Intervista a Enrico Zanisi
ospite al Festival 12points di Dublino
febbraio 2013
di Daniela Floris
foto di Daniela
Crevena
E dunque eccolo Enrico Zanisi, in procinto di suonare
sul palco del Project Art Centre. E' qui perché selezionato come artista italiano
tra giovani di tutta Italia e suonerà in trio con Joe Rehmer al contrabbasso
e Alessandro Paternesi alla batteria, presentando il suo progetto di esordio
come leader, uscito per CAM Jazz. "Life
Variations".
Enrico hai
vinto il Top Jazz come miglior nuovo talento. Siamo qui a Dublino perché sei stato
selezionato come nuovo talento italiano. Diciamo che è stato un anno importante
questo per te. Ma quanta fatica c'è dietro ad un anno fulminante come questo?
Beh, è arrivato un po' tutto inaspettatamente. Io credo che la cosa principale
a cui un musicista deve pensare è lo studio dello strumento e della musica: e questo
è ciò che mi interessa di più. Quindi quando le cose arrivano in maniera così inaspettata,
senza che ce le sia andati a cercare volontariamente, fa ancora più piacere: vuol
dire che effettivamente dietro c'è stato un percorso di studio che è servito a qualcosa.
Studio pianoforte da quando ho 6 anni, mi interessa il Jazz da quando ne ho quattordici
o quindici. Sicuramente mi sento di aver fatto la mia parte, non è solo un caso,
ecco.
Che atmosfera si respira qui a 12points, festival non certo
tradizionale? Quali sono le tue impressioni?
Intanto mi pare che in Europa si faccia di tutto e di più, che ci sia una creatività
incredibile soprattutto da parte delle nuove generazioni che cercano sotto la parola
jazz di sfruttare sempre la matrice dell' originalità, della creatività, della particolare
atmosfera di cui ogni paese è portatore Qui a Dublino abbiamo visto i tedeschi,
abbiamo visto gli austriaci, abbiamo visto i finlandesi. Ognuno di loro è riuscito
a darci qualcosa di originale e al tempo stesso a darci una rappresentazione del
linguaggio musicale del proprio paese e anche che ognuno di noi condivide. Comunque
è un' esperienza incredibile e vedo che c'è tantissimo fermento.
Da ciò che stai ascoltando qui a Dublino
quanto c'è di nuovo nel giovanissimo Jazz europeo?
Ho sentito tantissime cose nuove che non mi sarei mai aspettato, anche perché
provengo dalla realtà italiana, nella quale c'è una pista di cose che vanno molto
e che è quella che oramai principalmente si percorre. Quindi allargare gli orizzonti
per capire cosa accade fuori dall' Italia è sempre importante.
Quanti concerti hai già fatto come leader del tuo gruppo
all' estero?
Come leader non tanti, con il mio trio è il primo!
Tu
sei giovanissimo e all' inizio della tua carriera. Cosa pensi sia giusto fare per
valorizzare giovani jazzisti che come te si affacciano su un mondo non certo facile
e, seppure "di nicchia", notevolmente affollato?
In effetti è molto affollato, il jazz va molto di moda... ma devo dire
che per me il Jazz non è mai stato una musica di nicchia, ritengo che lo sia diventato
piuttosto da quando si è tramutato in musica di protesta, come un po' la musica
contemporanea. Quando è diventato provocazione, ideologia, allora lì forse c'è stato
un po' un allontanamento della gente. il jazz è una cosa seria, bisogna impegna
visi con tutte le forze… però spero anche che non sia più musica di nicchia. I giovani…
secondo me innanzi tutto il problema è culturale, c'è bisogno di maggiori opportunità
per tutti, e che ognuno possa guadagnarsi una giusta visibilità. E poi c'è questa
brutta parola "meritocrazia" che invece è bellissima: bisognerebbe che i giovani
imparassero a concentrarsi veramente nello studio ed ad approfondirlo, per poi trovare
il loro spazio. Ripeto, certo mancano le opportunità. Perchè io conosco veramente
tanti giovani incredibili. Io sto qui a Dublino a rappresentare l' Italia, però
so anche che ci sono tanti altrettanti artisti, magari più bravi di me e che non
hanno avuto l'opportunità di guadagnarsi la mia stessa visibilità.
Infatti bisognerebbe che tutti avessero la stessa opportunità
iniziale, questo per avere una vera democrazia culturale: dopodiché il merito di
ognuno deciderebbe in seguito il destino di ogni artista, non trovi?
Esatto. L'importante è partire alla pari!
Nella tua musica quanto c'è di innovativo e quanto invece
ti lega ai grandi del Jazz e della musica classica?
E' una domanda interessante. Io ho fatto un percorso che abbraccia molte realtà
musicali. La traccia principale per me è la musica classica, che io ho studiato
per dieci anni e anche successivamente al diploma. Poi però ho ricevuto contributi
dal metal, dal progressive, dal rock, dal pop, da tante cose. Quindi sicuramente
c'è tanto di tutto ciò che voglio riproporre. Però voglio dire una cosa a proposito
della parola innovativo. Secondo me per essere innovativo non bisogna diciamo "scervellarsi"
al fine di stupire. Purtroppo spesso è ciò succede in questo periodo che mi sembra
un pochino si stasi. Ma cercare l' innovazione in questo modo è sempre qualcosa
di effimero, qualcosa che finisce. Secondo me l' unico modo di essere innovativi
è essere se stessi.
Siamo unici, dunque essere se stessi
e non mascherarsi, non esprimere artifizi, intendi questo ?
Esatto: non mascherarsi. Non serve dovere fare qualcosa per innovare ma "poter"
fare qualcosa per esprimersi.
Anche perché è inutile cercare qualcosa
che non è MAI stato suonato, in fondo è tutto già stato suonato….
Certo ora con la globalizzazione siamo invasi da una miriade di esperienze musicali,
per cui bisogna piuttosto sapersi rilassare e fare serenamente il proprio percorso,
se no si rischia di acchiappare a destra e sinistra e non si riesce a fare niente
di originale.
Stai lavorando su nuova musica o sei
in fase di lancio ed approfondimento di tutto il lavoro che hai fatto quest' anno?
Io studio quotidianamente il pianoforte e suono ciò che mi piace suonare, però
scrivo sempre nuova musica e sto già scrivendo nuova musica per il trio.
29/09/2012 | European Jazz Expo #2: Asì, Quartetto Pessoa, Moroni & Ionata, Mario Brai, Enrico Zanisi, Alessandro Paternesi, David Linx, Little Blue, Federico Casagrande, Billy Cobham (D. Floris, D. Crevena) |
14/11/2009 | Intervista a Richard Galliano : "...utilizzare vari linguaggi è stata una necessità più che una scelta. Un fisarmonicista non può tagliare le sue radici. La fisarmonica non è mai servita a tracciare nuove strade musicali. Noi siamo necessariamente immersi nel nostro passato. E il nostro passato è quello di tantissimi musicisti di strada, gente che suonava ai balli popolari e nelle ricorrenze di paese. La fisarmonica, un organo portatile, non può prescindere da questa sua storia umile." (Marco Buttafuoco) |
|
Inserisci un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 1.736 volte
Data pubblicazione: 24/03/2013
|
|