Quattro chiacchiere con...Attilio Berni settembre 2013
di Alceste Ayroldi
Attilio, come è avvenuto il tuo approccio
con la musica?
Da bambino, come tanti, studiando il clarinetto nella banda del mio paese Sutri.
Uno zio di famiglia mi mise in mano questo tubo nero ed io cominciai a soffiarci
dentro, avevo 7/8 anni. Stranamente ero molto più interessato alla parte teorica
che allo strumento e quindi mi divertiva di più solfeggiare che studiare il clarinetto.
Poi mia madre mi portò a lezione da un docente qualificato ma, dopo qualche tempo,
questi le confidò che, pur essendo un bambino intelligente e musicale, secondo lui
non ero portato per lo strumento. Io li sentii di nascosto e da quel momento iniziai
a studiare con più voga ed impegno più che altro per una sorta di ripicca o rivalsa
verso questo insegnante. E' trascorso tantissimo tempo, ma a distanza di molti anni
non ho mai saputo se quella cosa fosse stata reale oppure "architettata" ad arte
da mia madre per stimolare un mio maggiore impegno fatto sta che poi della musica
poi mi sono perdutamente innamorato e non ne ho più potuto fare a meno. Mia madre
è stata l'artefice della mia passione per la musica e poi il saxofono. Pensa che
me lo comperò di nascosto da mio padre, con la complicità della banda del paese
e pagandolo a rate, 8/10.000 Lire al mese…
Al jazz come sei approdato?
Del jazz sono sempre stato innamorato, ascoltavo e riascoltato gli LP di Gianni
Basso,
Henghel Gualdi, Coleman Hawkins,
Stan Getz, Charlie Parker e poi più avanti di
Michael
Brecker ma il vero approccio, sistematico e convinto è avvenuto dopo
il diploma di clarinetto, quindi relativamente tardi pensando alla mia formazione
tecnico strumentale.
Poi, dal 1993 è iniziata la tua
attività di ricerca sugli strumenti a fiato e sui saxofoni in particolare. Una ricerca
che va ben al di là di quella che ogni sassofonista intraprende: come è nata?
La passione per il saxofono e la successiva trasformazione in collezionista parte
da lontano, più precisamente dal mio primo viaggio negli USA: lì ho reperito il
primo saxofono di quella che sarebbe stata la mia collezione. Nel
1993 ero in viaggio a New York e mi trovavo
ad ascoltare Joe Lovano ed Aldo Romano che suonavano al Village
Vanguard; terminato il concerto m'intrattenevo con Joe disquisendo sui saxofoni
vintage ed in particolare del suo strumento, un Conn Chu Berry argentato che, era
la prima volta che ne vedevo uno, aveva i fori sulla campana contrapposti anziché
entrambi a destra come ero abituato a vedere. Successivamente, verso le due del
mattino, prendevamo il taxi insieme per recarci in albergo e mentre ancora discutevamo
di saxofoni vintage, il taxista, intuendo di cosa stessimo parlando, ci disse di
averne uno strano e del quale si voleva disfare. Incuriosito, chiesi al taxista
come fare per poter vedere lo strumento e.........incredibile, questi lo aveva nel
portabagagli della sua autovettura! Appena giunti in albergo il taxista scese e
mi mostrò un bellissimo sax tenore Selmer Padless! Uno strumento sperimentale senza
cuscinetti costruito dalla Buescher, su licenza Selmer, durante il periodo della
seconda guerra mondiale. Inizialmente però il mio approccio al saxofono vintage
fu esclusivamente commerciale. Pensavo di fare affari comprandoli, riparandoli per
poi rivenderli…ma nel giro di poco tempo ero già di ritorno da un secondo viaggio
negli Usa con un container stracolmo di saxofoni, se non ricordo male si trattava
di 600 strumenti! Dopo qualche anno però, parliamo del
1996-'97, qualcosa comincia a cambiare
poiché ogni volta che vendevo un saxofono provavo una stranissima sensazione, una
sorta di distacco. Mi accorsi in quel momento che le conoscenze e le competenze
che man mano andavo acquisendo sul campo stavano sviluppando in me la vocazione
del collezionismo.
E di lì a diventare un collezionista noto in tutto il mondo,
il passo è stato breve: qual è stato il primo saxofono che hai acquistato (o ti
sei procurato) e che ha iniziato la tua marcia alla collezione? Come dicevo il primo saxofono della collezione è stato il Buescher Padless
ma in quel tempo non avevo ancora la consapevolezza del collezionismo. Mi accorsi
di esser diventato un collezionista quando nel 1996,
il giorno dopo averglielo venduto, rincorsi un cliente per un sax alto Selmer Super
Action Balanced appartenuto al grande Marcel Mule e che volli riacquistare
per una cifra decisamente maggiore di quella che solo il giorno prima avevo realizzato.
E quale quello che ti è costato di più, in termini economici
o di sacrifici? Molti
dei miei strumenti hanno valori considerevoli, saxofoni come il contrabasso della
Orsi, il sax tenore Selmer Model 26 di Tex Beneke o il Selmer MarkVI
varitone di Sonny Rollins ma il saxofono che mi è costato di più in termini
economici è stato il mitico Conn O Sax. Il sax più raro dell'universo saxofonistico.
Uno strumento che ho ricercato per tantissimo tempo e che anelavo possedere tanto
che, scaramanticamente, nell'attesa che prima o poi arrivasse, nel mio studio avevo
già preparato un supporto vuoto con una scheda esplicativa pronti ad attenderlo.
E' arrivato nel 2002, l'ho pagato una fortuna
ma non mi sono mai pentito perché mi ha ripagato dei sacrifici con la sua sensazionale
ed unica sonorità. E poi sono convinto che, nel campo collezionistico come in altri
settori, possedere strumenti di pregio e rari qualifichi la tua attività ed in qualche
modo ti ripaghi degli sforzi economici sostenuti.
Sei giunto a circa 500 saxofoni, se non erro. Dove li custodisci?
Per la precisione la collezione comprende 518 strumenti musicali, un centinaio di
giocattoli–sax oltre ad un numero imprecisato di accessori ed imboccature ma nel
corso di venti anni ho posseduto quasi settemila strumenti. Gli strumenti della
collezione sono disposti in alcune sale e grandi librerie nella sede del Centro
Studi Musicali "Torre in Pietra", una associazione che ospita e coordina la gestione
della collezione.
Ritieni che il saxofono sia lo strumento per antonomasia
che identifica il jazz?
Assolutamente si. Il saxofono è uno strumento come nessun'altro. Io lo definisco
endoscopico; è lo strumento a fiato che, più di ogni altro, entra nel nostro corpo
e mette in relazione ciò che di umorale, passionale abbiamo nella nostra anima con
l'esterno. Il saxofono amplifica la voce delle nostre emozioni. Coleman Hawkins
diceva "L'unica cosa che nessuno può prenderti è il suono: solo il suono è più
importante". Questa affermazione, solo apparentemente scontata, ci fa capire
perché il saxofono negli Stati Uniti e nel jazz assunse un ruolo completamente diverso
dagli altri strumenti musicali: la ricerca di un suono diverso, personale
e che permettesse di distinguersi, ha fatto si che si sviluppassero correnti e scuole
di pensiero molto diverse, talvolta anche in netto contrasto, ma che rappresentarono
l'input per una ricerca continua: una sperimentazione su forme, materiali e tecniche
di costruzione che non avuto eguali nella storia degli strumenti musicali. Il saxofono
ha interpretato quel desiderio di individualismo e di voglia di successo che è un
sentimento innato nella società americana. Non voglio dare un'interpretazione antropologica
del successo del sax nel jazz ma la popolarità del saxofono dagli anni '20 era tale
che gli americani stessi definirono il periodo come "The saxophone craze".
Dal 1915 al 1926 si era sviluppata in America una sorta di "saxofonomania" che aveva
dato una popolarità incredibile allo strumento. Si ritiene che oltre un milione
di saxofoni siano stati venduti in questo periodo, il che è assolutamente straordinario
se si pensa alla popolazione ed alle condizioni economiche del tempo. Moltissimi
possedevano un saxofono e questo era utilizzato in tutte le orchestre e bande militari.
Il sax divenne famoso anche per l'utilizzo nel Vaudeville e perché utilizzato in
ogni situazione pubblicitaria.
Gruppi
famosi come il "Six Brown Brothers saxophopne sextet", le "Hilton Sisters-
Siames Twins" (due gemelle siamesi), le "Tally Ho Girls" di Chicago,
le "Schuster Sisters Saxophone Quartet" erano strumentisti eccezionali che
contribuirono in maniera determinante alla diffusione della cultura saxofonistica
per questo strumento eccitando le platee dei più grandi teatri degli USA nelle loro
rocambolesche performances. Ma fu soprattutto un personaggio come Rudy Wiedoeft,
musicalmente più serio e lontano dal Vaudeville, che contribuì notevolmente alla
diffusione del saxofono negli USA. Attraverso le sue incredibili esibizioni seppe
catalizzare l'interesse di milioni di persone. Il saxofono diviene indispensabile
in tutte le orchestre di teatro ed era molto facile trovare lavoro con esso: si
è calcolato che circa 60.000 band lavorassero negli USA ed in ognuna di queste c'era
uno o più saxofoni.I bambini potevano imparare il sax nelle bande scolastiche, promosse
e sponsorizzate dalle fabbriche di strumenti, mentre coloro che avevano già acquisito
una certa padronanza potevano suonare ed esibirsi in piccoli gruppi o band composti
anche da più di 30 saxofoni (accompagnati da pianoforte e batteria). Ovviamente
gli editori pubblicavano moltissimi arrangiamenti per quartetti ed orchestre di
saxofoni alimentando interesse ed opportunità. Le fabbriche di strumenti musicali
non riuscivano a soddisfare le richieste di acquisto di saxofoni e ciò contribuì
ad acuire la rivalità tra le varie case costruttrici le quali lottarono per accaparrarsi
i migliori testimonial e per mantenere comunque alto il livello di ricerca e di
perfezionamento del design, della meccanica e dell'innovazione.Questo ultimo aspetto
fu talmente accentuato, finanziato e promosso dalla dirigenza delle case costruttrici
che praticamente fu possibile dar sfogo a qualsiasi estro creativo e sperimentazione.
L'ambizione a possedere e suonare un particolare saxofono era fondata non tanto
su come suonava lo strumento bensì su chi lo suonava e quello che rappresentava
per il musicista. Novità ed individualità erano i giusti ingredienti nei ruggenti
anni ‘20 ed il saxofono rappresentava il modo migliore per distinguersi e farsi
notare. L'importanza di questo fattore non sfuggì ai costruttori. La prospettiva
d'incrementare ulteriormente le vendite indusse molti di questi a produrre nuovi
ed inusuali variazioni delle forme dei saxofoni per affascinare il pubblico e ciò
contribuì in maniera determinante alla diffusione della cultura saxofonistica negli
Stati Uniti alimentando la passione per ricerche, innovazioni tecniche e sperimentazioni
che poi sono gli elementi fondanti del jazz.
Tra i tanti, qual è quello più raro?
Del più raro ho già accennato, si tratta del Conn O Sax un saxofono in Fa. Originariamente
il saxofono era stato concepito da Adolphe Sax in due distinte famiglie:
l'orchestrale (in Do ed in Fa) e la bandistica (in Sib ed in Mib). Il primo vero
saxofono costruito da Sax era un basso ed era tagliato nella tonalità di Do: lo
strumento utilizzato da Berlioz nel suo "Inno sacro" del 1843. Il primo uso
orchestrale del saxofono è di Kastner nel 1844
(La derniere Roi de Jude) dove viene utilizzato il sax basso. Nel 1844 Kastner include
l'alto in Fa nel suo supplemento al "Corso di Strumentazione" e "Trattato
Generale di Strumentazione" entrambi del 1837.
Nel 1845 include l'alto in Fa anche nel suo
"Complete and Systematic Method for the Saxophone". L'uso più famoso dell'alto
in Fa è nella Sinfonia Domestica di Strauss (1904),
nella quale viene impiegato un quartetto di saxofoni (soprano in Do, un alto in
Fa, un tenore in Do ed un baritono in Fa). Nella primavera del
1928 la Conn introduce il Conn-O-Sax, senza dubbio
il saxofono più straordinario mai costruito e con un'estensione dal la grave al
sol acuto. La Conn si aspettava di venderne molti ma sfortunatamente le vendite
andarono malissimo. Nonostante tutti i negozi musicali degli USA avessero ricevuto
il materiale pubblicitario, le vendite non furono all'altezza delle previsioni e
gli esemplari venduti non più di una decina: un fallimento, tanto che già nel
1930 il Conn-O-Sax non viene più menzionato nei
cataloghi Conn. Cosa invece sia successo agli strumenti invenduti è purtroppo una
triste storia: nelle scuole Conn (dove s'insegnava a costruire e riparare gli strumenti)
i Conn-O-Sax invenduti vennero utilizzati come materiale sul quale lavorare. Questi
strumenti vennero danneggiati e lasciati agli allievi per l'apprendistato di riparazione
con il risultato di distruggere e far scomparire gli ultimi esemplari rimasti.
E quello più complesso da suonare?
Le difficoltà sono molteplici e quindi non esiste un saxofono più complesso ma strumenti
che presentano difficoltà diverse che poi sono relative alle dimensioni dell'imboccatura,
tecnica di insufflazione, diteggiatura, intonazione ecc… Indubbiamente il saxofono
sub contrabbasso non è affatto agevole viste le sue dimensioni gigantesche (il tubo
misura oltre 6,44 metri!). L'azione della meccanica, la tecnica di insufflazione
ed il controllo degli armonici richiedono una grande concentrazione come, con esigenze
diametralmente opposte, è necessaria per il soprillo che misura solo 32cm. I saxofoni
a coulisse sono molto difficili da intonare, i rothofoni sono scomodissimi ed il
jazzophon, una tromba-saxofono con due campane e bocchino da saxofono, è una lotta
contro gli armonici ma la passione permette di travalicare i limiti umani e quindi
seppur con qualche sforzo dopo qualche esercizio si riesce sempre a far suonare
e rivivere lo strumento.
Poi, sicuramente, avrai il tuo saxofono "coperta di Linus",
quello al quale sei più affezionato…
Sono sinceramente innamorato di tutti gli strumenti della mia collezione, ho con
loro un rapporto molto fisico. Non riesco a trascorrere un giorno senza esserci
a contatto ma, ovviamente, ne possiedo uno personale con il quale sono in assoluta
simbiosi e dal quale non riesco mai a separarmi. Si tratta di un tenore Conn Chu
Berry Artist Virtuoso De Luxe costruito da Julius Stenberg. Julius Stember
era il capo incisore della fabbrica Conn negli anni ‘20: uno strumento unico e testimone
assoluto di un'epoca nella quale artigiani artisti riuscivano a transfondere la
passione per l'arte e la musica negli strumenti musicali che costruivano. Gli Artist
erano già dei modelli di lusso estremamente ricercati e costruiti solo su ordinazione
con incisioni elaboratissime che ne ricoprivano quasi interamente il corpo e madreperle
su tutte le chiavi, anche su quelle laterali e di ripiego. Nello specifico il mio
sax tenore è' costruito con la tecnica della grammatura delle tazze (ogni tazza
ha un peso specifico affinché le vibrazioni prodotte supportino l'impressionante
ricchezza degli armonici di questo strumento). Ma la cosa più singolare è quella
che riguarda le tazze delle note gravi, il do, il si e sib gravi. Nell'incavo di
queste c'erano degli strani segni che ad un primo esame sembravano dei graffi provocati
dal cacciavite usato per rimuovere i precedenti tamponi, invece, ad un esame più
attento, si sono rivelati dei versi: una dedica d'amore. Una poesia che il costruttore
aveva inciso dedicando lo strumento ad una donna per la quale nutriva un amore proibito
poiché questa donna era già sposata. Insomma una sorta di messaggero d'amore o "saxofono
innamorato".
Test dei sax nella fabbrica Conn, anni '20
Come fai a tenere d'occhio il mercato? Ci sono delle
fonti dalle quali attingi?
Il mercato non è facile e sebbene sia vero che la ricerca nella storia del saxofono
spesso offra utili spunti, molte volte è stata la fortuna e la perseveranza nella
ricerca che ha fatto la differenza. La maggior parte dei miei strumenti è stata
reperita negli USA durante viaggi o da collezionisti sempre americani, oppure in
Inghilterra ed in Francia, mentre relativamente pochi sono stati gli strumenti localizzati
in Italia. Gli strumenti a volte sono comparsi nelle circostanze più disparate ed
improbabili. Per esempio il tenore Conn costruito ed inciso da Julius Stemberg in
una bancarella al mercato di Portobello a Londra, il primo saxofono della collezione,
il sax Selmer Padless acquistato a notte fonda da un taxista di New York, e soprattutto
molti scovati per me da Phil Nicoli, un carissimo amico italo-americano…
Oggi, con internet (ed i siti eBay, mercatino musicale, saxforum,
ecc…) tutto è molto più semplice e rapido ed essendo conosciuto nell'ambiente in
moltissimi mi scrivono da ogni parte del mondo per propormi strumenti rari ma tutto
questo ha fatto un po' perdere il gusto della scoperta…
Non fatico a immaginare quanto sia dispendioso procurarsi
questi saxofoni e mantenerli funzionanti. Se mi permetti la domanda: come ti procuri
le risorse?
Indubbiamente la dimensione economica è importante, non ti nascondo che a volte
ho rischiato la bancarotta, o peggio la lite familiare, pur di entrare in possesso
di uno strumento. La ricerca collezionistica deve essere improntata al buon senso
ed alla competenza cercando di non cadere nella "bramosia del possesso" e dell'accumulazione
che può portare alla rovina. Basti pensare al grande Evan Gorga, il grande
collezionista italiano dei primi del '900 che per la sua immensa collezione è finito
sul lastrico pur dando vita al Museo degli Strumenti Musicali di Roma, il più grande
ed importante del mondo, seppur pressoché misconosciuto. Le risorse arrivano principalmente
dalla compravendita degli strumenti ma molte volte anche da cambi con altri collezionisti.
Ti occupi anche del restauro e della riparazione?
No, manualmente non sono affatto bravo ed ho pochissima pazienza. Mi avvalgo di
un tecnico di fiducia, Alessandro Marchionni di Latina, che lavora con me
da quasi venti anni.
Parliamo degli ultimi arrivati, in particolare del saxofono
sub-contrabbasso?
Il
saxofono sub-contrabasso è un strumento stupefacente! Un modello di saxofono che
Adolphe Sax progettò ma non realizzò mai. Sax chiamò questo saxofono immaginario
saxophone bourdon. Sarebbe dovuto essere uno strumento traspositore in Si
bemolle, un'ottava sotto il sassofono basso e due ottave sotto il sassofono tenore.
Il sub-contrabasso J'Elle Stainer è un prototipo assoluto, un pezzo unico interamente
costruito a mano (tamponi inclusi) per realizzare il quale, tra progettazione e
costruzione, sono stati necessari due anni di lavoro! Il tubo del corpo sviluppa
una lunghezza complessiva di oltre 6 metri ed ovviamente possiede un suono decisamente
scuro e cavernoso. Il suono più grave, il Lab grave (Ab0) è vicino alla soglia minima
di udibilità: 25, 9Hz! La meccanica è estremamente complessa e articolata. Il costruttore
non ha voluto rinunciare a nessuna delle chiavi standard (che avrebbe semplificato
il lavoro ma avrebbe reso lo strumento incompleto) come anche a una buona ergonomia.
Il suono è incredibilmente pieno ed omogeneo su tutti i registri anche se il dispendio
d'aria nel registro grave è veramente imponente. La tecnica di produzione del suono
è particolare poiché necessita che l'aria venga insufflata al suo interno in grande
quantità ma con una pressione di spinta lievissima. Il musicista deve esercitarsi
molto affinché impari a dosare correttamente il fiato senza che questo termini subito,
ed adotti una corretta pressione in modo che si produca la nota corretta e non l'armonico.
Come tutti gli strumenti estremi e gravi le difficoltà principali si presentano
nel cambio di registro, soprattutto nell'emissione delle note LAb, Sol e FA con
il portavoce che risultano "difficili" poiché tendono a far uscire l'armonico superiore.
Queste diventano controllabili solo dopo un po' di pratica e soprattutto con una
accurata gestione dell'emissione.
Ti occupi anche di didattica?
Sì, mi piace molto insegnare ed è la mia principale professione. Insegno musica
in una scuola media, l'Istituto Comprensivo "Cristoforo Colombo" di Fiumicino ed,
ovviamente, saxofono e clarinetto nel Centro Studi Musicali Torre in Pietra.
Qual è il pubblico che viene a trovarti per vedere i tuoi
saxofoni?
Principalmente si tratta di saxofonisti professionisti ma anche di semplici appassionati.
Soprattutto sono italiani, per questioni logistiche, ma in molti vengono anche dall'estero,
specialmente collezionisti e storici dagli USA, Inghilterra e qualcuno anche dalla
Thailandia e Giappone.
Sei anche creatore e direttore artistico di un festival
tematico che è giunto alla seconda edizione: vorresti tracciare un bilancio?
Il Saxophobia Festival è organizzato a Cerveteri una cittadina molto sensibile alle
arti e soprattutto alla musica dove ho incontrato una amministrazione (che rarità!),
attenta e scrupolosa, che mi ha aiutato molto nel perseguire un'idea così specifica
e rischiosa. Il bilancio è sicuramente molto positivo tanto che quest'anno siamo
riusciti ad ampliare il cartellone portandolo da 3 a 4 giorni. Cinque concerti con
artisti di livello nazionale (Luca Velotti) ed internazionale (Frank Catalano)
spaziando dalla musica classica, al tradizionale, dalla fusion alla musica contemporanea,
tre workshop sullo strumento (l'evoluzione storica, la manutenzione, le imboccature)
ed una mostra di strumenti musicali rarissimi. Fondamentale, oltre che dell'amministrazione
di Cerveteri, è stato il sostegno ed il patrocinio degli sponsor: BCC di Roma, Epphelseim
(Germania), J'Elle Stainer (Brasile), HSM Masterpieces (Inghilterra), JazzLab (Svizzera),
Rico Reeds, Yamaha-Usa e JodyJazz (Usa). Splendide le location, Sala Ruspoli per
i workshop e la mostra, piazza S. Maria per i concerti serali. Luoghi unici e con
un'acustica eccezionale dove il pubblico, sia quello specificatamente interessato
che quello più turistico, ha partecipato ed apprezzato le proposte artistiche. Per
il prossimo anno rimarrà la stessa formula ma vorrei organizzare due masterclass,
una classica ed una jazzistica, un concorso per giovani saxofonisti e compositori.
Vedremo…
L'attività di ricercatore e di collezionista ostacola quella
di musicista?
Al contrario si coniugano e si completano. Collezionare, oltre che preservare, è
sfidare il tempo ridando vita a quei momenti artistici, sociali e storici che hanno
concepito, prodotto e sviluppato quello straordinario strumento che è il saxofono.
Ogni strumento vintage è "vittima" della propria evoluzione ed è plasmato dall'alito
vitale insufflato al suo interno da chi lo ha posseduto. Posso ricostruire la storia
dello strumento, comprenderne l'evoluzione e soprattutto estrinsecare quel particolarissimo
rapporto fra l'uomo e le sue creazioni, fra evoluzione e conservazione, fra storia
e memoria, che è proprio del collezionismo e che, nel mio personale caso, forgia
e raffina il mio modo personale modo di esprimermi musicalmente. La collezione si
divide principalmente in due gruppi, gli strumenti professionali e quelli da collezione
anche se a volte alcuni strumenti appartengono ad entrambe le categorie. Alcuni
di questi saxofoni non sono strumenti che possono essere suonati a livello professionale,
vuoi per l'accordatura, qualcuno infatti è costruito ad intonazione alta (high Pitch-
A=456), vuoi per i meccanismi delle chiavi decisamente scomodi per gli standard
moderni. Poi ci sono gli strumenti rari o fuori dal comune che costituiscono la
parte più interessante della collezione e che possono essere divisi in quelli con
particolari modifiche ai modelli già esistenti e quelli invece creati ex novo. Il
mantenimento di una collezione di strumenti musicali non è un diversivo o un hobby,
ma un'opportunità eccezionale per esplorare ed ampliare costantemente la comprensione
della natura dello strumento e della sua musica. D'altro canto sono convinto che
la sperimentazione e la ricerca su questi strumenti permettano una prospettiva ed
una flessibilità che non possono non influenzare positivamente la propria abilità
artistica. Sia che si tratti di un assolo con una orchestra jazz, sia di un'esecuzione
in locale da ballo, oppure di un concerto di musica da camera, l'esperienza tratta
dall'utilizzo di uno strumento raro, difficile o magari appartenuto ad un musicista
famoso, caratterizza sempre sensibilmente il proprio modo di fare musica. Collezionare
saxofoni mi ha arricchito di competenze, conoscenze, esperienze incredibili e contatti
umani con le più svariate personalità musicali del mondo, dai più grandi artisti
ai giovani che si avvicinano con passione a questo strumento e mi hanno portato
ad una maturità artistica e di linguaggio che, ovviamente, possono non piacere o
oggetto di critiche, ma mi identificano, mi appagano e mi appartengono…
Il tuo spettacolo Saxophobia è veramente bello e interessante,
ma difficile da portare in giro o mi sbaglio?
Direi difficilissimo. Le problematiche logistiche sono enormi, per un solo concerto
servono non meno di 3 giorni di lavoro: prima il controllo della funzionalità degli
strumenti, il posizionamento negli astucci, il carico nel furgone, il trasporto,
il posizionamento sul palcoscenico, il concerto vero e proprio, e poi a ritroso
smontaggio, carico in camion e poi riposizionamento negli studi. Senza dimenticare
che per ogni strumento debbo realizzare una sorta di vestito su misura e quindi
esame delle potenzialità e delle caratteristiche timbriche dello strumento, la scelta
del repertorio, delle tonalità e degli arrangiamenti, prove con il gruppo e così
via...Per fortuna sono coadiuvato da un bel gruppo di amici pazienti: Alfredo
Romeo alla batteria, Christian Antinozzi al contrabasso, Alessandro
Crispolti al pianoforte, Nina Pedersen alla voce e Sergio Stramacci
assistente di palco.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Be'...si tratta proprio di un sogno! Realizzare il primo museo al mondo interamente
dedicato al saxofono ed ai suoi protagonisti ed utilizzatori. Realizzare cioè la
possibilità concreta che i giovani si riavvicinino ad uno strumento vero e possano
usufruire per la loro formazione di quella che è la passione della mia vita. Un
museo dedicato allo strumento che, più di ogni altro, ha saputo trasformarsi in
mille forme, in mille varianti, in mille timbri: una casa per questo tubo misterioso
e fascinoso, per la più strana ed affascinante protuberanza del corpo umano. Uno
strumento-oggetto che da quasi cento anni seduce una larga fascia di pubblico oltre
i musicisti professionisti, basta pensare all'uso del saxofono nell'immagine pubblicitaria
per rendersi conto di come allo strumento vengano associate costellazioni ideali
diverse: dalla trasgressione alla sensualità, dall'appeal della cultura musicale
americana al feeling della cultura underground sia rock che jazz. Tutte cose che
il povero Adolphe Sax non ha potuto vedere ma delle quali, ardimentoso quale
era, sarebbe stato contento. Chissà, forse se ne sta lassù, in compagnia di Coleman
e di Charlie, ad ammirare le gesta del grande vecchio Sonny o di un
Chris Potter e magari di notte scende giù nel mio museo, così...a dare una
sbirciatina o una sistematina a qualcosa che...
Chi sono i tre sassofonisti migliori che, secondo te, la
storia ci ha consegnato?
Domanda difficilissima. E' arduo stilare una graduatoria perché sono in moltissimi
che hanno dato, con la loro personalità ed il loro personale suono, un apporto decisivo.
Sinceramente non ci riesco...diciamo che per la concezione del suono penso ai grandi
Coleman Hawkins, Lester Young,
Sonny Rollins,
John Coltrane,
per il fraseggio a Charlie Parker, Sonny Stitt, per la sperimentazione
timbrica a Roland Kirk, per la divulgazione e la tecnica strumentale a
Rudy Wiedoeft...continuo?
E nel panorama attuale, chi sono le rising star?
Dipende dal tipo di saxofono. Non si tratta proprio di giovanissimi ma per il soprano
mi piacciono moltissimo Michael Rosen e
Gabriele Coen.
Per l'alto Dimitri Grechi Espinosa, per il tenore Daniele Scannapieco.
Con chi ti piacerebbe duettare?
Mi piacerebbe da morire duettare con Diana Krall, ha una voce molto saxofonistica,
se invece intendevi un saxofonista, con Sonny, magari scambiandoci gli strumenti...Ma
alla domanda sui sogni non avevo già risposto...?
Il più bel assolo di saxofono è...
Sono indeciso tra due: "Picasso" di Coleman Hawkins del
1948 e "Lover Man" di Charlie Parker
del 1951, forse il primo...no il secondo...mah!
Dipende dai giorni e da come mi sento!
Cosa è scritto nell'agenda di Attilio Berni?
Molti impegni, soprattutto per il 2014, anno
importante poiché vi ricorre il bicentenario della nascita di Adolphe Sax. Il 2
novembre sarò al Moncalieri Jazz festival con un concerto ed una mostra e poi esposizioni,
conferenze e concerti in alcuni Conservatori di Musica italiani (L'Aquila, Monopoli,
Bari, Lecce, Genova, Pesaro, Latina) e forse una grande mostra al Museo degli Strumenti
musicali di Roma. Sempre per il 2014 sono stato
inviato ad esporre ed a esibirmi al MIM, il Museo degli Strumenti Musicali di Bruxelles.
Poi la terza edizione del Saxophobia Festival a Cerveteri, la seconda edizione del
JazzIt a Collescipoli e speriamo in altri ingaggi...In ogni caso chi è interessato
può scrivermi a info@centrostudimusicali.it
chiedendomi di iscriversi alla mia mailing list ed essere informato anticipatamente
di tutte le iniziative.