CamJazz 7771-2
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Salvatore Bonafede
For the time being
1. La Passerella di Otto e mezzo (N. Rota) / Greta Garbo (S. Bonafede)
2. Frida
3. Sicilia
4. La grande ilusión
5. Ad mortem festinamus / Small toy for Luca
6. Human cry of the blues
7. Wait in line
8. Steve Lacy
9. Enjoy your life
10. Il mistero del tempo (S. Bonafede) / La Passerella d'addio (N. Rota)
Salvatore Bonafede - piano Joe Lovano - tenor sax Adam Rogers - electric and acoustic guitars Mark Dresser - bass Paul Motian - drums Michele Rabbia - percussion
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Fra i pianisti italiani della sua generazione uno dei più prolifici, soprattutto
negli ultimi tempi,
Salvatore
Bonafede in questa nuova uscita per la CamJazz,
For the time being, concepita come "un bilancio
estetico e affettivo della mia carriera, un autoritratto in forma fantastica",
inserisce tutti brani inediti a propria firma, attorniandosi di un "cast" di musicisti
di notevole pregio: dal sassofonista Joe Lovano, al quale lo lega
una tanto sincera quanto longeva amicizia, al chitarrista Adam Rogers,
attualmente pilastro fisso del "Patitucci guitar trio", da Mark Dresser
al contrabbasso, espressione dell'avanguardia jazzistica di Los Angeles, al "giovane"
settantacinquenne Paul Motian, delicatezza e melodia paradigmatiche
alla batteria – già nel primo disco in assoluto a nome del pianista, "Actor/Actress"
del '91 –, senza dimenticare il nostro
Michele Rabbia e le sue ancestrali percussioni. Per chi conosca
Bonafede,
fiore all'occhiello del jazz siciliano, è facile rintracciare quanto del suo mondo,
musicale e affettivo, appunto, si trova in questo CD. A cominciare dal suo dichiarato
amore per Nino Rota, alter-ego musicale di Fellini, la cui
Passerella di 8 ½ apre e chiude, in "girotondo",
la tracklist: il celebre tema è trattato alla stregua di un riff su
cui vengono svolte le digressioni dei jazzisti, prima l'eloquente chitarra di
Rogers, poi l'organica improvvisazione del titolare, brillante, grintosa ed
ondulata quella di Lovano, panciuto il suo timbro, fino alla coda che si
prolunga in Greta Garbo, figurazione semplice
– una decina di note – e ad un tempo suggestiva, che sfuma il finale del pezzo.
C'è poi il bop, il cui stile nervosamente anima la saltellante
Frida, che non a caso è dedicata al periodo "vispo"
e sgambettante della figlia, ancora infante all'epoca della composizione: ottimo
affiatamento fra piano e sax (Rogers qui non figura), profondità ritmo-armonica
a cura di Dresser e Motian, per una pillola di meno di tre minuti,
purtroppo. Registro grave di sax, in lontananza l'archetto del contrabbasso e lancinanti
stridori percussivi per Sicilia, a rimarcare
forse il tormentato legame con la propria terra, tormentato sì ma inscindibile ed
imprescindibile, come per ogni Siciliano: frasi brevi, all'unisono fra i vari strumenti.
Indiscutibilmente spagnoleggiante l'ambientazione de La
grande ilusión, con tanto di nacchere (Rabbia) ed archetto (Dresser),
l'acustica protagonista di un nitido pizzicato, fluido ed ardente il suo tocco.
Un brano in assoluta assenza del sax, dove anche il piano si limita al ruolo d'accompagnamento,
a testimoniare del
Bonafede
compositore, nel senso più vero.
Un titolo ossimorico inneggiante alla Nera Signora,
Ad mortem festinamus/Small toy for Luca: "la
morte va affrontata, e se non sappiamo affrontarla non sappiamo affrontare neppure
la vita", afferma l'autore stesso. Coinvolgente la marcia sulle bacchette di
Motian, in alternanza fra rullante ed accenti della cassa, quasi a ricordare
i cortei funebri del primordiale jazz di New Orleans: attraverso l'esposizione motivica
del piano si infiltra il romanticismo crepuscolare di Bonafede, opportunamente assecondato
dal tenore di "compare" Lovano, ogni fiato scolpito nell'aria; pulito l'intervento
di Rogers, le cui scale creano un discorso melodico alternativo sulla medesima
prospettiva armonica. Ma anche qui tornano gli affetti e così come il ritorno di
quei cortei assumeva una forma "gioiosa e spensierata", allo stesso modo a questa
composizione se ne collega un'altra che reca il nome del secondogenito, un piano
solo da cui scaturiscono sottili emozioni, con note asperse fra i fruscii leggeri
della batteria di Motian. Chitarra, batteria, tenorsax, ciascuno in turno
solitario, introducono il disegno del contrabbasso, grasso e vibrante, per giungere
al piano che delinea il motivo di Human cry of the blues,
replicato poi quasi senza variazioni dagli altri strumenti, sopra il montante vespaio
creato dalle cicaleggianti percussioni di Rabbia e da tamburi e piatti, quasi
in esile voce melodica, di Motian. Dove Rogers si distingue è in
Wait in line, disteso e trascinate il suo percorso
diversivo, con il piano ad insistere su scarni tracciati reiterati.
Non infrequenti sono, nei suoi album, le dediche rese dal pianista a figure
significative del jazz contemporaneo (Charles
Mingus, Mel Lewis, Paul Bley, gli stessi Motian e Lovano,
Enrico Rava),
ed anche
Steve Lacy altro non è che "un umile
omaggio ad un gigante della musica,conosciuto a Palermo in occasione di un suo concerto
in duo con Mal Waldron": quasi uno scherzo, che armonicamente sembra procedere
all'indietro, per semitoni, creando un giro melodico che, gattonando, già al secondo
ascolto entra in testa. Una delle splendide trovate di
Bonafede,
con una punta di ironia – che non guasta – in cui tutto da godere è il monologo
di Dresser, ampio e puntuto, cui segue il sax levigato di Lovano.
Solare Enjoy your life, echi quasi caraibici,
terreno fertile per le percussioni, in un andamento tuttavia ternario, mentre il
tenore pesca fra le sonorità rollinsiane che ben si attagliano al mood del
pezzo, vivificante nella chitarra senza distorsioni e tutta spostata in avanti.
Non da meno è il contrabbasso, che riprende il tema, se lo rigira fra le corde,
palpita con la diteggiatura, con virtuosismi di cui non si avvertono affatto fatica
e pesantezza: davvero divertente. Intense le linee del pianista, lasciano vago
Il mistero del tempo procedendo nella ripetizione
di una frase modulata per progressioni, prima ascendenti e poi discendenti, un ciclo
reso ancor più toccante – se possibile – dalle spire del saxtenore e che si interrompe
con la Passerella d'addio – ancora Rota – esposta
nelle sue due anime, malinconica prima, in tonalità minore con il sax, e scanzonata
poi, in tonalità maggiore, dispiegata dall'elettrica di Rogers e dai vari
turni di improvvisazione, risolvendo, infine, in un languido declivio.
Un lavoro che reca imperiosa la necessità, per
Bonafede,
di fissare un momento importante – hic et nunc – del proprio essere musicista,
con composizioni non riferite a fonti d'ispirazione esogene – come avviene per le
musiche da lui scritte per il cinema dei registi ed amici Ciprì e Maresco, musiche
inscindibili, ancorché autonome, dalle immagini cui si accompagnano, e torna in
questo la lezione del connubio Rota/Fellini –, con la presenza di compagni quali
Lovano e Motian, frutto di una esperienza musicale già matura e personale,
e adesso pure di grande spessore.
Antonio Terzo per Jazzitalia
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
14/11/2009 | Intervista a Richard Galliano : "...utilizzare vari linguaggi è stata una necessità più che una scelta. Un fisarmonicista non può tagliare le sue radici. La fisarmonica non è mai servita a tracciare nuove strade musicali. Noi siamo necessariamente immersi nel nostro passato. E il nostro passato è quello di tantissimi musicisti di strada, gente che suonava ai balli popolari e nelle ricorrenze di paese. La fisarmonica, un organo portatile, non può prescindere da questa sua storia umile." (Marco Buttafuoco) |
21/06/2009 | Bologna, Ravenna, Imola, Correggio, Piacenza, Russi: questi ed altri ancora sono i luoghi che negli ultimi tre mesi hanno ospitato Croassroads, festival itinerante di musica jazz, che ha attraversato in lungo e in largo l'Emilia Romagna. Giunto alla decima edizione, Crossroads ha ospitato nomi della scena musicale italiana ed internazionale, giovani musicisti e leggende viventi, jazzisti ortodossi e impenitenti sperimentatori... (Giuseppe Rubinetti) |
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Data pubblicazione: 17/11/2006
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