Growl, o graffiato
Il growl è una tecnica di
emissione del suono che appartiene alla storia del saxofono, ne fa parte fin
dalle origini, ma non è una esclusiva dei saxofonisti, viene usato infatti da
clarinettisti (ovviamente) ma anche da suonatori di ottoni.
Si ottiene emettendo un suono con
la gola (chiamarlo "nota" sarebbe troppo...) che ha la funzione di modulare e la
colonna d'aria in entrata donando al timbro del nostro strumento un suond
"graffiante" e ruvido.
Nel fare questo occorre prestare
attenzione ed affrontare un paio di problemi.
Il primo è che nell'emettere il
nostro suono gutturale dobbiamo in un certo senso "chiudere" la laringe; questo
potrebbe alterare il lavoro della muscolatura facciale e quindi la pressione
sull'ancia a discapito dell'intonazione.
Bisogna affrontare la faccenda
gradualmente abituandosi a rendere indipendente il movimento dei muscoli del
collo da quelli facciali.
Il secondo problema è che il
suono emesso con la gola deve essere il più possibile distante come intonazione
(nell'ambito dell'ottava ovviamente) dalla nota che si vuole emettere.
Questo perché più la nota
gutturale si avvicina alla nota realmente emessa meno si sente
l'effetto "growl", questo a causa del fatto che le due note si somigliano e
quindi non c'è "rottura", non c'è modulazione del suono.
Ma veniamo alla pratica: questa
che segue è una semplice frase suonata con la tecnica in questione:
frase growl
Per capire meglio la struttura del suono ho
rieseguito la stessa frase posizionando però il microfono a contatto della
gola ed è uscito questo:
growl gola
Buffo vero?
E' chiaro che questo versaccio
viene mascherato dal volume della nota reale e all'ascolto non si nota ma è
proprio quel versaccio, "cantato" a distanza molto approssimativa di 5°, che
si risolve nel "growl" per chi ascolta.
Le note basse sono un poco più
difficili, le acute invece vengono un poco più facili, graffiando i sovracuti
poi viene fuori qualcosa che ci ricorda molto David Sanborn, (almeno sul
contralto):
David
Sanborn
Questa cosa ovviamente si può
sfruttare anche per ottenere effetti diversi, di diversa intensità, "cantando
nello strumento" le cose più disparate.
Abbiamo detto che il growl fa
parte della storia del jazz, ma in particolare del jazz delle origini e di
quello d'avanguardia.
Stranamente infatti è poco usato
nel periodo che va dal Be-bop all'hard-bop, saltando quindi il jazz modale
(tranne quando questo si riavvicina al free), il cool, la "third stream" con le
varie ramificazioni.
Possiamo dire che quasi tutti i
tenoristi pre-bop usavano spesso e volentieri il growl, spesso verso la fine
degli assolo, Coleman Hawkins in testa.
Tutti tranne Lester Young,
acerrimo rivale di Hawkins nelle notti di Kansas e che infatti è stato
antesignano del movimento Be-bop, del
sax moderno in generale e idolo musicale ed umano di Parker nella fattispecie.
La caduta in disuso, seppur
parziale, di questa tecnica è dovuta forse al fatto che con l'avvento del bop è
maturata nei musicisti una nuova conoscenza dello strumento ed un nuovo
concetto di artista, teso alla ricerca di una maggiore estetica del suono e
dell'esecuzione, concetto tutto sommato più occidentale e "bianco".
Non a caso questo accade quando i
musicisti neri, superata la fase "folkloristica", iniziano a diventare un buon
investimento discografico, diventano cioè "professionisti dell'arte di fare
musica".
Questo modo di suonare resta vivo
in quella corrente stilistica chiamata "main stream" e che parte da Coleman Hawkins
e Herschel Evans per proseguire con Illinois Jacquet, Buddy Tate,
Arnett Cobb,
questi ultimi tutti texani (o cresciuti in Texas) da qui anche la denominazione
"texas sound".
E non è un caso che il growl appa
di nuovo in modo prorompente (insieme ad una esplorazione esasperata
dell'estremo acuto) negli anni '60, quando si mette in atto una rivalutazione
della "negritudine", anche in campo musicale; ci si ricollega alla madre
Africa, si riprendono e rielaborano le tradizioni blues in chiave più libera e
selvaggia, si rifiuta il gusto Europeo e "bianco" più in generale.
E quale tecnica se non il growl
magari insieme ai multiphonics ed ai sovracuti può esprimere meglio sentimenti
come rabbia ed esasperazione?
Esponenti di questo movimento,
limitandoci ai saxofonisti, sono Roscoe Mitchell e Joseph Jarman (Art Ensemble
of Chicago), Albert Ayler, Archie Shepp, Pharoah Sanders, solo per citarne
alcuni.
Ma ovviamente il growl, (anche se
un pò più "annacquato") viene usato anche in altri contesti, per esempio nel
rock, nel funky o nella musica leggera.
Per finire questa parte, una
riflessione: rileggendo quello che ho appena scritto noto come i nomi che
citati siano per lo più di tenoristi.
In effetti pensandoci bene questa
tecnica sembra molto poco usata dagli altoisti, chissà perché?…forse il sax
alto rimane più intrinsecamente legato ad un idea stilistica più "classica",
più tecnica che "sanguigna", più…..europea?!
Multiphonics
I suoni multipli rappresentano un approccio
strumentale decisamente intrigante, l'idea di produrre più note simultaneamente
su uno strumento monofonico ha un indubbio fascino, forse anche più dei
sovracuti.In realtà il loro utilizzo è meno
elastico di questi ultimi, ma decisamente molto coloristico.
Il modo più facile per ottenerli
e con diteggiature particolari, che servono a frazionare la colonna d'aria,
come per i sovracuti e gli armonici.
Ma mentre per questi ultimi noi
ci impostavamo per isolare una certa frequenza ed esaltarla a ruolo di nota,
nell'esecuzione dei suoni multipli dobbiamo fare esattamente l'opposto, cioè
far suonare più suoni parziali possibili.
Ne otteniamo quindi un accordo o
male che va, un suono composito e molto d'effetto.
Nell'esecuzione dei suoni
multipli dobbiamo allentare leggermente la pressione sull'ancia e cercare di
aprire il più possibile il cavo orale, ritraendo la lingua.
Vediamo qualche posizione e come
suona:
Anche in questo caso, come per i
sovracuti, esistono varie posizioni, alcune facili altre no, alcune funzionano
per me, altre no ma magari funzionano per qualcun altro, a causa del setup,
dell'impostazione, dello strumento ecc..
Queste sopra sono le più comuni,
le più "universali" direi, potete trovarne altre semplicemente facendo una
ricerca su un motore tipo www.google.it e
digitando come chiave di ricerca multiphonics+sax.
Vedrete quanto materiale, utile e
inutile, uscirà fuori.
L'altro modo per eseguire i suoni
multipli è quello che si basa sull'emissione degli armonici.
Se eseguiamo degli armonici (vedi
articolo "I sovracuti") e riusciamo ad infilarci
tra un armonico e l'altro lasciando suonare più note possibili otteniamo dei
multiphonics molto interessanti, più morbidi e omogenei dei precedenti ma
sicuramente più difficili da controllare non essendo legati ad una diteggiatura,
pur strana, ma frutto della sensibilità del nostro imboccare lo strumento:
multiphonics da armonico
Provate a farlo, anche se non utilizzerete mai
questa tecnica nei vostri soli è comunque un buon esercizio, come per gli
armonici, per maturare la giusta sensibilità sullo strumento.
Ricordo come una delle incisioni
che mi ha cominciato a far venire il pallino del saxofono è stata l'intro di
"Eternal caravan of reincarnation" dal disco Caravanserai di Carlos Santana,
nel quale c'è un sax tenore (per la cronaca Hadley Caliman) che si diverte a
suonare sui multiphonics e sugli armonici proprio in questo modo.
Caravanserai
In chiusura vorrei parlare di un effetto derivato
dai sovracuti e che mi è stato espressamente richiesto tempo fa.
Si tratta del cosiddetto "effetto
sirena".
In realtà si tratta di un
glissato eseguito sui sovracuti, utilizzando quelle posizioni che io definii
nell'articolo precedente "di potenza", cioè frutto di una pressione maggiore
sull'ancia e che usano poche chiavi, tendenzialmente meno precise ma più veloci come esecuzione.
La loro natura esecutiva legata alla pressione sull'ancia le rende
perfette per l'effetto in questione, perché mollando la pressione viene molto
facile creare questa discesa verso il basso che da appunto l'idea di un effetto
sirena o effetto "doppler":
effetto sirena
In questo esempio, dopo essermi proiettato sul Re
sovracuto, ho glissato verso il basso mollando il labbro (mi sono aiutato
chiudendo parzialmente la chiave del Fa acuto), per poi ricollegarmi alla
posizione usuale del Sib sovracuto, chiudendo la frase sul Mi con un classico
pattern funky.
Viene spesso usato in soli in ambito rock, jazz-rock
o fusion, soprattutto dagli altoisti.
Ricordiamo David Sanborn, Chris
Hunter, Marc Russo, pirotecnico saxofonista degli Yellow Jackets
del primo
periodo, un vero mostro dei sovracuti.
Per concludere vorrei qui proporvi un altro ascolto
che riassume un po' tutto quanto detto fino ad ora e oltre, nel senso che nel
brano che segue è racchiuso un campionario di armonici, multiphonics, growl,
sovracuti, quarti di tono, tutti insieme combinati tra loro.
Si tratta del solo di Jan
Garbarek nel brano " Beast of Kommodo" ("Afric Pepperbird" ECM 1007, "Works" ECM),
sentite che roba:
Jan
Garbarek Solo
Ovviamente questo genere può non piacere ma resta
comunque un esempio impressionante delle possibilità espressive del saxofono.
Chiudo qui sperando di esservi
stato utile e vi do appuntamento alla prossima.
Ciao ...
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COMMENTI | Inserito il 27/4/2011 alle 21.53.02 da "pietro.savatarelli" Commento: ho inziato da 3 anni a studiare il sax tenore perchè è uno strumento che mi ha sempre affascinato.sto studiando a spron battuto e leggo qulsiasi cosa sul sax, questa tua lezione è affascinante ti ringrazio per tutto quello che ci trsmetti tanto più per me che ho settantaduenni. grazie | |
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Data pubblicazione: 01/02/2003
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