è venuta un'immagine: quella di un adulto che prende per mano un bambino…per condurlo dove?…
...Forse per condurlo in qualche luogo segreto e meraviglioso che non ha né latitudine né longitudine...per portarlo a visitare luoghi che neanch'io conosco…
Un'isola?...
Forse sì… forse Itaca, la patria di Ulisse...l'antico nome di Itaca era ' Thiaki'…chissà che mare, che luce dovevano esserci lì prima che Ulisse vi nascesse...
Proprio ascoltando 'Thiaki' notavo che il finale di questo brano, come di altre tue composizioni, è un finale aperto. Sembrano finali di un racconto che avrà un seguito...una sensazione che tutta la tua musica mi fa provare; certi tuoi brani sembrano continuare anche quando sono terminati, anche quando i loro suoni sono ormai rientrati nel silenzio.
...Non so…è così difficile parlare della musica usando le parole...
Allora parliamo ancora del silenzio. In questo Cd mi sembra che tu abbia lavorato a fondo sull'essenzialità delle note, valorizzando al massimo le pause, le attese.
Sarà forse perché alcuni dei brani sono stati registrati a sera tarda...no, non ti sto prendendo in giro... io e
Marc Johnson eravamo effettivamente stanchissimi quando abbiamo cominciato a registrare, avevamo terminato da poco un concerto…in una situazione del genere non ce la fai proprio a pensare, ti arrendi senza condizioni al fascino dei suoni, ti lasci andare…era veramente tardi insomma, eravamo già dentro la notte...e la notte vive di un silenzio che sembra parlare una sua lingua misteriosa e indecifrabile. Le pause, le attese erano un modo istintivo per cercare di ascoltare la notte, il suo misterioso, eloquente silenzio…
E' come se in quelle pause, in quelle attese ci fosse una richiesta di comunicazione…
...forse sì…forse quelle comunicazioni che durante la notte arrivano attraverso i sogni...
In un racconto di Kafka ad un certo punto il protagonista dopo aver urtato, di notte, un uomo disteso per terra che dorme, si scusa con lui dicendo: «Mi consideri un sogno…»
Che frase incredibile, geniale…sembra un tema di Monk…Quanto a me…no, non credo di essere un sogno… ma i sogni sono davvero importanti, decisivi direi… quelli che si fanno e si ricordano, e anche quelli che si dimenticano...sono la nostra forma nascosta.
" The Chant Of Time" mi fa venire alla mente una preghiera laica...e
tu, più in generale, mi sembri un musicista 'morale'...
Musicista 'morale'?… che vuoi dire?…
Nella tua musica c'è una rettitudine, una linea, un ethos...
… mi piacciono le cose sincere, intense ma anche accurate, è vero…non credo che l'autentica libertà artistica sia fare qualsiasi cosa come viene viene...anzi…nell'estetica c'è una sorta di etica segreta, tutta da cercare. Quanto alla preghiera...non sono molto bravo a pregare, non ci credo...purtroppo la musica, per la sua inafferrabilità, è fra tutte le arti quella che più spesso è stata ed è sottratta al regno dell'inconscio…ed è lì che affonda le sue radici. Quasi sempre invece finisce per essere collocata chissà dove, lontano, "verso il cielo" …
Anche quest'ultimo Cd, come altri tuoi, mi da l'impressione di un labirinto, di una città sconosciuta di cui ignoro le strade...
E' curiosa questa tua citazione del labirinto…mi riporta alla memoria l'isola di Creta e anche un bizzarro episodio
'mediterraneo' che mi accadde tanti anni fa, quando all'università diedi un esame dal titolo veramente criptico,
'Filologia Micenea'…trattava della decifrazione del Lineare B, antico dialetto che si parlava in quell'isola centinaia di anni prima di Omero...Come vedi isole, Mediterraneo, poeti...era già tutto lì…
Il mito racconta che Omero era privo della vista...il tatto e l'udito si sensibilizzano al massimo quando non c'è la vista...a volte in certi brani come " Clouds" tu sembri cercare qualcosa con le mani, come un punto di equilibrio in avanti...sembri esplorare una tua intima e sconosciuta cartina geografica...
"Clouds" è un brano completamente improvvisato ed in effetti quando improvviso integralmente mi affido del tutto alle mani...sono loro che sembrano portarmi, che si infilano tra i suoni, si soffermano su alcuni di essi, li
'palpano' come potrebbe fare uno scultore con la creta o, meglio, come può fare un amante col delicato, morbido corpo della sua donna…
Come se dessi una forma alla vita...
…è la ricerca di un'immagine… en la noche y la trasnoche, "nella notte e al di là della notte", come ha stupendamente scritto il poeta spagnolo
Pedro Salinas...
La prima cosa che ho
fatto, quando ho cominciato ad ascoltare questo CD, è stato...riascoltare tre
volte consecutive il primo brano:
Trasnoche. L'ho trovato subito
fantastico e mi ha trasmesso l'essenza del messaggio qui contenuto: la parte più
profonda della notte, quella notte che è in ognuno di noi, diversa ma presente.
La melodia molto ben costruita ed eseguita in modo eccellente ti guida
attraverso un racconto immaginario che si compone nota dopo nota fornendoti
momenti di differente tensione grazie anche al profondo suono del contrabbasso
di Marc Johnson. Un tocco pianistico sorprendente con un'estrema cura
della dinamica, il tutto effettuato con la naturalezza tipica solo di un
grande musicista, quale Pieranunzi è.
Marco Losavio - Jazzitalia
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
27/06/2010 | Presentazione del libro di Adriano Mazzoletti "Il Jazz in Italia vol. 2: dallo swing agli anni sessanta": "...due tomi di circa 2500 pagine, 2000 nomi citati e circa 300 pagine di discografia, un'autentica Bibbia del jazz. Gli amanti del jazz come Adriano Mazzoletti sono più unici che rari nel nostro panorama musicale. Un artista, anche più che giornalista, dedito per tutta la sua vita a collezionare, archiviare, studiare, accumulare una quantità impressionante di produzioni musicali, documenti, testimonianze, aneddoti sul jazz italiano dal momento in cui le blue notes hanno cominciato a diffondersi nella penisola al tramonto della seconda guerra mondiale" (F. Ciccarelli e A. Valiante) |
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Data pubblicazione: 16/05/2003
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