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Fulvio Sigurtà
House Of Cards
CAM JAZZ 2011 CAMJ 3309-2
1. Cookies'n Cream
2. Bepi
3. Dream Of Mine
4. Aurora
5. Where Are You?
6. Political Puppets
7. Sirmione
8. House Of Cards
9. Woland And The Cat
10. Tin Woodman
11. Amarillo Rose
Fulvio Sigurtà - tromba
James Allsopp - clarinetto basso
Federico Casagrande - chitarra elettrica
Riaan Vosloo - basso
Timothy Giles - batteria
CAM JAZZ is a label of the KEPACH group
KEPACH Music S.r.l. - All rights reserved
Via Cola di Rienzo, 180 - 00192 Rome (Italy)
Tel: (39-06) 6840791
E-Mail: info@CamJazz.com
Web Site: www.CamJazz.com
La new generation del jazz italiano ha qualcosa da dire, seriamente. E ciò
fa tanto piacere ed al contempo un po' di rabbia, o quantomeno viene su un certo
magone nel pensare che – fin troppo spesso – le nostre menti creative (e non assopite
o sclerotizzate) debbano fare su e giù con altri Paesi per trovare maggiore fortuna.
Un altro caso emblematico è Fulvio Sigurtà, sapiente trombettista bresciano
che a Londra ha trovato casa musicale. L'esordio discografico come leader non poteva
avere consistenza migliore, grazie anche alla Cam Jazz, etichetta particolarmente
attenta alle produzioni di spessore. Il suo palma res è incentrato su progetti
e non semplici apparizioni accanto a qualche "mostro sacro" del jazz (che lasciano
il tempo che trovano, ma colpiscono i più disattenti): Nostalgia 77, che lo ha visto
al fianco di Keith e Julie Tippett; con
Gianni Coscia,
Dino Piana
e Enzo
Pietropaoli per Frescobaldi per noi; Susaphonix di Mauro Ottolini; Unknown
Rebel Band di Giovanni Guidi; Broken Band di
Andrea Lombardini;
con Paolo Damiani
per il disco Pane e tempesta, oltre a numerosi progetti anche in ambito coreutico.
Con Federico Casagrande, chitarrista che suona veramente bene e con freschezza e
che si apprezza anche in questo lavoro, aveva già dato luce ad un lavoro nel
2007: Conversations.
House Of Cards rivela la reale essenza di Fulvio Sigurtà,
fatta di nuovi modelli compositivi, di esecuzioni dall'ampio raggio intrecciate
con filo di ferro alla tradizione jazz. Nove brani sono firmati dal trombettista,
due portano il marchio di Federico Casagrande: Where Are You?
che sottolinea il suono particolarmente pulito del trombettista, rapido ed attento
nel dosare le note, quelle necessarie epurate di inutili orpelli; Woland And
The Cat di marca più europea, dove spadroneggia l'aspetto melodico, sempre
particolarmente curato. Sigurtà sviluppa forme estetiche coriacee, mai intorpidite,
giusto pabulum per chi ama il jazz polidirezionale, senza chiusure. Ogni
brano ha una sua precisa identità e non replica mai sé stesso. Cookies'n Cream
echeggia sentimenti della tradizione popolare, ben mescolati e mai scontati,
così come la lenta marcia, disordinata dal respiro satiano che si ascolta in
Bepi. Le radici ben salde nella musica contemporanea presenti nella scrittura
di Sigurtà acquistano massa corporea in Dream Of Mine. Tratti che emergono
anche in Aurora, dalla matrice filmica, caratterizzata da un'insolita scansione
temporale a mo' di pendola, che l'ammanta di splendida inquietudine. Political
Puppets caracolla intorno alla libertà di forma, senza perdere di vista
le tracce segnate dalle scelte armoniche. Più africano e marchiato dal fluido assolo
del tenore di James Allsopp (eccellente anche al clarinetto basso) è Sirmione.
Svolta l'angolo con la title – track, fusion con un passo in avanti. Aurato di dolce
tensione il dialogo tra clarinetto basso e tromba di Tin Woodman.
Amarilli Rose è lo specchio dell'intero lavoro, ricco di frammenti
musicali provenienti da ogni dove, ma carichi di assoluta originalità.
Una fusione di sonorità, un intersecarsi di linguaggi dominati da una voce strumentale
così personale da essere immediatamente riconoscibile. Tanto grazie anche ad un
combo pressoché sconosciuto, novelty che dimostra la sua indubbia professionalità,
compattezza e senso della narrazione.
Un album dalla costruzione ampia, articolata e dalle molte anime musicali, sempre
godibile.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
14/11/2009 | Intervista a Richard Galliano : "...utilizzare vari linguaggi è stata una necessità più che una scelta. Un fisarmonicista non può tagliare le sue radici. La fisarmonica non è mai servita a tracciare nuove strade musicali. Noi siamo necessariamente immersi nel nostro passato. E il nostro passato è quello di tantissimi musicisti di strada, gente che suonava ai balli popolari e nelle ricorrenze di paese. La fisarmonica, un organo portatile, non può prescindere da questa sua storia umile." (Marco Buttafuoco) |
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Data pubblicazione: 20/03/2011
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