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        |  CAMJ 7785-2
 Release Date: 2006 June 08
 
 | Pieranunzi – Johnson – Baron Ballads
 
 1. Mi Sono Innamorato Di Te 5:20
  2. These Foolish Things 6:05
  3. When I Think Of You 6:54
 4. A Flower Is A Lovesome Thing 5:04
 5. The Heart Of A Child 5:29
 6. Sundays 5:52
 7. Thought 3:11
 8. Night After Night 5:56
 9. When All Was Chet 5:32
 10. Miradas 5:34
 11. Cabiria's Dream 5:41
 
 Enrico 
Pieranunzi - piano
 Marc Johnson - bass
 Joey Baron - drums
 
 
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 Un trio esemplare. Le modalità con cui si crea, scorre e prende forma 
la musica prodotta da questi tre grandi musicisti costituiscono il carattere precipuo 
di un lavoro che ha la grazia di un eccezionale incanto. Il grado di integrazione 
raggiunto si conferma pressoché perfetto. L'interplay è sublime, impeccabile. 
L'affiatamento del trio pare non aver bisogno di ulteriori sviluppi. 
Enrico 
Pieranunzi, Marc Johnson, Joey Baron 
si trovano a suonare assieme oramai da diverso tempo e funzionano come in un meccanismo 
delicato e perfetto, la cui impeccabile precisione non si porta mai dietro i rischi 
d'un incedere monotono e ripetitivo.  
 
 L'ascolto porta inevitabilmente a riproporre il confronto – questo sì 
ampiamente ripetuto – con la musica di 
Bill Evans, 
per la formula utilizzata (e per gli uomini, come nel caso di Johnson) ma, 
chiaramente, soprattutto per l'evidente riferimento alle costruzioni linguistiche 
ed alle forme estetiche che hanno caratterizzato dal 1961 
in poi la sua musica. Se i vertici toccati da 
Evans 
nel suo trio in assoluto più straordinario (quello segnato dal genio di Scott 
La Faro e dalla elegante leggerezza di Paul Motian) sono irraggiungibili, 
è pur vero che quella avvolgente lirica bellezza che ne ha caratterizzato la musica 
si ritrova spesso e volentieri tra le note del trio 
Pieranunzi 
– Johnson – Baron. Senza dubbio il pianista italiano si muove tra 
due giganti. Il controllo assoluto di Baron, che dosa la sua energia ed il 
suo vigore in modo esemplare ricamando con pazienza un vero e proprio tessuto connettivo 
capace di legare elegantemente il suono prodotto dai tre strumenti, e la definizione 
puntuale e precisa dei percorsi tracciati dal magnifico contrabbasso di Johnson, 
che si muove con una levità così delicata che si rivela all'udito come mussola al 
tatto, costituiscono il contesto ideale per la piena esplicazione delle possibilità 
creative di 
Pieranunzi. 
I ricchi materiali armonici derivati dalla scuola impressionista francese, da 
Debussy a Ravel, e dalla lezione tardoromantica di Rachmaninov, 
che Evans 
ha portato a piene mani nel jazz sono stati ampiamente introiettati ed originalmente 
rielaborati dal pianista romano. Tuttavia, come è noto, è nella costruzione e definizione 
delle linee melodiche che affiorano le maggiori affinità tra i due pianisti. L'impronta 
lirica di 
Evans, così impregnata dello spirito schumaniano (e pur capace di evitare, 
per così dire, i rischi di una trasposizione jazzistica di tale spirito in modo 
stucchevole, eccessivamente floreale), rappresenta una matrice pianistica a cui
Pieranunzi 
fa esplicito riferimento. Chiaramente non sorprende affatto che proprio in un album 
di ballads possa trovare forte valorizzazione la sua sensibilità per certe 
espressioni melodiche, che costituiscono (qui come altrove, d'altronde) dei veri 
e propri affreschi estatici in cui il suono si fa poesia e le note, concedetemi 
l'ovvietà, si fanno parola. Il trio semplifica certe proposizioni musicali decisamente 
cerebrali e labirintiche (ma aggiungerei, magnificamente cerebrali e labirintiche) 
che talvolta caratterizzano il pianismo pieranunziano, preferendo muoversi su linee 
melodiche più afferrabili, più intelligibili che lasciano adagiare placidamente 
l'ascoltatore proiettandolo in un universo onirico di tepore (non visionario, attenzione; 
non ci si trova nella fattispecie del lirismo coltraniano). Questo processo mi pare 
abbastanza chiaro se si confronta l'album con un altro (peraltro bellissimo) quale, 
ad esempio, Current conditions 
(2001). Ma il discorso ha ancor più pregnanza 
se riferito alle performance da solista che hanno caratterizzato la carriera 
di 
Enrico Pieranunzi. Ad ogni modo lo spirito delle ballads si confà perfettamente all'anima 
del trio. Lo dimostra anche la presenza di un elevato numero di composizioni originali 
del pianista romano (a cui va aggiunta Thought
di Joey Baron). Non manca qualche ammiccamento che prova a rivolgere 
il lavoro ad un pubblico più vasto con la rivisitazione di un "classico" di Tenco 
(Mi sono innamorato di te) - rivisitazione peraltro 
riuscitissima e perfettamente adeguata al resto dell'opera - né qualche (ormai usuale) 
citazione felliniana (Cabiria's dream). Il riferimento 
al genio assoluto ed unico di Federico Fellini fornisce ancora più sostanza 
al magismo lirico del pianismo pieranunziano. Se dovessi (mettendo da parte 
il pudore che inevitabilmente mi assale nell'azzardare queste operazioni) osare 
una trasposizione letteraria, si potrebbe affermare che il suo è un magismo alla
Saint-Exupéry, mai alla Carroll (questo ultimo risulterebbe difatti 
assai più appropriato ad un funambolo come
Bollani). 
È in questa direzione che a mio avviso si caratterizza il complessivo sound 
dell'album, dove finiscono per fondersi in una splendida alchimia stilemi classici 
e di musica leggera formalizzati in un linguaggio jazzistico che pur radicato in 
una tradizione consolidata mostra continuamente elementi di grande originalità.Alessandro Giamatti Fubini per Jazzitalia
 
 
 
 
 
 
 | | 05/09/2010 |  Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) | 
 | 27/06/2010 |  Presentazione del libro di Adriano Mazzoletti "Il Jazz in Italia vol. 2: dallo swing agli anni sessanta": "...due tomi di circa 2500 pagine, 2000 nomi citati e circa 300 pagine di discografia, un'autentica Bibbia del jazz. Gli amanti del jazz come Adriano Mazzoletti sono più unici che rari nel nostro panorama musicale. Un artista, anche più che giornalista, dedito per tutta la sua vita a collezionare, archiviare, studiare, accumulare una quantità impressionante di produzioni musicali, documenti, testimonianze, aneddoti sul jazz italiano dal momento in cui le blue notes hanno cominciato a diffondersi nella penisola al tramonto della seconda guerra mondiale" (F. Ciccarelli e A. Valiante) | 
 | 14/11/2009 |  Intervista a Richard Galliano: "...utilizzare vari linguaggi è stata una necessità più che una scelta. Un fisarmonicista non può tagliare le sue radici. La fisarmonica non è mai servita a tracciare nuove strade musicali. Noi siamo necessariamente immersi nel nostro passato. E il nostro passato è quello di tantissimi musicisti di strada, gente che suonava ai balli popolari e nelle ricorrenze di paese. La fisarmonica, un organo portatile, non può prescindere da questa sua storia umile." (Marco Buttafuoco) | 
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| Questa pagina è stata visitata 6.112 volte Data pubblicazione: 17/03/2007
   
 
 
 
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