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Growl, multiphonics ed effetto sirena
di Fabio Tullio
ftullio@everyday.com

Growl, o graffiato
Il growl è una tecnica di emissione del suono che appartiene alla storia del saxofono, ne fa parte fin dalle origini, ma non è una esclusiva dei saxofonisti, viene usato infatti da clarinettisti (ovviamente) ma anche da suonatori di ottoni.

Si ottiene emettendo un suono con la gola (chiamarlo "nota" sarebbe troppo...) che ha la funzione di modulare e la colonna d'aria in entrata donando al timbro del nostro strumento un suond "graffiante" e ruvido.

Nel fare questo occorre prestare attenzione ed affrontare un paio di problemi.

Il primo è che nell'emettere il nostro suono gutturale dobbiamo in un certo senso "chiudere" la laringe; questo potrebbe alterare il lavoro della muscolatura facciale e quindi la pressione sull'ancia  a discapito dell'intonazione.

Bisogna affrontare la faccenda gradualmente abituandosi a rendere indipendente il movimento dei muscoli del collo da quelli facciali.

Il secondo problema è che il suono emesso con la gola deve essere il più possibile distante come intonazione (nell'ambito dell'ottava ovviamente) dalla nota che si vuole emettere.

Questo perché più la nota gutturale si avvicina alla nota realmente emessa meno si sente l'effetto "growl", questo a causa del fatto che le due note si somigliano e quindi non c'è "rottura", non c'è modulazione del suono.

Ma veniamo alla pratica: questa che segue è una semplice frase suonata con la tecnica in questione: frase growl

Per capire meglio la struttura del suono ho rieseguito la stessa frase posizionando però il microfono a contatto della gola ed è uscito questo: growl gola

Buffo vero?

E' chiaro che questo versaccio viene mascherato dal volume della nota reale e all'ascolto non si nota ma è proprio quel versaccio, "cantato" a distanza molto approssimativa di 5°, che si risolve nel "growl" per chi ascolta.

Le note basse sono un poco più difficili, le acute invece vengono un poco più facili, graffiando i sovracuti poi viene fuori qualcosa che ci ricorda molto David Sanborn, (almeno sul contralto): David Sanborn

Questa cosa ovviamente si può sfruttare anche per ottenere effetti diversi, di diversa intensità, "cantando nello strumento" le cose più disparate.

Abbiamo detto che il growl fa parte della storia del jazz, ma in particolare del jazz delle origini e di quello d'avanguardia.

Stranamente infatti è poco usato nel periodo che va dal Be-bop all'hard-bop, saltando quindi il jazz modale (tranne quando questo si riavvicina al free), il cool, la "third stream" con le varie ramificazioni.

Possiamo dire che quasi tutti i tenoristi pre-bop usavano spesso e volentieri il growl, spesso verso la fine degli assolo, Coleman Hawkins in testa.

Tutti tranne Lester Young, acerrimo rivale di Hawkins nelle notti di Kansas e che infatti è stato antesignano del movimento Be-bop, del sax moderno in generale e idolo musicale ed umano di Parker nella fattispecie.

La caduta in disuso, seppur parziale, di questa tecnica è dovuta forse al fatto che con l'avvento del bop è maturata nei musicisti una nuova conoscenza dello strumento ed un nuovo concetto di artista, teso alla ricerca di una maggiore estetica del suono e dell'esecuzione, concetto tutto sommato più occidentale e "bianco".

Non a caso questo accade quando i musicisti neri, superata la fase "folkloristica", iniziano a diventare un buon investimento discografico, diventano cioè "professionisti dell'arte di fare musica".

Questo modo di suonare resta vivo in quella corrente stilistica chiamata "main stream" e che parte da Coleman Hawkins e Herschel Evans per proseguire con Illinois Jacquet, Buddy Tate, Arnett Cobb, questi ultimi tutti texani (o cresciuti in Texas) da qui anche la denominazione "texas sound".

E non è un caso che il growl appa di nuovo in modo prorompente (insieme ad una esplorazione esasperata dell'estremo acuto) negli anni '60, quando si mette in atto una rivalutazione della "negritudine", anche in campo musicale; ci si ricollega alla madre Africa, si riprendono e rielaborano le tradizioni blues in chiave più libera e selvaggia, si rifiuta il gusto Europeo e "bianco" più in generale.

E quale tecnica se non il growl magari insieme ai multiphonics ed ai sovracuti può esprimere meglio sentimenti come rabbia ed esasperazione?

Esponenti di questo movimento, limitandoci ai saxofonisti, sono Roscoe Mitchell e Joseph Jarman (Art Ensemble of Chicago), Albert Ayler, Archie Shepp, Pharoah Sanders, solo per citarne alcuni.

Ma ovviamente il growl, (anche se un pò più "annacquato") viene usato anche in altri contesti, per esempio nel rock, nel funky o nella musica leggera.

Per finire questa parte, una riflessione: rileggendo quello che ho appena scritto noto come i nomi che citati siano per lo più di tenoristi.

In effetti pensandoci bene questa tecnica sembra molto poco usata dagli altoisti, chissà perché?…forse il sax alto rimane più intrinsecamente legato ad un idea stilistica più "classica", più tecnica che "sanguigna", più…..europea?!

Multiphonics
I suoni multipli rappresentano un approccio strumentale decisamente intrigante, l'idea di produrre più note simultaneamente su uno strumento monofonico ha un indubbio fascino, forse anche più dei sovracuti.

In realtà il loro utilizzo è meno elastico di questi ultimi, ma decisamente molto coloristico.

Il modo più facile per ottenerli e con diteggiature particolari, che servono a frazionare la colonna d'aria, come per i sovracuti e gli armonici.

Ma mentre per questi ultimi noi ci impostavamo per isolare una certa frequenza ed esaltarla a ruolo di nota, nell'esecuzione dei suoni multipli dobbiamo fare esattamente l'opposto, cioè far suonare più suoni parziali possibili.

Ne otteniamo quindi un accordo o male che va, un suono composito e molto d'effetto.

Nell'esecuzione dei suoni multipli dobbiamo allentare leggermente la pressione sull'ancia e cercare di aprire il più possibile il cavo orale, ritraendo la lingua.

Vediamo qualche posizione e come suona:

               

Audio Audio Audio Audio Audio

Anche in questo caso, come per i sovracuti, esistono varie posizioni, alcune facili altre no, alcune funzionano per me, altre no ma magari funzionano per qualcun altro, a causa del setup, dell'impostazione, dello strumento ecc..

Queste sopra sono le più comuni, le più "universali" direi, potete trovarne altre semplicemente facendo una ricerca su un motore tipo www.google.it e digitando come chiave di ricerca multiphonics+sax.

Vedrete quanto materiale, utile e inutile, uscirà fuori.

L'altro modo per eseguire i suoni multipli è quello che si basa sull'emissione degli armonici.

Se eseguiamo degli armonici (vedi articolo "I sovracuti") e riusciamo ad infilarci tra un armonico e l'altro lasciando suonare più note possibili otteniamo dei multiphonics molto interessanti, più morbidi e omogenei dei precedenti ma sicuramente più difficili da controllare non essendo legati ad una diteggiatura, pur strana, ma frutto della sensibilità del nostro imboccare lo strumento: multiphonics da armonico

Provate a farlo, anche se non utilizzerete mai questa tecnica nei vostri soli è comunque un buon esercizio, come per gli armonici, per maturare la giusta sensibilità sullo strumento.

Ricordo come una delle incisioni che mi ha cominciato a far venire il pallino del saxofono è stata l'intro di "Eternal caravan of reincarnation" dal disco Caravanserai di Carlos Santana, nel quale c'è un sax tenore (per la cronaca Hadley Caliman) che si diverte a suonare sui multiphonics e sugli armonici proprio in questo modo. Caravanserai

In chiusura vorrei parlare di un effetto derivato dai sovracuti e che mi è stato espressamente richiesto tempo fa.

Si tratta del cosiddetto "effetto sirena".

In realtà si tratta di un glissato eseguito sui sovracuti, utilizzando quelle posizioni che io definii nell'articolo precedente "di potenza", cioè frutto di una pressione maggiore sull'ancia e che usano poche chiavi, tendenzialmente meno precise ma più veloci come esecuzione.

La loro natura esecutiva legata alla pressione sull'ancia le rende perfette per l'effetto in questione, perché mollando la pressione viene molto facile creare questa discesa verso il basso che da appunto l'idea di un effetto sirena o effetto "doppler": effetto sirena

In questo esempio, dopo essermi proiettato sul Re sovracuto, ho glissato verso il basso mollando il labbro (mi sono aiutato chiudendo parzialmente la chiave del Fa acuto), per poi ricollegarmi alla posizione usuale del Sib sovracuto, chiudendo la frase sul Mi con un classico pattern funky.

Viene spesso usato in soli in ambito rock, jazz-rock o fusion, soprattutto dagli altoisti.

Ricordiamo David Sanborn, Chris Hunter, Marc Russo, pirotecnico saxofonista degli Yellow Jackets del primo periodo, un vero mostro dei sovracuti.

Per concludere vorrei qui proporvi un altro ascolto che riassume un po' tutto quanto detto fino ad ora e oltre, nel senso che nel brano che segue è racchiuso un campionario di armonici, multiphonics, growl, sovracuti, quarti di tono, tutti insieme combinati tra loro.

Si tratta del solo di Jan Garbarek nel brano "Beast of Kommodo" ("Afric Pepperbird" ECM 1007, "Works" ECM), sentite che roba: Jan Garbarek Solo

Ovviamente questo genere può non piacere ma resta comunque un esempio impressionante delle possibilità espressive del saxofono.

Chiudo qui sperando di esservi stato utile e vi do appuntamento alla prossima.

Ciao ...



Zast
Nebuloso







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COMMENTI
Inserito il 27/4/2011 alle 21.53.02 da "pietro.savatarelli"
Commento:
ho inziato da 3 anni a studiare il sax tenore perchè è uno strumento che mi ha sempre affascinato.sto studiando a spron battuto e leggo qulsiasi cosa sul sax, questa tua lezione è affascinante ti ringrazio per tutto quello che ci trsmetti tanto più per me che ho settantaduenni. grazie
 

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Data pubblicazione: 01/02/2003

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