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Vibrato, articolazione e slap
di Fabio Tullio
ftullio@everyday.com

Ciao a tutti.

Parliamo in questo articolo di alcuni aspetti dell'emissione che concorrono a modificare l'aspetto e la qualità del nostro suono, rendendolo, a seconda dei casi, più bello, più aggressivo, più "strano" o anche, perchè no....più "brutto".

Non potevamo che iniziare col vibrato.

Il vibrato è, in sostanza, una modulazione dell'intonazione (e quindi della frequenza) della nostra nota, in quantità pero non udibile distintamente, ovvero nell'ascoltare un buon vibrato non dobbiamo avere la sensazione di una nota che "stoni ciclicamente".

A questa modulazione del pitch si accompagnano anche una certa modulazione in ampiezza e timbrica, componenti non quantificabili ma che concorrono a definire la qualità del nostro vibrato.

Si esegue effettuando degli spostamenti verticali dei denti inferiori, in pratica "masticando" leggermente, chiudendo ed aprendo lo spazio tra l'ancia e la punta del bocchino, variando così la portata della colonna d'aria che immettiamo nello strumento ma sopratutto il pitch della nota: perchè stringendo ed allentando, seppur in maniera leggerissima, flettiamo l'ancia e sappiamo che questo determina uno spostamento verso l'alto o verso il basso (a seconda del movimento) dell'intonazione.

Tale spostamento deve essere, come già detto, inudibile in maniera definita, noi sappiamo che c'è ma se è nelle giuste proporzioni ci regala un bel vibrato, colorando in positivo la nostra nota, se eccessivo, ovvero se lo spostamento del pitch è chiaramente udibile e definibile diventa qualcosa dall'aspetto "caprino", decisamente poco desiderabile (fermo restando il fatto che può rappresentare comunque un "effetto", tant'è che Phil Woods e Sonny Rollins, solo per citarne due, ogni tanto ne fanno uso).

Un buon vibrato andrebbe eseguito, partendo dalla nostra posizione abituale, rilasciando e stringendo, rilasciando e stringendo... avendo cura dopo il rilascio di tornare nella nostra posizione corretta ed intonata.

Esempio audio vibrato

Si può anche effettuare un doppio movimento, oltrepassando in alto il pitch corretto della nota rendendola quindi alternativamente calante e crescente, calante e crescente.....etc.

Questo presuppone una imboccatura rilassata (che è poi quella consigliabile e giusta), perchè se abbiamo una impostazione troppo "stretta" difficilmente avremo margine per far salire la nota, specialmente sugli acuti e comunque la cosa ci costerebbe molta molta fatica.
Un aspetto essenziale del vibrato è la frequenza delle oscillazioni.
Generalmente si assume un valore indicativo di 300 vibrazioni al minuto.
Ad esempio per un Bpm=80 possiamo eseguire 300/80 = 3.75 oscillazioni per quarto, con Bpm=60 ovviamente prenderemo come riferimento 300/60 = 5 per quarto.
E' chiaro che se 300 è un valore indicativo il risultato di un operazione del tipo 300/80 = 3.75 lo è ancora di più.
Non dobbiamo certo metterci a fare calcoli del genere mentre suoniamo, l'importante è afferrare l'andamento, il "suono" del vibrato sulla nota e sulla frase, poi se la somma delle vibrazioni darà 330 o 270 al minuto non ne faremo certo un problema.

Quello che conta è sempre la musicalità dell'esecuzione, ad esempio spesso nel jazz si usa vibrare più lentamente, specialmente nelle ballads. Resta quindi uno strumento da usare a propria discrezione.
Confrontate ed imitate il vibrato di esecutori diversi, Rollins e Stan Getz ad esempio, Cannonball e Paul Desmond e così via. Scoprirete in quanti modi diversi si può eseguire. Tanto per cominciare in musica classica, contrariamente a quanto si pensa, il vibrato va usato con molta parsimonia, tanto che spesso risulta quasi impercettibile.

Ascoltiamo un frammento del concerto in Mib per sax alto ed orchestra di Glazunov:

Esempio vibrato Concerto in Mib di Glazunov

Nel jazz invece il suo utilizzo è molto più vario e articolato, legato in parte agli stili ed ai periodi storici oltre che al momento espressivo del singolo musicista.

Ascoltiamo il vibrato bello e sensuale di Lester Young (I'm confessin con O. Peterson, B. Kessel, R. Brown, J.C. Heard)

Esempio vibrato Lester Young

Oppure quello maschio e già un po' più compatto di Sonny Rollins (There is no greater Love con Ray Brown e Shelly Manne)

Esempio vibrato Sonny Rollins

Cannonball ne fa un uso maggiore e ben evidente (Flamenko Sketches alt. Take da Kind of Blue)

Esempio vibrato Cannonabll Adderley

Steve Lacy preferisce a volte tenere le note dritte ed applicare un leggero e cortissimo vibrato in uscita. (Art da Findings, il suo doppio cd didattico, con Bobby Few)

Esempio vibrato di Steve Lacy

Ecco infine un breve esempio di vibrato "pecoreccio" eseguito ovviamente in modo volontario e utilizzato a fini espressivi da David Liebman (In the mean time da Trio + one con Dave Holland, Jack De Johnette e Caris Visentin oboe)

Esempio vibrato Dave Liebman

Da questi brevi ascolti si capisce come il modo e i tempi del vibrato siano legati strettamente allo stile del musicista, anzi il vibrato stesso è una componente essenziale del sound di tutti i saxofonisti.

L'unica regola che si può dare è quella di non vibrare contemporaneamente all'attacco della nota ma di lasciarla dritta per un breve lasso di tempo prima iniziare a vibrare.

Ricordiamoci infine che nell'esecuzione di un buon vibrato è più che mai fondamentale il controllo del flusso d'aria che deve essere omogeneo, definito e costante nella portata e noi sappiamo che questo si ottiene solo con una corretta e ben padroneggiata respirazione diaframmatica.

Non mi stancherò mai di ricordare questo aspetto "essenziale" dell'emissione: fate in modo di respirare sempre col diaframma, anche quando non suonate, esercitatevi a farlo sull'autobus, a scuola, mentre guidate, vi farà bene comunque come tecnica di rilassamento e concentrazione (pensate a quanto è importante la respirazione nel training, nello yoga etcc) ma, sopratutto arriverete al punto in cui respirerete naturalmente usando il diaframma e questo farà si che quando sarete alle prese con una parte difficile, da leggere e da suonare, avrete un problema risolto alle spalle e non un qualcosa in più da ricordare.

Infine vediamo, e sentiamo, una piccola lista delle cose che, normalmente accadono quando si inizia lo studio del vibrato e che non bisogna fare (pur tenendo conto che in ogni caso il fine espressivo consente qualsiasi cosa):

Evitiamo un vibrato: troppo accentuato         troppo veloce         irregolare


L'articolazione
Se ci pensate bene, ciò che distingue un saxofonista dall'altro oltre al timbro ed alle scelte armonico-melodiche in fase di improvvisazione è ciò che si chiama articolazione, ovvero il modo in cui concepisce l'esecuzione di una frase.

Stiamo parlando del susseguirsi di staccati-legati-inflessioni-acciaccature-abbellimenti etc, combinati tra loro in modo diverso e personale per ogni esecutore.

Parleremo qui di staccato, legato, accento.

Il legato è semplice, credo che non abbia bisogno di molte parole, le note si susseguono senza soluzione di continuità, con un unico fiato, come vedremo sotto nel gruppo di esempi dedicato allo staccato.

Lo staccato è il modo di eseguire una serie di note facendo in modo che siano separate tra loro da una piccolissima pausa e che quindi ogni nota venga "chiamata" come si dice in gergo, ovvero ogni nota ha un suo attacco che la separa dalla precedente.
L
'attacco in oggetto viene eseguito iniziando l'emissione con il "colpo di lingua", ovvero passando da volume zero al volume desiderato in maniera repentina.
I
l colpo di lingua si esegue bloccando la punta dell'ancia con la punta della lingua e ritraendo questa repentinamente contestualmente all'immissione dell'aria. E' il movimento che fate naturalmente pronunciando la sillaba "ta".
Provate a iniziare una bella nota lunga e pronunciate ta, ta, ta in successione, otterrete una bella serie di note staccate.
Provate diverse intensità del colpo di lingua, in termini di forza e frequenza.

Esempio staccato (Ta Ta Ta)

Provate anche a pronunciare sillabe diverse (tu, te, to, ti) scoprirete come la qualità del vostro suono subisca delle piccolissime variazioni timbriche e nel pitch molto interessanti. Questo perchè le diverse vocali portano il labbro inferiore ad assumere posture leggermente diverse.

Distinguiamo tre tipi di staccato, a seconda della durata della nota (una volta attaccata col colpo di lingua).

Un esempio chiarirà meglio la faccenda. Per cominciare, qui abbiamo un frammento di scala eseguito legato:


Ascolta audio

Attaccheremo la prima nota della frase con un colpo di lingua e terremo un unico fiato fino alla fine della legatura, senza "chiamare" le note poste sotto di essa.

Qui abbiamo lo stesso esempio eseguito staccato:


Ascolta audio

Attaccheremo la prima nota col colpo di lingua e così anche per le successive, nella scrittura jazz in questi casi può apparire sulla nota il trattino

 

ad indicare che la nota va staccata ma mantiene il suo intero valore, questo per distinguere questo tipo di esecuzione da quella che segue...

...ovvero lo staccato corto (o puntato)


Ascolta audio

come sopra ma la nota viene troncata subito dopo l'attacco durando circa la metà del suo valore..
Possiamo trovare indicata questo tipo di esecuzione con sulla nota il puntino o la cuspide, è la stessa cosa.
Da notare come nei due esempi precedenti l'attacco della nota sia lo stesso, quello che cambia è la durata, il trattino il puntino e la cuspide non indicano quindi l'attacco della nota ma quanto tempo questa deve durare.

Qui invece abbiamo una via di mezzo ovvero lo staccato-legato:


Ascolta audio

In questo caso attaccheremo la prima nota col solito colpo di lingua mentre le successive le "chiameremo" leggermente con un leggero tocco dato con la punta della lingua ma senza interrompere l'emissione e quindi senza creare pause tra una nota e l'altra.
L
a frase risulta così legata ma con le note che la compongono distinte l'una dall'altra.

L'accento si indica col simbolo > e ci dice che la nota sulla quale è posto va enfatizzata rispetto alle altre, va suonata in sostanza ad un volume maggiore e con un attacco leggermente più definito.
Generalmente quindi l'accento viene associato allo staccato e quindi una nota accentata va sempre attaccata col colpo di lingua, a meno che non ci troviamo di fronte ad un accento sotto legatura, cosa poco frequente ma possibile e plausibile.
Tipico utilizzo dell'accento è in associazione alla sincope:


Ascolta audio

Nell'esempio sopra il simbolo di accento appare combinato col punto. Infatti tutti i segni sin qui illustrati possono combinarsi tra loro a rendere ancora più vario e interessante il modo di eseguire i nostri fraseggi o semplicemente un tema.

Vediamo in una tabella riassuntiva i segni principali e alcune combinazioni

Staccato corto (o puntato), la nota viene attaccata col colpo di lingua ma la sua durata è breve, circa la meta del valore scritto

Staccato intero valore, in questo caso chi ha scritto la parte vuole essere certo che noi eseguiamo la nota attaccandola con il colpo di lingua tenendone, a differenza dell'esempio precedente, l'intera durata

Accento, la nota viene eseguita staccata e con volume superiore alle altre, viene quindi enfatizzata.

Accento intero valore, come sopra si vuole essere certi che la nota venga mantenuta per tutto il suo valore.

Accento corto, la nota va accentuata ma la durata è dimezzata, come nel puntato.

Accento legato, la nota accentata viene enfatizzata come nell'accento normale ma non viene attaccata, bensì rimane legata alla precedente.

 

Staccato legato, la nota col punto dimezza il suo valore ma non viene attaccata, bensì rimane legata alla precedente.

E' possibile richiamarla un po' con un leggero tocco di lingua.

In questa sede ho tralasciato tutta un'altra serie di simboli e tecniche che possiamo annoverare nella categoria abbellimenti (trilli, gruppetti, acciaccature, mordenti, etc..) i quali pur facendo parte molto raramente della scrittura jazzistica, nella pratica esecutiva vengono spesso usati.
Questa omissione è dettata dalla constatazione che il loro utilizzo nel jazz è legato esclusivamente al contesto espressivo e spesso è diverso come intenzione dal concetto classico.
Ciò non significa che la corretta e accademica interpretazione di questi simboli non sia importante, ma diciamo che basta prendere qualsiasi metodo per saxofono (il buon vecchio Giampieri ad esempio) per averne una già sufficiente conoscenza teorica.

Qualche considerazione: questo tipo di notazione viene utilizzata generalmente (ma non sempre) nella scrittura per big bands, dove le sezioni fiati debbono arrivare velocemente allo stesso concetto esecutivo della parte.
Nelle trascrizioni dei soli (prendete ad esempio l'omnibook di Parker o le trascrizioni di Coltrane), nei metodi di studio, nei testi contenenti patterns etc…troverte molto poco di tutto questo.

Q
uesto per due motivi:

  1. perché la varietà ed il succedersi delle articolazioni (specialmente nei fiatisti) sono talmente varie che il trascriverli tutti fedelmente è impresa impossibile e, in ogni caso, darebbe vita ad una parte che assomiglierebbe più ad una tavoletta sumera in cuneiforme che ad uno spartito, in parole povere illeggibile.
     
  2. perché lo sforzo didattico deve essere sempre teso a favorire l'apprendimento del lessico, musicalmente e stilisticamente. Ridurre lo studio dei soli di Coltrane ad un esercizio di lettura serve a poco ai fini dell'apprendimento del linguaggio jazzistico.

Molto si potrebbe parlare in merito al discorso articolazione, proprio perché nell'articolazione è racchiuso il segreto dello stile personale, dello swing, del fraseggio fluido e professionale.
A chi volesse approfondire, oltre al solito mai abbastanza ripetuto consiglio di suonare sui dischi trascrivere e copiare i grandi, consiglio di allenarsi a leggere sui volumetti della collana "
Jazz conceptions" nei livelli Basic ed Advanced di Lennie Niehaus.
 

Lo Slap
Chiudo l'articolo mantedendo una promessa fatta via email ai tanti di Voi che mi hanno chiesto dello slap.
Questo può essere considerato una variante del colpo di lingua, poco usata ma divertente.
Si trova raramente in qualche parte di musica classica ed è stato usato a volte da qualche saxofonista specie nel jazz di ricerca.

Proviamo.

Avanzate leggermente coi denti inferiori, portate la lingua sotto l'ancia ma di piatto, in modo da prenderne tutta la parte che vibra.
Stringete con i denti, premete sull'ancia con la lingua stessa fino a chiudere il bocchino: l'ancia deve adagiarsi tutta sulla curva, provate a soffiare in questa posizione, non deve passare aria.
D
a questa (scomoda) posizione ritraete violentemente la lingua verso il basso, l'effetto dovrebbe essere qualcosa che ricorda il cavatappi!!!! ovvero:

Esempio 1 di SLAP

Lo slap ha una funzione ovviamente percussiva ma non solo, dato che la depressione che si crea nello strumento all'atto del rilascio da allo schiocco una leggera intonazione.

Esempio 2 di SLAP

Se poi aggiungiamo un filino d'aria...

Esempio 3 di SLAP

Se aggiungiamo invece tanta aria...

Esempio 4 di SLAP

Divertente no?

Buon divertimento e alla prossima!

Nel prossimo articolo cercherò di esaudire altre Vostre richieste parlando di graffiato (growl), multiphonics ed "effetto sirena".

Ciao,
Fabio


Zast
Nebuloso







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COMMENTI
Inserito il 1/11/2010 alle 12.44.18 da "chetipo2"
Commento:
Ottima lezione. Potresti pubblicare una serie di lzione su youtube?
Grazie
 
Inserito il 5/9/2011 alle 20.25.14 da "fede-rico97"
Commento:
Scusa ma hai già fatto qualche lezione su come produrre i suoni armonici e delle loro relative posizioni??
 

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Data pubblicazione: 08/08/2002

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