In diretta da Umbria Jazz 2010
di Marcello Migliosi
Caldo, Calcio e Crisi, Tre "C" infernali,
ma Umbria Jazz va lo stesso
Perugia, 18 luglio 2010
"CCC", sta per caldo, crisi e calcio. Un micidiale trittico che
ha messo a dura prova una delle più grandi navi ammiraglie, della cultura "made
in Umbria", in Italia e nel Mondo. Umbria Jazz, nonostante la stasi economica le
temperature che sono oscillate tra i 35 e i 40 gradi e i Mondiali di calcio, ha
tenuto. «Dieci meno tre fa sette», ha detto il direttore artistico della
Fondazione, Carlo Pagnotta in conferenza stampa, facendo riferimento alla
programmazione. Due date che coincidevano con le partite finali dei mondiali di
calcio più l'appuntamento, gratuito, del Progetto Axè di chiusura. La flessione
registrata negli incassi - settecentomila euro per circa 30 mila paganti - trova
quindi una ragione, matematica, immediata. Per la prima volta, a memoria, durante
la conferenza stampa di chiusura, al tavolo erano presenti tutte le massime istituzioni
impegnate nel grande progetto della Fonazione Umbria Jazz che, proprio oggi, chiude
il suo primo anno di attività. Insieme a Carlo Pagnotta, la presidente della Regione,
Catiuscia Marini, il sindaco del Comune di Perugia, Wladimiro Boccali,
l'assessore al turismo della Provincia perugina, Roberto Bertini e il vicepresidente
della Fondazione stessa, Stefano Mazzoni. Le parole più "intense" sono proprio
arrivate dal Primo cittadino dell'Augusta Perusia: "Un festival come UJ -
ha detto - rafforza in noi la convinzione che Perugia sia, insieme ad Assisi,
la candidata giusta per diventare Capitale della Cultura. Umbria Jazz è uno degli
ambasciatori più forti e penetranti quando proponiamo Perugia nel mondo". La
Presidente Marini, dal canto suo, ha subito puntato l'indice contro chi,
come il Governo nazionale, ha deciso di tagliare i fondi per la cultura: "Tanti
festival - ha detto - il prossimo anno saranno destinati a scomparire, Umbria
Jazz no. Il Festival, che la Regione quando nacque quarant'anni fa, agevolò nella
sua nascita da una felice intuizione di Carlo Pagnotta, non vive di finanziamenti
ministeriali, come altri". Il Festival, infatti, vive per ben 1/3 del suo budget,
con l'incasso dei biglietti, poi sponsor privati e le Istituzioni, ma non il Ministero.
Marini ha anche detto che UJ "è la manifestazione che più si identifica con l'immagine
dell'Umbria e che per questo va difesa". "Anzi - ha aggiunto con forza
- sarà nostra cura puntare sempre di più affinché, nonostante le gravi difficoltà
economiche, la rassegna possa mantenere questa formula vincente e possa continuare
ad offrire una proposta artistica di questa levatura". Umbria Jazz, dunque,
è la "marca semantica" di una regione che, nel suo complesso, ha un ventaglio di
offerte turistiche da offrire di grande qualità. Marini ha concluso il suo intervento
tra gli applausi dicendo: "La cultura non va tagliata, ma rafforzata".
Roberto Bertini, assessore al turismo della Provincia di Perugia, non si è affatto
dimenticato di ricordare che, nel mondo, UJ è diventa anche un elemento di collocazione
territoriale per una piccola grande terra al Centro dell'Italia. "Il Festival
- ha detto - significa per il territorio 400 500 mila unità turistiche, le
ricadute economiche sono inevitabili e concrete". Dal punto di vista artistico,
fermo restando i concerti del Santa Giuliana a grande affluenza quali:
Mario Biondi,
Mark Knopfler,
Chick Corea,
Pat Metheny
e Sonny
Rollins, va registrata una forte crescita dell'attenzione e della presenza
di quelli che sono i concerti notturni e cosiddetti, di "nicchia". Oratorio Santa
Cecilia, Morlacchi...ma anche le varie location ricavate nei luoghi più suggestivi
della città. Un incremento che, per Carlo Pagnotta è una sorta di "tocca sana".
Si sa, per lui il jazz resta un "fenomeno circoscritto", ma non è più così. Se ad
ascoltare ed osannare
Sonny Rollins
ci sono i ragazzi di vent'anni, sarà proprio il caso che il Cavalier Pagnotta "ammetta"
che il tanto agognato ricambio generazionale tra il pubblico è cominciato! E che
dire poi del 25ennale delle Clinics, quest'anno tutto esaurito con 240 studenti,
più la consegna di tre lauree honoris causa a Bollani, Arbore e Hernandez.
Durante la conferenza stampa, Carlo Pagnotta ha esortato il sindaco
a trovare altri spazi per i concerti. Ha chiesto notizie del cinema teatro del Turreno
e del Lilli: "Tutti spazi - ha detto - che, interni alla città, potrebbero
essere utilizzati non solo da Umbria Jazz, ma anche per altre iniziative". Per
la verità la Città è in attesa del restauro definitivo della ex chiesa di San Francesco
al Prato, luogo dei grandi concerti degli anni ottanta. Ultima "ciliegina sulla
torta", in una conferenza stampa in cui, tra applausi e un po' di robusta autocelebrazione
- ma giustificata - è stata quella delle considerazioni di Andrea Romeo,
General manager di Festival of festival. "Da trentasette anni - ha
detto - siete 'viziati' perché avete un festival che rappresenta un grande livello
di eccellenza per la ricaduta e l'immagine che di sé e dell'Umbria fornisce nel
mondo. Pur avendo - ha sottolineato - un budget molto inferiore a tanti altri
festival più grandi. Siete - ha detto - una delle eccellenze italiane su
cui puntare nel futuro". Qualche altro dato in chiusura. Umbria Jazz, quest'anno,
ha richiamato 160 tra giornalisti e fotografi accreditati, con presenze anche da
Stati Uniti, Giappone, Serbia, Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Germania e Turchia.
Anche Musica Jazz prestigiosa testata giornalistica, per la prima volta al festival
con il suo Daily Jazz Magazine di grandissimo successo, ha contribuito insieme
agli altri partner a creare un sistema integrato di comunicazione che ci auguriamo
possa diventare per il Festival un importante punto di riferimento Come ormai ogni
anno anche il sito conferma l'attenzione per l'evento che solo nei 10 giorni della
manifestazione ha registrato più di 100.000 visite e 380.000 pagine visualizzate.
Altissima la percentuale di nuovi visitatori (circa il 67%) e cliccatissima la sezione
multimediale Video & Foto con gli highlight dei concerti realizzati da Città in
Internet, attraverso il suo staff Eventi WebLive. Anche i social network hanno dimostrato
forte interesse, dal canale umbriajazz10 di Youtube alla pagina Facebook. Le prossime
date sono quelle di Umbria Jazz Winter #18 ad Orvieto dal 29 dicembre 2010 al 2
gennaio 2011 e Umbria Jazz 11 a Perugia dall'8 al 17 luglio 2011.
Sonny Rollins ha suonato per oltre due
ore ad Umbria Jazz
Perugia, 17 luglio 2010
Un passo dopo l'altro, qualcuno ha cominciato a camminare...e
poi tutti gli altri! Il popolo dell'Arena ha voluto rendere omaggio così al "saxophone
colossus",
Sonny Rollins. Proprio in chiusura di concerto, dopo oltre due
ore, la gente, che non è riuscita a staccarsi da quell'uomo "antico" capace
di suonare ore e ore in piena estate senza perdere una goccia di sudore, l'ha raggiunto
sotto il grande palco del Santa Giuliana. Theodore Walter Rollins di Harlem
è l'ultimo dei grandi miti viventi del jazz, il sette settembre compirà ottant'anni.
E' consapevole che il popolo di Umbria Jazz lo ama e lui ha ricambiato con i mezzi
che ha: il suo sax tenore, tante note e tanta disponibilità. A Perugia si è presentato
con una band quasi tutta rinnovata, a parte Melbourne Robert Cranshaw al
basso, "on stage" c'erano Kobie Watkins alla batteria, Peter Bernstein
alla chitarra e Sammy Figueroa alle percussioni. Il quintetto ha suonato
davanti a circa quattromila persone per l'unica data italiana di Rollins, un "colpo"
del Cavalier Pagnotta! Ma le date, in realtà, anche in Europa non sono state tante,
solo tre. A Perugia era arrivato da qualche giorno ed è sembrato sereno e rilassato,
estremamente disponibile. Ha addirittura partecipato alla consegna delle lauree
honoris causa a Bollani, Arbore e Hernandez. Sul palco suona
senza sosta gli adorati calypso come la classica "St. Thomas" oppure la più
recente "Global Warming", che testimonia il suo credo ecologista, ma anche
ballad asciutte e virili, di cui è stato sempre maestro: temi come "In a sentimental
mood" di Ellington, oppure "I'm still looking for you". Da oltre cinquant'anni
sulla scena del jazz di lui scriveva così Miles Davis: « Sonny era una
leggenda, quasi un Dio per i musicisti più giovani. Molti pensavano che suonasse
al livello di Bird. Quello che posso dire io è che ci andava molto vicino. Era un
musicista aggressivo e innovativo con sempre nuove idee. Mi piaceva tantissimo come
strumentista ed era anche un grande compositore. Ma penso che più tardi Coltrane
lo abbia influenzato e gli abbia fatto cambiare stile. Se avesse continuato quello
che stava facendo quando lo conobbi, forse sarebbe oggi un musicista anche più grande
di quello che è - ed è un grande musicista». Un'ancia formidabile ancor'oggi,
un torrente in piena di note per un'improvvisazione "boppista" che ha ricordato
a tutti come lui, il Colosso, sia stato un grande innovatore del jazz moderno, sin
dagli anni Cinquanta chiunque suonasse un sax tenore voleva farlo come Sonny Rollins.
Eppure a vederlo salire sul palco nessuno crederebbe a tutta quella energia: passo
incerto, voce un po' flebile, ma poi dieci minuti ininterrotti di assolo, roba da
non credere. Lui con il sax tenore in mano ha la magia di fermare il tempo, ha il
jazz dentro fino alla più piccola cellula del suo corpo. Rollins è dotato di un
bagaglio unico di sicurezza, velocità, swing e spontaneità inventiva. A Perugia,
ieri sera, è stato ancora così. Il vecchio leone ora si accinge a partecipare ai
grandi festeggiamenti che si annunciano a New York, la sua città, per l'ottantesimo
compleanno: concerti, libri, conferenze. Intanto l'America gli ha tributato un grande
onore iscrivendolo nella lista esclusiva dei membri dell'American Academy of
Arts and Science. Quando lo ha saputo, Sonny ha detto che lo considerava un
onore tributato al jazz nel suo insieme.
Pat Metheny: il Suono dell'infinito
Perugia, 16 luglio 2010
Le note del pioniere della Synclavier Guitar,
Pat Metheny
e del suo "songbook", questo è il nome del tour del grande musicista del Missouri,
sono risuonate: era il cielo della notte sopra il Santa Giuliana. Umbria Jazz è
stata il palcoscenico scelto dal PMG per raccontare gli oltre trent'anni di storia
artistica del suo leader Pat. I brani suonati a Perugia, ma cambiano ad ogni
concerto, recano rigorosamente la firma di Metheny. Da "Phase Dance" ad "Have
you heard", da "The bat" a "James". Tutto per il suono dell'infinito.
Sul palco anche – e scusate se è poco – Lyle Mays alle tastiere, membro fondatore
del gruppo originario, Steve Rodby al contrabbasso e, ultimo arrivato, il
messicano Antonio Sanchez alla batteria.
Il Pat
Metheny Group di ieri sera è stato praticamente praticamente
perfetto. New age, rock, world music, colorati da suggestioni multietniche e aromi
latini. Tutto questo con un Metheny che tiene la scena utilizzando un arsenale
di chitarre su cui svetta - ed è sempre una magia ascoltarla - la "Picasso guitar"
con le sue 42 corde. Questione di gusti, direte voi, ma le autocelebrazioni sono
pur sempre autocelebrazioni e riascoltare un repertorio conosciuto
può sapere di stantio. Non è così! L'acme la si tocca, non solo con la 42 corde,
ma anche nei momenti in cui Pat imbraccia la sua Ovation. Ogni singola nota – un
po' soffice e un po' percossa – rappresenta la perfezione.
"Travels", "Proof" e poi "Jaco", i brani
"scivolano" via uno sull'altro, e si susseguono come i fotogrammi della storia di
Patrick Bruce Metheny. Anche se in formazione ridotta, quello che si ascolta è il
suono del
Pat Metheny Group e di nessun altro. Il gruppo ha sviluppato
negli anni uno stile decisamente riconoscibile, fatto di dense orchestrazioni spesso
unite al contrappunto classico e molto ibridato dalla world music, in special modo
quella sudamericana.
La serata all'Arena era però cominciata in modo assolutamente
singolare.
Renzo
Arbore, Stefano Bollani e Horacio "el negro" Hernandez,
in occasione del 25ennale dei seminari estivi del Berklee College Of Music di Perugia
hanno ricevuto tre lauree ad honorem, tutto questo alla presenza del "Colosso" del
sassofono,
Sonny Rollins.
Il grande Jazz: Chick Corea e la Freedom
Band
Perugia, 15 luglio 2010
Be bop, hard bop e swing, con formule di improvvisazione a volte
contrappuntistiche con un effetto ad "interplay" davvero formidabile, il tutto -
a volte - condito con lunghe frasi all'unisono tanto care ad Armando "Chick"
Corea. Il pianista di Chelsea ha suonato ieri sera con un quartetto di
"all star", prendendo per mano il pubblico di Umbria Jazz e guidandolo - finalmente
- nel cuore pulsante della musica nera. La sua Freedom band, è composta dal
batterista Roy Haynes - l'unico musicista al mondo ancora vivente che ha
suonato con Charlie "the bird" Parker - dal contrabbasista Christian Mcbride
e dall'alto saxophone, Kenny Garrett. Un'ora di grande jazz spaziando tra
i grandi brandi di Thelonius Monk, tipo "Monk's dream", e classici come "A
Nightingale sang in Berkeley square". Proprio Garett ha dato al gruppo quella
venatura free con frequenti passaggi dodecafonici o a matrice, per lo meno,
harboppista, forte dell'indubbia influenza che ha avuto su di lui Miles Davis con
il quale ha suonato per tanti anni. Corea ha dimostrato grande lirismo anche
nei brani firmati da
Bud Powell, come ad esempio "Bouncing with Bud". Prima della
Freedom Band, sul palco, ha suonato Julian Lage con il suo gruppo.
"Enfant prodige", giovanissimo con la chitarra duettava con Carlos Santana,
ci è però apparso ancora molto acerbo. Quando tredici anni fa il giovane chitarrista
originario di San Francisco muoveva i primi passi nel mondo musicale si parlava
di lui come un prodigio, e in breve iniziarono ad arrivare oltre al successo anche
le offerte di contratto di numerose case discografiche. Lage rifiuta, e decide di
lavorare come side man con Gary Burton e collaborare con il pianista contemporaneo
Taylor Eigsti. Il suo è uno stile unico che mixa blues, musica classica, folk e
jazz ed è, forse, proprio questa indecisione su quale stile scegliere che ancora
non lo rendono adatto a platee come quelle dell'Arena Santa Giuliana. Godibili,
in ogni caso, brani come "Margaret" e "Cocoon", ma anche "Odeto
Elin" e "Butter eggs". Intanto, oggi, il sindaco di Perugia, Wladimiro
Boccali ha ricevuto a Palazzo dei Priori il preside del Berklee College of music
di Boston, Roger Brown, che era accompagnato dal direttore artistico, nonché
presidente dell'Associazione Umbria Jazz Clinics, Carlo Pagnotta. Brown è
il terzo presidente del college americano, fondato nel 1945. Si trova a Perugia
perché quest'anno viene celebrato il venticinquesimo anniversario dei seminari che
la prestigiosa istituzione di Boston tiene in concomitanza con il festival. L'anniversario
sarà solennizzato questa sera con il conferimento di una laurea ad honorem a
Renzo Arbore, presidente della Fondazione Umbria Jazz.
Umbria Jazz con The Manhattan Transfer,
Randy Crawford e la piccola "Grande" Yanofsky
Perugia, 13 luglio 2010
La voce umana resta il migliore tra gli strumenti musicali! Ha
un suo filo diretto con l'anima più profonda dell'artista, capace di raccontare
emozioni, sogni e silenzi della vita di un cantante. Ad Umbria Jazz il programma
di ieri sera ha offerto proprio questo. I
Manhattan
Transfer gigante tra i gruppi vocali bianchi della storia del jazz,
ha riservato anche una piacevolissima sorpresa. In chiusura una jam session con
Chick Corea che con il celebre quartetto ha suonato "Free samba".
Non è una novità diranno i più esperti visto che l'ultimo cd dei TMT è proprio dedicato
ai brani del grande pianista. Ma sentirli insieme è un evento ed anche questo è
Umbria Jazz. Vocalità' di classe con i quattro MT ed un programma che ricicla per
il canto un repertorio che dire eclettico è poco passando da Count Basie a Miles
Davis (un rifacimento di Tutu) dal r&b alla fusion degli Spyro Gyra e naturalmente
ai brani identitari del gruppo come Brazil o Birdland. La sorpresa
positiva è stata una Randy Crawford strepitosa, accompagnata impeccabilmente
dal trio di Joe Sample. Performance asciutta, rigorosa ma emotivamente coinvolgente
la sua, onorata da una voce che ha pochi eguali e che talvolta in passato è stata
messa a rischio da problemi ed eccessi. Ha cantato Street life, tormentone
tv sotto forma di spot di un aperitivo, ma anche una versione splendida di Everybody's
talking. Probabilmente ad una prestazione così limpida non è estranea la saggia
mano di Sample. Ma evento tra gli eventi la rivelazione del jazz. Una ragazzina
di 16 anni Nikki Yanofsky. Lei studia alla scuola St. George di Montreal
e canta jazz. Il mondo l'ha vista in tv perché ha partecipato alle cerimonie di
apertura e chiusura delle Olimpiadi invernali di Vancouver. Il più ridotto microcosmo
del jazz si è accorto di lei per la partecipazione ad un disco celebrativo di Ella
Fitzgerald. Nikki aveva 13 anni ed è quindi detentrice del primato della più giovane
jazz singer fatta incidere dalla Verve. A 16 anni si può amare il jazz dei tempi
andati e Nikki è senza dubbio una vocalist assolutamente tradizionale sia per il
repertorio che per il modo di cantare. Il suo riferimento è la storia che però ripercorre
con la freschezza dei 16 anni. Sul palco ha l'aspetto da teenager alla festa del
liceo ed una voce argentina che denuncia l'età.
Il "Bass Popping" del maestro Marcus Miller,
in un tributo a Miles Davis con "Tutu Revisited", ma c'è dell'altro
Perugia, 12 luglio 2010
I mondiali di calcio, oltre non portare fortuna all'Italia, si
sono messi di traverso anche rispetto al programma di Umbria Jazz. Gli organizzatori,
però, hanno saputo reagire d'astuzia. Un maxi schermo e, nel cambio palco tra i
concerti dell'East Park reggae Collective e del bassista statunitense,
Marcus Miller,
chi ha voluto ha potuto persino seguire la parte finale dei campionati del mondo.
Il bassista newyorkese ha dedicato il suo "Tutu revisited, the music of Miles
Davis", al grande e indimenticato trombettista di Alton. L'album fu dedicato
allora, da Miles, all'arcivescovo di Pretoria, Desmond Tutu. Alla realizzazione
di quello che viene considerato una sorta di manifesto del techno-jazz, Miller partecipò
anche nelle vesti di compositore e produttore, offrendo un contributo sostanziale
alla riuscita dell'album. Oggi, a distanza di oltre vent'anni, il musicista di Brooklyn
ha riproposto all'Arena Santa Giuliana, in chiave personale, alcuni brani di quell'ormai
storico disco, a cominciare dalla "title track" e proseguendo con altri gioielli
come "Portia" e "Splatch". Ad accompagnare
Marcus Miller
c'erano; Sean Jones alla tromba, Alex Han al sax, Federico Gonzalez
Pena alle tastiere e Louis Cato alla batteria. Miller va annoverato tra
i grandissimi del basso elettrico, insieme a Stanley Clarke e
Jaco Pastorius.
Vincitore di numerosi Grammy Award é considerato uno dei maestri del funk, per il
suo stile personale di suonare il basso, soprannominato con l'appellativo di 'the
superman of soul'. Miller confezionò (nel 1986)
un prodotto da Grammy (infatti lo vinse l'anno seguente). Il remake presenta la
stessa cura, ma naturalmente bisogna superare il disagio di sentire un altro trombettista
"nel ruolo" di Miles Davis. Il suono di Sean Jones, in particolare con la
sordina, è il suono di uno che Davis lo ha studiato bene. Quello che proprio Jones
non può fare è la maestosa gestione dei silenzi che nelle frasi di Miles erano pura
musica. Il resto funziona, e quando Miller si concede un assolo di basso si capisce
perchè viene considerato un caposcuola del genere ed un innovatore dello strumento.
Umbria Jazz, oltre che su
Marcus Miller,
ha acceso i riflettori su un altro personaggio importante del jazz moderno: Manfred
Eicher. Eicher è il guru della ECM, etichetta discografica tedesca diventata
oggetto di culto. Questa mattina durante una sua conversazione con il critico americano
Gary Giddings, in attesa di dare il via al ciclo di sei concerti che Umbria
Jazz gli ha dedicato, Eicher ha parlato della sua visione della musica, perfettamente
tradotta nel "fenomeno Ecm", per il quale fu coniato il suggestivo slogan
"il più bel suono dopo il silenzio". Registrazioni allo stato dell'arte,
copertine degne di una sontuosa mostra fotografica, ma soprattutto alcuni dei nomi
e degli episodi fondamentali nel jazz degli ultimi 40 anni, da
Keith
Jarrett a
Bill Frisell, da John Surman a
Jan Garbarek,
da Chick Corea
a Pat Metheny.
Una lunga storia, quella di Eicher: musicista classico a Berlino con Von Karajan,
la passione per il jazz dopo aver ascoltato Paul Chambers, la decisione di
realizzare un lp di Mal Waldron (a proposito, la ECM è tornata a produrre
vinili), il primo di oltre mille. Una carriera suggellata da una infinita serie
di riconoscimenti. Più volte Eicher è stato eletto produttore dell'anno dal referendum
dei critici della prestigiosa rivista americana Down Beat.
Ad Umbria Jazz il tributo a Django Reinhardt,
il principe gitano della chitarra
Perugia, 11 luglio 2010
Cento anni dalla nascita del chitarrista Django David Reinhardt
ed Umbria Jazz non poteva non ricordare il leggendario principe gitano della chitarra.
Era nato in una roulotte il 23 gennaio di cento anni fa, una fredda notte invernale
di Liberchies, in Belgio. Era lì che, pochi giorni prima, un gruppo di gitani avevano
fermato la sua carovana. Ma anche quando divenne una star del jazz, all'apice della
sua gloria, il genio zigano
Django Reinhardt
continuò a snobbare i confort e a rientrare tutte le sere nella sua roulotte. Nel
cartellone di Umbria Jazz c'è un ciclo di concerti dedicato alla sua memoria, a
Perugia c'è David Reinhardt, nipote di Django e figlio di Babik, anche lui
chitarrista. Il mondo del jazz ricorda in questi giorni il centenario della nascita
di colui che fu il padre del gipsy jazz, il primo ad avere l'idea di accostare gli
accordi del jazz con i ritmi della tradizione gitana. Il solo europeo che seppe
affermarsi tra tanti americani, Miles Davis, Duke Ellington, Count Basie o ancora
il grande Louis Armstrong.
Ma per i francesi in particolare fu il padre del "french jazz". Perché è
oltralpe che Django creò il suo swing originale, allegro, fatto di improvvisazione
e ritmiche dolci per una carriera assolutamente folgorante. Sono passati 100 anni
da allora ma oggi il jazz di Django torna terribilmente di moda e in Francia sta
alimentando una nuova generazione di giovani musicisti. I festival moltiplicano
gli omaggi. Il ciclo, ad Umbria Jazz 2010, continuerà
con il violinista Florin Niculescu, e gli altri chitarristi Christian
Escoude' e Bireli Lagrene, per terminare con il trio dei cugini Rosenberg,
forse oggi i principali rappresentanti del genere. In questo caso, il dna conta.
David, di scena domenica pomeriggio, con replica lunedì, guida un trio con una seconda
chitarra, Richard Manetti, ed un contrabbasso, Joan Eche-Puig. E'
una formula essenziale e classica che concede grande libertà al solista e lo sostiene
con una pulsione ritmica semplice ma solida. La musica è ormai cristallizzata in
un cliche' che non consente tante divagazioni, però conserva un suo indubbio fascino
perchè affascinante è questa cultura nomade ma ben radicata lungo tutto l'asse trasversale
che attraversa la mitteleuropa dai Balcani alla Spagna. David suona la musica inventata
dal nonno come se fosse, appunto, uno di famiglia, e del resto aveva sei anni quando
si esibiva già con suo padre Babik. C'era anche lui quando a Babik fu assegnato
il Django d'Or, il premio più ambito dagli epigoni di Reinhardt. Un genere tutto
suo, quello del Chitarrista gitano, dove qualche volta fanno incursione anche temi
di Bach, Debussy o Ravel. Django morì il 16 maggio 1953. Quel giorno, Jean Cocteau
disse di lui: "Django morto è come una di quelle dolci fiere che muoiono in gabbia.
Visse come sogniamo tutti di vivere: in una roulotte". E mentre il mondo del
jazz celebra il chitarrista con una serie di omaggi, Parigi gli dedica addirittura
una piazza. La piazza, inaugurata dal sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, si trova
nel nord della capitale, proprio a due passi da dove si tiene ogni settimana il
più celebre mercato delle pulci della città, quello della Porta di Clignancourt
(XVIII/ème arrondissement), e a poche centinaia di metri da dove, molti anni fa,
la famiglia dello stesso Django era solita parcheggiare la sua roulotte.
Incognito, una esplosione di funky. Convince
meno Mario Biondi
Perugia, 10 luglio 2010
"Talkin' soul" ha funzionato"! Gli Incognito -
gruppo funky a radice multietnica ma britannico di residenza - e
Mario Biondi
insieme hanno funzionato, eccome! Già da subito si era capito che la band UK non
era più quello "scialbo" gruppo di acid jazz ascoltato alla fine degli anni
'90 a Perugia, al cinema teatro del Turreno, per l'esattezza. Dal palco del Santa
Giuliana - per il concerto serale di apertura - una "valanga" di note e di ritmo.
Era quasi impossibile stare sotto lo "stage" giallo nero, tanta era la potenza e
la dinamica degli Incognito. Compatti nella sezione ritmica, raffinati in quella
dei fiati, ma il gruppo del leader storico, Jean Paul Maunick (chitarrista),
si è avvalso di due straordinarie vocalist: Vanessa Haynes e Joy Rose.
Molto "elettrica" la prima, a regime "soul gospel" la seconda. Di Maunick i primi
tre brani: "Colibri", "Where do we go from here", "Roots" e
"Morning sun".
La platea dell'Arena, per altro stracolma, è andata letteralmente
in delirio quanto gli Incognito hanno eseguito un brano di Stevie Wonder. Un altro
paio di brani - "Get in to my groove" di Maunick e "Low down" di Boz
Scages - e poi sul palco è salito
Mario Biondi.
Il cantante siciliano e il leader del gruppo hanno firmato il primo brano suonato:
"Can't get enough". Biondi, ieri sera più che mai, sperimentando la formula
del "Talkin' soul" ha tirato fuori la sua anima elettrica. Certo la voce
non è quella delle due vocalist del gruppo, ma l'esperimento è decisamente riuscito.
Bene anche "Talkin' loud" - acid jazz saggiamente rimaneggiato - come pure
"I hear your name" in cui le vecchie radici degli Incognito sono riemerse.
In chiusura del Talkin' Biondi ha cantato "No more trouble"...appena ha pronunciato
le prime parole del brano, i suoi fan sono andati letteralmente in delirio. Per
quanto ci riguarda, invece, abbiamo cominciato a sentire i primi prodromi di quella
che, poi, sarebbe stata una delusione in piena regola. Finito l'esperimento con
gli Incognito, dopo una mezz'ora per il "cambio palco", l'attacco ha lasciato tutti
un po' perplessi, almeno chi è abituato ad ascoltare Biondi. Le vocalist che erano
sul palco hanno "camminato" sulle note - storiche - di "Birdland" di Joe
Zawinul. Poi avanti con "Donna Lee" di Charlie Parker, "Spain" di
Chick Corea,
"Nature boy" di Cole, "Serenity" di Herb Geller, ma anche "Rio
de Janeiro Blues" di Haeny John. Tutto bene fin qui, almeno in apparenza, solo
qualche sparuto gruppo di "delusi" che si è alzato, ma capite bene che in un parterre
come quello del Santa Giuliana, uno nemmeno se ne accorge.
Mario Biondi
dal palco intona il brano che il mitico Burth Bacharach ha scritto per lui: "Something
that was beautiful". Delizioso, come ogni creazione del grande compositore.
Poi, qualche cosa si inceppa nella magia che tiene insieme pubblico e artista. La
gente comincia a defluire via, lamentandosi: troppo Berry White, Isaac Hayes e Lou
Rawls. "Quelli sono il passato", commentavano amari. Eppure Biondi - oramai
avvezzo a grandi platee - ha dato il massimo di sé, ma non è bastato. Il pubblico
è andato via a partire dalle note di "Be lonely" di Cocote Ranno, affatto
attratto dagli altri sette otto brani che il cantante siciliano ha proposto. Insomma,
nel parterre dell'Arena erano rimasti gli irriducibili. Chi voleva sentire il funky
degli Incognito e chissà quale altra alchimia di
Mario Biondi,
ha lasciato mestamente il Santa Giuliana.
Per il resto, comunque, partenza in grande "spolvero" all'ex
stadio di Perugia. Con un Carlo Pagnotta ancora tra il commosso e il 'musicalmente'
entusiasta, invece, per aver organizzato l'ultimo saluto dato ad
Alfio Galigani, grande polistrumentista
perugino, che se n'è andato proprio nei giorni della inaugurazione del festival.
Pagnotta ha fatto arrivare tanti musicisti per suonare l'ultima volta per il Maestro
di tutti. Di lui ha scritto questo il presidente del risorto Jazz Club Perugia,
Nicola Miriano: "Alfio Galigani
è stato una delle mie radici Jazz. Ottimo clarino e sax (soprattutto tenore e baritono).
Era uno dei pochi, se non l'unico, fra i Jazzisti perugini ad essersi diplomato
al Conservatorio locale. Facendo finta di trasportare gli spartiti, l'ho accompagnato
tante volte durante le esibizioni del suo complessino da ballo Hot Gatto Nero (se
mal non ricordo: Dell'Aira al contrabbasso, Sandro Poccioli alla batteria, Pierucci
al clarino. Gastone Galigani - fratello - alla cornetta, Mimmi Lucantoni al piano)
durante qualcuna delle quali, a titolo di mancia ?, mi regalavano uno standard swing,
ma soprattutto bebop. Il godimento maggiore era tuttavia durante le prove (qualche
volta ottenevano un'ora di ospitalità presso il Circolo del Partito Repubblicano,
a Perugia, in Via del Verzaro, dietro al Teatro Morlacchi), quando, ogni tanto,
ci scappava una mezza jam session. Dischi Jazz non ne potevo acquistare (ero studente
liceale e poi universitario), come invece faceva Carlo Pagnotta che li portava da
Bologna dove studiava (si fa per dire?) e quindi, tranne qualche radio estera (in
particolare una francese a cura dell'Hot Club de France che trasmetteva molto
Django Reinhardt e Stephan Grappelli; ed un'altra proveniente dalle truppe
americane in Germania con il programma "For the boys of America" la cui sigla era
"Take The A Train", brano eseguito dall'orchestra di Duke Ellington, Alfio
ed i suoi amici erano quelli dai quali potevo acquistare elementare conoscenza dell'alfabeto
jazz?."
Il funerale di Alfio si è tenuto a suon di Marching band "Coolbone brass band"
e della "Perugia Jazz Orchestra", un po' alla maniera di New Orleans, forse proprio
come lui avrebbe voluto essere ricordato, tra le note di "When the saints go
marching in".
Talkin' Soul, a special night with Mario
Biondi & Incognito: al via Umbria Jazz 2010
Perugia, 8 luglio 2010
Umbria Jazz al nastro di partenza. Prende il via domani
9 luglio, con una produzione esclusiva italo-inglese l'edizione
2010 del Festival di musica afroamericana, in
programma a Perugia fino al 18 luglio. Sul palco dell'arena Santa Giuliana saliranno
Mario Biondi
e gli Incognito per un progetto che si intitola Talkin' Soul e andrà
in scena solo nel nel capoluogo umbro. La band inglese festeggia 25 anni di carriera
e tornano a Perugia dopo l'ultima loro esibizione del 1993.
Nel cd in uscita per l'occasione è presente come special guest il vocalist siciliano.
Il resto del cartellone dell'arena è riservato, tranne la parentesi di Mark Knopfler,
icona della chitarra rock degli anni Ottanta con i Dire Straits, ad una programmazione
squisitamente jazz:
Sonny Rollins
(all'ottantesimo compleanno),
Pat Metheny,
Herbie Hancock con il suo progetto Imagine,
Chick Corea
con un quartetto di all stars,
Manhattan
Transfer, Tony Bennett, Randy Crawford con Joe Sample,
Nikki Yanofsky, la giovane jazz singer che aprì le olimpiadi invernali canadesi.
Ancora jazz nei teatri, dove si segnalano il ciclo di sei concerti dell'etichetta
tedesca ECM (tra gli altri, Bobo Stenson e Louis Sclavis), introdotti
da una conversazione con il suo fondatore e proprietario, Manfred Eicher, ed una
serie di omaggi all'arte di Django Reinhardt, per il centenario della nascita
del grande chitarrista gyspy: jazz gitano a profusione con il trio Rosenberg,
Christian Escoudé, Bireli Lagrene, Florin Niculescu, il nipote
dello stesso Django.
Il personaggio più atteso è forse la bionda Melody Gardot, da molti considerata
la più bella voce emersa negli ultimi anni, ma attenzione anche al quartetto
Cedar Walton-Bobby
Hutcherson, al trio Ron Carter-Mulgrew Miller-Russell Malone,
al quintetto di Roy Hargrove, al duo Tom Harrell-Dado Moroni,
al vocalist José James.
Gli italiani costituiscono come al solito una numerosa rappresentanza.
Oltre a Enrico
Rava e
Stefano
Bollani, che fanno parte del ciclo ECM, ci saranno Apogeo di
Giovanni Tommaso,
Rosario Giuliani,
Pietro Tonolo,
Giovanni Guidi, Gabriele Mirabassi (in duo con il brasiliano André
Mehmari),
Maria Pia De Vito, Rosario Bonaccorso con
Fabrizio Bosso,
Renato
Sellani, i Funk Off. Una delle proposte più atipiche di Umbria
Jazz quest'anno è il Progetto Axé, che mette su un palco 20 ragazzi di Bahia,
tra danzatori, musicisti e interpreti di capoeira. A loro è riservato il concerto
finale all'arena, gratuito, con una testimonial di eccezione del Progetto in Italia,
Fiorella Mannoia, e altri musicisti brasiliani.
La formula del festival prevede altri concerti gratuiti in piazza
e nei giardini Carducci, la consueta marching band di New Orleans, musica in tre
ristoranti, e le clinics della Berklee di Boston, che festeggiano il venticinquesimo
anno di attività a Umbria Jazz con lauree ad honorem, due delle quali a
Stefano
Bollani e a
Renzo Arbore, presidente del festival. Lo stesso Arbore presenterà
in anteprima il suo documentario "Da Palermo a New Orleans", sul contributo
alla nascita del jazz da parte dei primi musicisti siciliani emigrati in America.
Il leader della Original Dixieland Jazz Band, che incise il primo disco jazz in
assoluto, era il trombettista
Nick La Rocca:
suo padre veniva da Salaparuta.
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
18/08/2011 | Gent Jazz Festival - X edizione: Dieci candeline per il Gent Jazz Festival, la rassegna jazzistica che si tiene nel ridente borgo medievale a meno di 60Km da Bruxelles, in Belgio, nella sede rinnovata del Bijloke Music Centre. Michel Portal, Sonny Rollins, Al Foster, Dave Holland, Al Di Meola, B.B. King, Terence Blanchard, Chick Corea...Questa decima edizione conferma il Gent Jazz come festival che, pur muovendosi nel contesto del jazz americano ed internazionale, riesce a coglierne le molteplici sfaccettature, proponendo i migliori nomi presenti sulla scena. (Antonio Terzo) |
25/03/2010 | Hal McKusick si racconta. Il jazz degli anni '40-'50 visti da un protagonista forse non così noto, ma presente e determinante come pochi. "Pochi altosassofonisti viventi hanno vissuto e suonato tanto jazz quanto Hal Mckusick. Il suo primo impiego retribuito risale al 1939 all'età di 15 anni. Poi, a partire dal 1943, ha suonato in diverse tra le più interessanti orchestre dell'epoca: Les Brown, Woody Herman, Boyd Reaburn, Claude Thornill e Elliot Lawrence. Ha suonato praticamente con tutti i grandi jazzisti tra i quali Art Farmer, Al Cohn, Bill Evans, Eddie Costa, Paul Chambers, Connie Kay, Barry Galbraith e John Coltrane." (Marc Myers) |
24/10/2006 | Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Andy Sheppard, Bobo Stenson tra i protagonisti del Brugge Jazz 2006 (Thomas Van Der Aa e Nadia Guida) |
|
Inserisci un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 8.583 volte
Data pubblicazione: 09/07/2010
|
|