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Il legame tra Sicilia e Stati Uniti, per vari motivi,
è sempre molto forte. Il jazz americano ha ben impressa l'impronta digitale degli
italiani in fuga, a far data dagli inizi del Novecento. I musicisti americani vengono
a frotte in Italia, paese del Bengodi, accolti come star, anche quando malcelano
un sound da torta nuziale. Vero è che, però, quando gli italiani trasvolano verso
gli States, riescono ad appropriarsi di alcuni messaggi, creando – almeno alcuni
– delle formule degne del segreto di Pemberton. Creano alchimie fresche, mai meramente
emulative (brutto vezzo in essere tanto in Italia quanto negli U.S.A.), sempre in
bilico tra canzone e bop.
Salvatore
Bonafede ha a lungo frequentato New York (nove anni circa) capeggiando
e /o affiancando, anche numerosi combo che vedevano le illustri presenze di musicisti
di indiscusso valore, quali Joe Lovano, Lew Tabackin, Cameron Brown, Dewey Redman,
Paul Motian. Eppure ha sempre mantenuto salda la sua matrice italica, mai svendendola.
Idem dicasi per Marcello Pellitteri e
Marco Panascia.
Il primo, siciliano come il leader, stanzia con buona fortuna a New York collaborando
con nomi da far saltare giù dalla sedia; il secondo, veneziano, dal 2002 anche lui
risiede nella Grande Mela, affiancando il top del jazz d'oltreoceano.
Il crossover Italia-U.S.A. è servito e ne scaturisce un lavoro robusto, polistilistico,
ricco di contrasti ritmici, timbrici e melodici. Sicilian Opening trasuda
energia e contagiosa tensione espressiva che si comunica all'ascoltatore. Composizioni
originali – in ogni senso – fatta eccezione per la rilettura immune da leziosità
di Blackbird (con tutta la sua cantabilità) e She's Leaving Home dei
Beatles. Il tocco di Bonafede è ben distinguibile e riconoscibile, negazione del
virtuosismo, del tecnicismo esasperato fine a te stesso (pratica muscolare troppo
in voga). Sa spremere il succo del pianoforte mettendo in mostra il personale alfabeto
sonoro ed il tocco sicuro, ben sostenuto da una architettura ritmica, agile e vigorosa.
Pellitteri ha forza, scioltezza ed intensità e Panascia possiede una sensibilità
ritmico- danzante non comune, anche nelle forme più vicine alla tradizione europea,
come nel caso della sognante Lode al Silenzio.
La varietà di frangenti, topizzati nel fraseggio di Bonafede, rende questo lavoro
narrativo e ben equilibrato tra tradizione americana (l'iniziale Sicilian Opening
ne è testimone) e quella europea, italiana. Un melange che si radica nel passato
per proiettare nel futuro del jazz.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
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Data pubblicazione: 18/04/2010
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