Ciao a tutti.
Parliamo in questo articolo di alcuni aspetti
dell'emissione che concorrono a modificare l'aspetto e la qualità del nostro
suono, rendendolo, a seconda dei casi, più bello, più aggressivo, più
"strano" o anche, perchè no....più "brutto".
Non potevamo che iniziare col
vibrato.
Il vibrato è, in sostanza, una modulazione
dell'intonazione (e quindi della frequenza) della nostra nota, in
quantità pero non udibile distintamente, ovvero nell'ascoltare un buon vibrato non
dobbiamo avere la sensazione di una nota che "stoni ciclicamente".
A questa modulazione del
pitch si accompagnano anche una
certa modulazione in ampiezza e timbrica, componenti non quantificabili ma che
concorrono a definire la qualità del nostro vibrato.
Si esegue effettuando degli spostamenti verticali dei
denti inferiori, in
pratica "masticando" leggermente, chiudendo ed aprendo lo spazio tra
l'ancia e la punta del bocchino, variando così la portata della colonna d'aria
che immettiamo nello strumento ma sopratutto il pitch della nota: perchè
stringendo ed allentando, seppur in maniera leggerissima, flettiamo l'ancia e
sappiamo che questo determina uno spostamento verso l'alto o verso il basso (a
seconda del movimento) dell'intonazione.
Tale spostamento deve essere, come già detto, inudibile in maniera definita, noi sappiamo che c'è ma se è nelle giuste
proporzioni ci regala un bel vibrato, colorando in positivo la nostra nota, se
eccessivo, ovvero se lo spostamento del pitch è chiaramente udibile e definibile
diventa qualcosa dall'aspetto "caprino", decisamente poco
desiderabile (fermo restando il fatto che può rappresentare comunque un
"effetto", tant'è che Phil Woods e Sonny Rollins, solo per citarne
due, ogni tanto ne fanno uso).
Un buon vibrato andrebbe eseguito, partendo
dalla nostra posizione abituale, rilasciando e stringendo, rilasciando e
stringendo... avendo cura dopo il rilascio di tornare nella nostra
posizione corretta ed intonata.
Esempio audio vibrato
Si può anche effettuare un doppio movimento,
oltrepassando in alto il pitch corretto della nota rendendola quindi
alternativamente calante e crescente, calante e crescente.....etc.
Questo presuppone una imboccatura rilassata
(che è poi quella consigliabile e giusta), perchè se abbiamo una impostazione
troppo "stretta" difficilmente avremo margine per far salire la nota,
specialmente sugli acuti e comunque la cosa ci costerebbe molta molta fatica.
Un aspetto essenziale del vibrato è la frequenza delle oscillazioni.
Generalmente si assume un valore indicativo
di 300 vibrazioni al minuto.
Ad esempio per un Bpm=80
possiamo eseguire
300/80 = 3.75 oscillazioni per quarto, con Bpm=60 ovviamente prenderemo come riferimento 300/60 =
5 per quarto.
E' chiaro che
se 300 è un valore indicativo il risultato di un operazione del tipo 300/80 =
3.75 lo è ancora di più.
Non dobbiamo certo metterci a fare calcoli
del genere mentre suoniamo, l'importante è afferrare l'andamento, il
"suono" del vibrato sulla nota e sulla frase, poi se la somma delle
vibrazioni darà 330 o 270 al minuto non ne faremo certo un problema.
Quello che conta è sempre la musicalità
dell'esecuzione, ad esempio spesso nel jazz si usa vibrare più lentamente,
specialmente nelle ballads. Resta quindi uno strumento da usare a propria discrezione.
Confrontate ed imitate il vibrato di
esecutori diversi, Rollins e Stan Getz ad esempio, Cannonball
e Paul Desmond e
così via. Scoprirete in quanti modi diversi si può
eseguire. Tanto per cominciare in musica classica,
contrariamente a quanto si pensa, il vibrato va usato con molta parsimonia,
tanto che spesso risulta quasi impercettibile.
Ascoltiamo un frammento del
concerto in Mib per sax alto ed orchestra di Glazunov:
Esempio vibrato Concerto in Mib di Glazunov
Nel jazz invece il suo utilizzo è molto più
vario e articolato, legato in parte agli stili ed ai periodi storici oltre che
al momento espressivo del singolo musicista.
Ascoltiamo il vibrato bello e sensuale di
Lester Young (I'm confessin
con O. Peterson,
B. Kessel, R. Brown, J.C. Heard)
Esempio vibrato Lester Young
Oppure quello maschio e già un po' più compatto
di Sonny Rollins (There is no greater Love
con Ray Brown e
Shelly Manne)
Esempio vibrato Sonny Rollins
Cannonball ne fa un uso maggiore e ben
evidente (Flamenko Sketches alt. Take
da Kind of Blue)
Esempio vibrato Cannonabll Adderley
Steve Lacy preferisce a volte tenere le note
dritte ed applicare un leggero e cortissimo vibrato in uscita. (Art
da Findings, il suo doppio cd
didattico, con Bobby Few)
Esempio vibrato di Steve Lacy
Ecco infine un breve esempio di vibrato
"pecoreccio" eseguito ovviamente in modo volontario e utilizzato a
fini espressivi da David Liebman (In the mean time
da Trio + one con
Dave
Holland, Jack De Johnette e Caris Visentin oboe)
Esempio vibrato Dave Liebman
Da questi brevi ascolti si capisce come il
modo e i tempi del vibrato siano legati strettamente allo stile del musicista,
anzi il vibrato stesso è una componente essenziale del sound di tutti i saxofonisti.
L'unica regola che si può dare
è quella di
non vibrare contemporaneamente all'attacco della nota ma di lasciarla dritta
per un breve lasso di tempo prima iniziare a vibrare.
Ricordiamoci infine che nell'esecuzione di un
buon vibrato è più che mai fondamentale il controllo del flusso d'aria che deve
essere omogeneo, definito e costante nella portata e noi sappiamo che questo si
ottiene solo con una corretta e ben padroneggiata respirazione diaframmatica.
Non mi stancherò mai di ricordare questo
aspetto "essenziale" dell'emissione: fate in modo di respirare sempre
col diaframma, anche quando non suonate, esercitatevi a farlo sull'autobus, a
scuola, mentre guidate, vi farà bene comunque come tecnica di rilassamento e
concentrazione (pensate a quanto è importante la respirazione nel training,
nello yoga etcc) ma, sopratutto arriverete al punto in cui respirerete
naturalmente usando il diaframma e questo farà si che quando sarete alle prese
con una parte difficile, da leggere e da suonare, avrete un problema risolto
alle spalle e non un qualcosa in più da ricordare.
Infine vediamo, e sentiamo, una piccola
lista delle cose che, normalmente accadono quando si inizia lo studio del
vibrato e che non bisogna fare (pur
tenendo conto che in ogni caso il fine espressivo consente qualsiasi cosa):
Evitiamo un vibrato:
troppo accentuato
troppo veloce
irregolare
L'articolazione
Se ci pensate bene, ciò che distingue un saxofonista dall'altro oltre al timbro ed alle scelte armonico-melodiche in
fase di improvvisazione è ciò che si chiama articolazione, ovvero il modo in
cui concepisce l'esecuzione di una frase.
Stiamo parlando del susseguirsi di staccati-legati-inflessioni-acciaccature-abbellimenti etc, combinati tra loro
in modo diverso e personale per ogni esecutore.
Parleremo qui di staccato,
legato, accento.
Il legato è semplice, credo che non abbia
bisogno di molte parole, le note si susseguono senza soluzione di continuità,
con un unico fiato, come vedremo sotto nel gruppo di esempi dedicato allo
staccato.
Lo staccato è il modo di eseguire una serie
di note facendo in modo che siano separate tra loro da una piccolissima pausa e
che quindi ogni nota venga "chiamata" come si dice in gergo, ovvero
ogni nota ha un suo attacco che la separa dalla precedente.
L'attacco in oggetto viene eseguito iniziando l'emissione con il "colpo di lingua", ovvero passando da volume zero
al volume desiderato in maniera repentina.
Il colpo di lingua si esegue bloccando la
punta dell'ancia con la punta della lingua e ritraendo questa repentinamente
contestualmente all'immissione dell'aria. E' il movimento che fate naturalmente
pronunciando la sillaba "ta".
Provate a iniziare una bella nota lunga e pronunciate ta, ta,
ta in successione,
otterrete una bella serie di note staccate.
Provate diverse intensità del colpo di
lingua, in termini di forza e frequenza.
Esempio staccato (Ta Ta Ta)
Provate anche a pronunciare sillabe diverse
(tu, te, to, ti) scoprirete come la qualità del vostro suono subisca delle
piccolissime variazioni timbriche e nel pitch molto interessanti. Questo perchè le diverse vocali portano il
labbro inferiore ad assumere posture leggermente diverse.
Distinguiamo tre tipi di staccato, a seconda
della durata della nota (una volta attaccata col colpo di lingua).
Un esempio chiarirà
meglio la faccenda.
Per cominciare, qui abbiamo un frammento di scala eseguito legato:
Ascolta audio
Attaccheremo la prima nota della frase con un
colpo di lingua e terremo un unico fiato fino alla fine della legatura, senza
"chiamare" le note poste sotto di essa.
Qui abbiamo lo stesso esempio eseguito staccato:
Ascolta audio
Attaccheremo la prima nota col colpo di
lingua e così anche per le successive, nella scrittura jazz in questi casi può
apparire sulla nota il trattino
ad indicare che la nota va
staccata ma mantiene il suo intero valore, questo per distinguere questo tipo di
esecuzione da quella che segue...
...ovvero lo staccato corto (o puntato)
Ascolta audio
come sopra ma la nota viene troncata subito
dopo l'attacco durando circa la metà del suo valore..
Possiamo trovare indicata questo tipo di
esecuzione con sulla nota il puntino o la cuspide, è la stessa cosa.
Da notare come nei due esempi precedenti
l'attacco della nota sia lo stesso, quello che cambia è la durata, il trattino
il puntino e la cuspide non indicano quindi l'attacco della nota ma quanto
tempo questa deve durare.
Qui invece abbiamo una via di mezzo ovvero lo
staccato-legato:
Ascolta audio
In questo caso attaccheremo la prima nota col
solito colpo di lingua mentre le successive le "chiameremo" leggermente con un leggero tocco dato con la punta della lingua ma senza
interrompere l'emissione e quindi senza creare pause tra una nota e l'altra.
La frase risulta così legata ma con le note che la compongono distinte l'una
dall'altra.
L'accento si indica col simbolo >
e ci dice che la nota sulla quale è
posto va enfatizzata rispetto alle altre, va suonata in sostanza ad un volume
maggiore e con un attacco leggermente più definito.
Generalmente quindi l'accento viene associato allo
staccato e quindi una nota accentata va sempre attaccata col colpo di lingua, a
meno che non ci troviamo di fronte ad un accento sotto legatura, cosa poco
frequente ma possibile e plausibile.
Tipico utilizzo dell'accento è in associazione alla sincope:
Ascolta audio
Nell'esempio sopra il simbolo di accento
appare combinato col punto. Infatti tutti i segni sin qui illustrati
possono combinarsi tra loro a rendere ancora più vario e interessante il modo
di eseguire i nostri fraseggi o semplicemente un tema.
Vediamo in una tabella riassuntiva i segni
principali e alcune combinazioni
|
Staccato corto (o puntato), la nota viene
attaccata col colpo di lingua ma la sua durata è breve, circa la meta del
valore scritto
|
|
Staccato intero valore, in questo caso chi
ha scritto la parte vuole essere certo che noi eseguiamo la nota attaccandola
con il colpo di lingua tenendone, a differenza dell'esempio precedente,
l'intera durata
|
|
Accento, la nota viene eseguita staccata e
con volume superiore alle altre, viene quindi enfatizzata.
|
|
Accento intero valore, come sopra si vuole
essere certi che la nota venga mantenuta per tutto il suo valore.
|
|
Accento corto, la nota va accentuata ma la
durata è dimezzata, come nel puntato.
|
|
Accento legato, la nota accentata viene
enfatizzata come nell'accento normale ma non viene attaccata, bensì rimane
legata alla precedente.
|
|
Staccato legato, la nota col punto dimezza
il suo valore ma non viene attaccata, bensì rimane legata alla precedente.
E' possibile richiamarla un
po' con un
leggero tocco di lingua.
|
In questa sede ho tralasciato tutta
un'altra serie di simboli e tecniche che
possiamo annoverare nella categoria abbellimenti (trilli, gruppetti,
acciaccature, mordenti, etc..) i quali pur facendo parte molto raramente della
scrittura jazzistica, nella pratica esecutiva vengono spesso usati.
Questa omissione è dettata dalla constatazione che il loro utilizzo nel
jazz è legato esclusivamente al contesto espressivo e
spesso è diverso come intenzione dal concetto classico.
Ciò non significa che la corretta e accademica interpretazione di
questi simboli non sia importante, ma diciamo che basta prendere qualsiasi
metodo per saxofono (il buon vecchio Giampieri ad esempio) per averne una già
sufficiente conoscenza teorica.
Qualche considerazione: questo tipo di notazione viene utilizzata
generalmente (ma non sempre) nella scrittura per big bands, dove le sezioni
fiati debbono arrivare velocemente allo stesso concetto esecutivo della parte.
Nelle trascrizioni dei soli (prendete ad esempio l'omnibook di Parker
o
le trascrizioni di Coltrane), nei metodi di studio, nei testi contenenti
patterns etc…troverte molto poco di tutto questo.
Questo per due motivi:
- perché la varietà ed il succedersi delle
articolazioni (specialmente nei fiatisti) sono talmente varie che il
trascriverli tutti fedelmente è impresa impossibile e, in ogni caso, darebbe vita ad una parte che assomiglierebbe più ad
una tavoletta sumera in cuneiforme che ad uno spartito, in parole povere
illeggibile.
- perché lo sforzo didattico deve essere sempre teso a favorire l'apprendimento
del lessico, musicalmente e stilisticamente. Ridurre lo studio dei soli di Coltrane ad un esercizio di lettura serve a poco ai fini dell'apprendimento del
linguaggio jazzistico.
Molto si potrebbe parlare in merito al discorso articolazione, proprio
perché nell'articolazione è racchiuso il segreto dello stile personale, dello
swing, del fraseggio fluido e professionale.
A chi volesse approfondire, oltre al solito mai abbastanza ripetuto
consiglio di suonare sui dischi trascrivere e copiare i grandi, consiglio di
allenarsi a leggere sui volumetti della collana "Jazz conceptions" nei livelli
Basic ed Advanced di Lennie Niehaus.
Lo Slap
Chiudo l'articolo mantedendo una promessa
fatta via email ai tanti di Voi che mi hanno chiesto dello slap.
Questo può essere considerato una variante
del colpo di lingua, poco usata ma divertente.
Si trova raramente in qualche parte di musica
classica ed è stato usato a volte da qualche saxofonista specie nel jazz di
ricerca.
Proviamo.
Avanzate leggermente coi denti inferiori,
portate la lingua sotto l'ancia ma di piatto, in modo da prenderne tutta la
parte che vibra.
Stringete con i denti, premete sull'ancia con
la lingua stessa fino a chiudere il bocchino: l'ancia deve adagiarsi tutta
sulla curva, provate a soffiare in questa posizione, non deve passare aria.
Da questa (scomoda) posizione ritraete
violentemente la lingua verso il basso, l'effetto dovrebbe essere qualcosa che
ricorda il cavatappi!!!! ovvero:
Esempio 1 di SLAP
Lo slap ha una funzione ovviamente percussiva
ma non solo, dato che la depressione che si crea nello strumento all'atto del
rilascio da allo schiocco una leggera intonazione.
Esempio 2 di SLAP
Se poi aggiungiamo un filino d'aria...
Esempio 3 di SLAP
Se aggiungiamo invece tanta aria...
Esempio 4 di SLAP
Divertente no?
Buon divertimento e alla prossima!
Nel prossimo articolo cercherò di esaudire
altre Vostre richieste parlando di graffiato (growl), multiphonics
ed "effetto sirena".
Ciao,
Fabio
Inserisci un commento
©
2000-2002 Jazzitalia.net - Fabio Tullio - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
COMMENTI | Inserito il 1/11/2010 alle 12.44.18 da "chetipo2" Commento: Ottima lezione. Potresti pubblicare una serie di lzione su youtube? Grazie
| | Inserito il 5/9/2011 alle 20.25.14 da "fede-rico97" Commento: Scusa ma hai già fatto qualche lezione su come produrre i suoni armonici e delle loro relative posizioni??
| |
Questa pagina è stata visitata 92.475 volte
Data pubblicazione: 08/08/2002
|
|