L'"International Jazz Day" proclamato dall'Unesco
giugno 2012
di Filippo Bianchi
con Roswell Rudd
It's not exclusive, but inclusive, which is the whole spirit
of jazz.
Herbie Hancock
Per
la prima volta da quando, più di un secolo fa,
Buddy
Bolden (6 settembre 1877 – 4 novembre 1931) cominciò
ad abbozzare una musica che poi si sarebbe chiamata jazz, la necessità di promuovere
questa forma d'arte ha avuto lo scorso 30 aprile un riconoscimento planetario, con
la proclamazione da parte dell'Unesco della "Giornata del jazz".
E, come purtroppo spesso accade, viene da domandarsi se l'Italia aderisca allo spirito
di quel lodevole consesso internazionale…
Le motivazioni addotte per la celebrazione
di questa data potranno magari parere scontate a chi di jazz si occupa più o meno
approfonditamente, ma vale la pena riportarle perché rappresentano ciò che ormai
tutto il mondo dà per acquisito.
"Scopo di questa giornata è quello di far crescere nella comunità
internazionale la consapevolezza delle qualità del jazz, come mezzo formativo, come
forza di pace, di unità, di dialogo e di più stretta cooperazione fra le persone.
Molti governi, associazioni, strutture didattiche e privati cittadini attualmente
impegnati nella promozione del jazz coglieranno quest'opportunità per incoraggiare
un maggiore apprezzamento non solo per questa musica, ma per il contributo che può
dare allo sviluppo di società più inclusive".
Ed è su quest'ultima parola che conviene ragionare brevemente.
La struttura stessa dei nostri magnifici teatri è una rappresentazione di divisione
sociale concepita per escludere (ricordiamo che una volta i palchi erano privati:
la loro gestione era affidata a società di palchettisti, che annualmente li affittavano
agli aristocratici; alla plebe erano riservati loggioni e platee senza posti a sedere).
Oggi non è molto diverso: il destinatario sociale dei teatri d'opera e di tradizione
è formato dai cittadini più abbienti, e a loro è devoluto quasi per intero il finanziamento
statale della musica. Perché? Perché lo stato riconosce al loro andare a teatro
un'"utilità sociale", in larga misura negata a chi predilige invece altre musiche,
fra cui il jazz occupa il posto di maggior rilievo.
Cosa significa "riconoscimento"? Il pubblico il jazz lo ha riconosciuto di certo,
visto che si è moltiplicato col moltiplicarsi dell'attività. E infatti di jazz in
Italia se ne fa molto. Solo poche decine d'anni fa, a cavallo fra gli anni '70 e
'80, era un fenomeno "stagionale", al pari delle ciliegie e dei cocomeri: qualche
raro festival estivo (Umbria, Pescara, Ravenna) per togliersi il pensiero, e si
tornava alla musica "seria" relegando il jazz a rarissimi piccoli club (privati).
Poi questo "virus benefico" (per usare una metafora cara a
Steve Lacy)
ha preso a diffondersi: è entrato nei programmi dei teatri d'opera e di tradizione,
in parte per via di direzioni illuminate, in parte per far numeri, impinguando incassi
di botteghino altrimenti carenti; i festival e le rassegne promossi da enti locali
si sono moltiplicati all'inverosimile in ogni angolo della penisola, da Clusone
a Roccella Jonica.
Ma le istituzioni? Lo schema generale è rimasto invariato e quindi
il jazz continua ad essere un "abusivo", ingombrante finché si vuole, ma mai "riconosciuto"
nella sua specificità. Il termine jazz, per dire, non è mai comparso in nessuna
delle proposte di legge di riforma dell'attività musicale presentate, e abortite,
in questo trentennio.
Qui
la dignità del jazz dipende, in termini di sostegno pubblico, da chi lo propone.
In pratica se un concerto, poniamo, di
Paolo Fresu
lo organizza una fondazione lirica ha diritto a un finanziamento X, se invece lo
organizza un'associazione specializzata in jazz il finanziamento è molto inferiore.
Perfino nelle trasmissioni Rai il costo di acquisizione e perfino il diritto d'autore
variano a seconda che il soggetto organizzatore sia di estrazione classica o jazz.
Si sarebbe tentati di definirlo razzismo, ma forse è parola fin troppo "nobile":
somiglia piuttosto al buon vecchio clientelismo all'italiana, fatto di privilegi
incomprensibili fondati sull'appartenenza a una qualche casta, più che sulla competenza.
C'è chi dice che la battaglia per un maggiore riconoscimento
al jazz sia settaria e assurda. Sarà utile ricordare loro quanto mi ha detto una
volta Chick Corea:
«Sai, nel mondo combattiamo continuamente per delle libertà per cui non parrebbe
davvero necessario dover lottare. La tematica dei diritti umani, ad esempio, diventa
tale solo perché quei diritti vengono negati. I diritti degli artisti e la libertà
d'espressione rientrano fra le libertà per cui combattiamo». E fra i diritti
del contribuente rientra quello di vedere il tipo di musica che preferisce incluso
fra quelli che lo stato finanzia, con diritti uguali a quelli delle altre musiche
d'arte… Forse in occasione di una prossima "giornata del jazz" sarebbe opportuno
non solo organizzare qualche apprezzabile concerto, ma far presente a chi ci governa
che esiste anche il jazz. E siccome esiste da più di un secolo, ed è nel cuore di
molte persone, sarebbe ora che se ne accorgessero.
Non è esclusivo ma inclusivo, che è giusto lo spirito del jazz.
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
18/08/2011 | Gent Jazz Festival - X edizione: Dieci candeline per il Gent Jazz Festival, la rassegna jazzistica che si tiene nel ridente borgo medievale a meno di 60Km da Bruxelles, in Belgio, nella sede rinnovata del Bijloke Music Centre. Michel Portal, Sonny Rollins, Al Foster, Dave Holland, Al Di Meola, B.B. King, Terence Blanchard, Chick Corea...Questa decima edizione conferma il Gent Jazz come festival che, pur muovendosi nel contesto del jazz americano ed internazionale, riesce a coglierne le molteplici sfaccettature, proponendo i migliori nomi presenti sulla scena. (Antonio Terzo) |
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
01/10/2007 | Intervista a Paolo Fresu: "Credo che Miles sia stato un grandissimo esempio, ad di là del fatto che piaccia o non piaccia a tutti, per cui per me questo pensiero, questa sorta di insegnamento è stato illuminante, quindi molte delle cose che metto in pratica tutti i giorni magari non me ne rendo conto ma se ci penso bene so che vengono da quel tipo di scuola. Ancora oggi se ascolto "Kind Of Blue" continuo a ritrovare in esso una attualità sconvolgente in quanto a pesi, misure, silenzi, capacità improvvisativi, sviluppo dei solisti, interplay, è un disco di allora che però oggi continua ad essere una delle cose più belle che si siano mai sentite, un'opera fondamentale." (Giuseppe Mavilla) |
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Data pubblicazione: 01/07/2012
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