Aperitivo in Concerto
"Five Peace Band"
Teatro Manzoni, Milano - Lunedi 10 novembre 2008
Chick Corea
John Mclaughlin
Kenny Garrett
Vinnie Colaiuta
Christian McBride
Testo di Rossella Del Grande
Fotografie di
Luca Cacucciolo
"Aperitivo in Concerto" serale, questa volta, al Teatro Manzoni di Milano,
con una formazione di all stars che, come è stata annunciata, ha fatto il tutto
esaurito in brevissimo tempo.
Vediamo riuniti nella "Five Peace Band",
(sì, proprio "Peace"…),
Chick Corea
e John Mclaughlin, due musicisti che quarant'anni fa suonarono insieme nel
gruppo leggendario di Miles Davis dando i "natali" agli album "Bitches
Brew" e "In A Silent Way". Correva
l'anno 1969...
Gli stessi McLaughlin e
Corea,
rispettivamente nelle formazioni "Mahavishnu Orchestra" e "Return to Forever", inaugurarono
un nuovo jazz che si avvaleva degli strumenti e delle tecnologie prese dalla musica
rock e funky. Da questa intuizione nacquero il jazz elettrico, la fusion, il jazz
rock. Ma ogni etichetta va stretta a questa musica così "totale".
Questa sera respiriamo nuovamente quelle sonorità che fecero tanto scalpore
negli anni '70. Ritroviamo
Chick Corea
e John Mclaughlin insieme ad altri tre grandissimi artisti del jazz contemporaneo,
Christian McBride (basso elettrico e contrabbasso), nato a Philadelphia nel
1972 raffinato improvvisatore e vincitore di
un Grammy, il saxofonista Kenny Garrett (sax contralto), nato a Detroit nel
1960, che ha al suo attivo tali e tante collaborazioni
musicali che ogni ulteriore presentazione è veramente superflua (da non dimenticare
i cinque anni in cui suonò anch'egli con Miles), e Vinnie Colaiuta,
classe 1956, batterista potentissimo e poliedrico,
che ama non solo il jazz, ma anche la fusion, il rock, il funky ed il pop. Innumerevoli
le sue collaborazioni. Attualmente suona anche con
Herbie Hancock (nell'album "River, the Joni Letters", e relativo
tour mondiale).
La
musica della "Five Peace Band" è difficile da classificare: è jazz acustico, jazz
elettrico, fusion, funky, jazz rock, free. "Five Peace Band" è sia storia che evoluzione
del jazz, tutto racchiuso in un'unica formazione. Ne abbiamo conferma semplicemente
dando un'occhiata al palcoscenico, ancora prima che gli artisti entrino in scena.
Vediamo infatti un pianoforte a coda ma anche una tastiera elettronica, un contrabbasso
ma anche un fretless a 5 corde, una batteria imponente, che non può essere considerata
propriamente "jazz", con un grosso piatto china che svetta sulla sinistra, una chitarra
elettrica non "jazz", ed un sax contralto. Sacro e profano, in un certo senso, riuniti
assieme. Ma l'evoluzione è sempre avvenuta grazie all'apertura ed all'ibridazione,
e questi artisti sono stati, e sono tuttora, maestri nel creare una musica in perenne
evoluzione.
Inizio puntualissimo alle 21. Si avverte immediatamente una predilezione
per il rock. Chick
Corea inizia suonando la tastiera ed ignorando totalmente il pianoforte,
in questo primo brano. Garrett lo segue, suonando in modo molto serrato.
Vi è uno scambio di domande e risposte fra la chitarra di McLaughlin, che
suona quartine rapidissime, e la tastiera di
Corea.
Le improvvisazioni sono molto veloci, tecniche. Colaiuta è molto energico
fin dall'inizio del concerto.
McLaughlin, parlando in italiano, presenta tutti i musicisti.
E' la volta di "Amber Skies", brano composto
da Chick Corea,
che introduce questo pezzo suonando ora al pianoforte. McLaughlin invece
resta fedele alla chitarra elettrica che non abbandonerà per tutto il concerto.
McBride ha lasciato invece il basso fretless ed è passato al contrabbasso.
Ascoltiamo alternanze rapide di frasi fra i vari musicisti. Molto vario e ricco
di sfumature l'assolo di Garrett. Anche McBride esegue un lungo assolo
al contrabbasso veramente notevole, punteggiato dai radi accenni tematici, ad opera
di Garrett, a cui seguono
Corea
e McLaughlin con la ripresa del tema.
Ora prende la parola
Chick Corea
e saluta il pubblico che stipa il teatro… "Non vi vedo" (dice, indicando
come responsabili i riflettori puntati su di lui) "ma lo so che siete lì!".
Grosso applauso di saluto.
Il terzo brano è a firma di John Mclaughlin, "New
Blues Old Bruise", tratto dal cd Industrial Zen, del
2006. Introduce il pezzo Colaiuta con
una rullata di batteria.
Corea
torna alla tastiera e McBride riprende il fretless. Ritmo martellante, scandito
in maniera pesante. Corea suona ed improvvisa con la mano destra, mentre con la
sinistra fa ampio uso della modulation wheel. Entra quindi Garrett con un assolo
aggressivo, graffiante, davvero travolgente. McLaughlin è decisamente in stile rock,
questa sera. Nessun accenno ad avvicinarsi ad altre sonorità. Anche Colaiuta è molto
più vicino al rock che al jazz. Esegue un assolo molto energico, su un ostinato
suonato da Corea e strappa il primo applauso a scena aperta della serata. La ripresa
del tema è a cura del chitarrista e di Kenny Garrett che lo eseguono all'unisono.
E'
ora il momento di una composizione di Corea, una Suite in tre movimenti che è stato
il momento più emozionante e vario dell'intero concerto. Questo brano ha sicuramente
fatto piacere a quella parte di pubblico che non ricercava unicamente tecnicismo,
virtuosismo, volumi alti e ritmi rock incalzanti. In questa composizione Corea si
muove con assoluta agilità andando via via ad esplorare sonorità eteree e sospese
dal sapore impressionistico e sonorità caratteristiche della musica classica contemporanea,
per arrivare al jazz e quindi al jazz rock, ed inaspettatamente sino al free. Il
tutto con grande fluidità. Un vero e proprio viaggio attraverso tutta la grande
musica che ha lasciato un segno nel corso del XX secolo. All'inizio del primo movimento,
ascoltiamo soltanto pianoforte e contrabbasso.
E' grandissimo il contributo di Christian McBride, che duetta con il pianoforte
con grande espressività. Note glissate. Frasi eseguite con l'arco, sostenute da
eteree dissonanze al pianoforte. Entrano chitarra, batteria e sax. Colaiuta inizialmente
utilizza le mazze di feltro, per passare poi alle consuete bacchette ed a sonorità
molto meno ovattate. Aumenta la tensione ed il volume. Il fraseggio della chitarra
è quello tipico di McLaughlin, velocissimo e sempre molto tecnico. Non si avvertono
però il calore e l'espressività manifestate da McBride. Il chitarrista, nel corso
di tutto il concerto appare estremamente virtuoso e tecnico ma sostanzialmente abbastanza
freddo, forse a causa del costante suono della chitarra elettrica utilizzata in
stile rock, con volumi alti e poche dinamiche. La batteria è sempre molto presente.
Talvolta troppo. Colaiuta in crescendo porta il pezzo in pieno clima fusion.
Grande assolo di Garrett, che presenta invece delle belle dinamiche ed un
fraseggio molto vario, da sussurrato e spezzettato, arioso, eseguito prevalentemente
nel registro basso, fino a diventare serrato e graffiante, con escursioni assolutamente
free, nel registro più alto, anche con note sovracute.
Gli ostinati di pianoforte, i temi all'unisono fra chitarra e sax, il contrabbasso
suonato con l'arco vanno e vengono all'interno di questa composizione cangiante.
Tornano piano e contrabbasso da soli, come all'inizio, dopo un cambio repentino
di ritmo che fa pensare ai ¾ ma forse non lo è… forse sono solo cambi di accentuazione…
L'assolo di Corea è rapido ed abbastanza acuto, ma sa essere anche lirico, a momenti.
Piano e contrabbasso suonano quindi lo stesso fraseggio e si arrestano insieme,
al termine di ogni frase lasciando spazi di ampio respiro. Corea esegue clusters
nel registro grave del pianoforte, creando sonorità molto cupe e conclude infine
la sua composizione con un arpeggio lievissimo in punta di dita all'estremo opposto
del pianoforte.
Sicuramente si è trattato del brano più suggestivo e vario di tutto il concerto.
E' la volta di un pezzo che fu composto da Jackie McLean. Lo apre Corea
al piano solo, creando con grandissima maestria l'impressione di una ritmica sottostante
che, al momento invece non c'è. Eppure si avverte una pulsazione fantasma tesissima.
Entrano quindi il contrabbasso ed il resto della formazione, eseguendo il difficile
tema all'unisono. Ora McBride esegue un walking velocissimo sopra al quale McLaughlin
esegue il proprio assolo, tecnico e sempre a quartine rapidissime. Grande abilità,
ma musicalmente, forse ci aspettiamo di tanto in tanto delle frasi che abbiano un
certo respiro, ma che non sono nel suo stile e che quindi non possono scaturire!
Anche la batteria è sempre molto forte e decisamente molto presente. Garrett improvvisa
con alcuni spunti tematici che traspone in varie tonalità vicine e meno vicine a
quella di partenza. McBride, con il proprio assolo dilata l'atmosfera del brano
ed incanta con le sue infinite idee improvvisative al contrabbasso. Segue un lungo
assolo di Colaiuta che finalmente può scatenarsi in assoluta solitudine (e non più
sotto agli assolo altrui, come ha fatto fin qui…), e ci fa ascoltare tutti i suoni
che riesce ad ottenere dalla sua grossa batteria, con grande creatività, finalmente
con belle dinamiche e grande "tiro". Corea improvvisa in modo lieve ma molto free,
finchè non si torna a riconoscere il tema iniziale.
La band torna alla sonorità elettrica, Corea gioca sul volume con il pedale
collegato alla sua tastiera. McBride imbraccia di nuovo il fretless. McLaughlin
in un certo senso "provoca" Corea con cascate di note ad effetto. Corea accetta
la provocazione musicale… e risponde di conseguenza. Viene esposto il tema, a cui
segue un assolo di McBride che fa letteralmente impazzire il pubblico: un assolo
sul fretless suonato in modo assolutamente chitarristico, veloce, pulito, molto
nitido, ma sempre caratterizzato dal suo grande "bisogno di fraseggio", di pause,
di spazi pieni ma anche di spazi vuoti. Una considerazione che forse può suonare
come una critica, ma non vuole affatto esserlo: gli stili improvvisativi di McBride
e di McLaughlin sono agli antipodi. McBride è lirico, creativo, anche quando suona
in modo innegabilmente virtuosistico. Il bassista non vuole mai apparire solo "smaccatamente
tecnico", pur potendoselo permettere in tutta tranquillità, grazie alle proprie
doti ed alla totale padronanza di entrambi gli strumenti, contrabbasso e basso elettrico.
Mc Laughlin invece sfoggia continuamente mitragliate di quartine rapidissime,
patterns infiniti, pochi cambi di dinamica e quasi mai una frase cantabile. Ma questo
è il suo stile, quello che lo ha reso famoso. E' un musicista che suona tanto, che
suona "in apnea"… non avendo alcuna necessità di interrompersi per riprender fiato.
Neanche mentalmente. Virtuosismo puro, che ha un grandissimo impatto su quella parte
di pubblico che ama lo stile più vicino al rock che non al jazz. Questo modo di
suonare la chitarra elettrica ha influenzato un esercito di chitarristi contemporanei
e bisogna riconoscere che ha fatto veramente scuola presso le ultime generazioni.
La conferma viene dal pubblico, che dimostra di gradire enormemente ogni intervento
di McLaughlin.
In questa formazione a cinque, gli strumenti che appaiono preponderanti sono
proprio la chitarra elettrica di McLaughlin e la batteria di Colaiuta, che praticamente
danno l'impressione di suonare "sempre"… con un effetto che oserei definire piuttosto
"invasivo" rispetto agli altri strumenti. Si è potuto riscontrare anche una notevole
differenza fra il modo di suonare di Colaiuta in questa formazione con
Chick Corea,
rispetto al suo recente concerto ad Aosta con
Herbie Hancock. Qui Colaiuta ci presenta il proprio stile energico e
molto presente, che tutti riconosciamo, mentre con Hancock, il batterista era stato
invece estremamente moderato e contenuto, sorprendendo non poco il pubblico di Aosta.
Tornando
alla "Five Peace Band", il sax di Garrett, nel ruolo di strumento solista, viene
usato con maggior colore ed anche con maggiore "parsimonia", fraseggio e dinamiche,
rispetto alla chitarra elettrica di McLaughlin che appare piuttosto piatta e uguale
a sé stessa in tutti i brani. Il pianoforte e la tastiera di
Chick Corea
sono gli strumenti che paradossalmente hanno minor risalto in tutto il concerto.
Corea in ogni brano offre ai compagni un comping magistrale messo generosamente
al loro servizio e non mostra nessuna intenzione di volersi prendere maggiore spazio,
cosa a cui avrebbe pieno diritto, viste le continue incursioni da parte della chitarra
elettrica di McLaughlin. In effetti, complessivamente Corea appare in subordine
rispetto alla chitarra, ed risultano di fatto sono pochi i momenti in cui i loro
ruoli risultano equilibrati.
Termina l'ultimo brano. Una parte del pubblico, prevalentemente quello di
una certa età, quello affezionato agli "Aperitivi in Concerto" delle domeniche mattina,
si alza ordinatamente e si avvia tranquillamente verso l'uscita. Il resto dei presenti
invece, composto dai fans più calorosi, incomincia ad inneggiare al quintetto, pretendendo
almeno un bis. La formazione rientra e propone un ultimo pezzo, ancora in stile
jazz rock, tastiera, basso elettrico, batteria che scandisce 4/4 in battere, ritmo
rock senza nessuna possibilità di scampo. Il pezzo si presenta come una lunghissima
introduzione, che sapientemente crea grande tensione e grandi attese. Si avverte
una sensazione quasi fisica, come un bisogno di esplodere. Ma il climax non lo si
raggiunge. È un crescendo di aspettative che però rimangono tali. Uno stato di tensione
che non trova sfogo. Il concerto finisce così, lasciando addosso una forte tensione
senza appagamento.
Non è cosa facile rievocare e commentare le sensazioni provate durante questo
concerto, mettendo anche a confronto le aspettative da ascoltatrice ed i risultati
oggettivi riscontrati. In effetti vi sono state sorprese inaspettate, ma anche qualche
aspettativa delusa. Questi cinque mostri sacri del jazz non hanno però prodotto
un risultato pari alla somma delle loro rispettive abilità, pur strabiliando, individualmente,
per le innegabili ed indiscutibili capacità di ciascuno. Il tecnicismo spesso è
prevalso sulla musicalità e sull'espressività, in particolare il riferimento è alla
chitarra elettrica di McLaughlin ed alla batteria di Colaiuta, senza nulla togliere
all'abilità incontrovertibile di entrambi gli artisti. Dal punto di vista stilistico,
il concerto ci ha presentato un panorama piuttosto uniforme, tendente quasi esclusivamente
al rock, con ben pochi cambiamenti di dinamiche.
Giudizio opposto in senso positivo va formulato riguardo a Christian McBride
che, sia con il contrabbasso che con il fretless, ha continuamente partorito idee,
sfumature, colori, frasi, pause, il tutto veramente all'insegna di una immensa musicalità.
McBride ha sfoggiato grinta e tecnica da vendere, ma senza mai dimenticarsi che
prima di tutto viene proprio la "Musica" intesa come elemento espressivo. Dieci
e lode a Christian Mcbride. Lasciatecelo dire.
Kenny Garrett con il suo sax contralto, considerate le potenzialità sonore
di questo strumento, avrebbe dovuto essere uno degli elementi di maggior impatto
e presenza. Invece Garrett ha saputo dosare molto abilmente i proprio mezzi, ricoprendo,
a seconda dei momenti, il ruolo di protagonista o quello di elemento contribuente
al sound del gruppo, con abili intersezioni a supporto dell'insieme, a tutto vantaggio
dell'atmosfera dei vari brani. Garrett è un musicista che suona "a colori". Utilizza
il proprio strumento come una vera tavolozza che gli permette di ottenere sfumature
infinite. Inoltre, Garrett suona tenendo sempre presente il concetto di "ampio respiro".
Suona con frasi costituite metaforicamente da parole e da segni di interpunzione.
Un insegnamento, questo, che può considerarsi forse il dono più grande che gli abbia
fatto Miles Davis.
Chick Corea
si è mostrato prevalentemente come "sommo accompagnatore", piuttosto che come solista
d'eccezione. La sua maestria compositiva ed improvvisativa che tutti conosciamo
ed apprezziamo da 40 anni ha trovato spazio quasi unicamente nella stupenda Suite
di sua composizione. Per la rimanente parte del concerto, Corea è stato quasi esclusivamente
un "gregario" d'eccezione generosissimo, fatti salvi alcuni assolo eseguiti prevalentemente
sulla tastiera elettronica.
Colaiuta, trascinante, potentissimo, non si è risparmiato minimamente, ma
quando scivola nello stile rock (e vi scivola praticamente sempre), rende i brani
paradossalmente tutti uguali ed uniformi, anche se il ritmo è incalzante e tesissimo
dall'inizio alla fine e manda in pubblico in visibilio.
Lasciato il palco, ci siamo recati all'uscita degli artisti aspettando pazientemente
il loro arrivo. Colaiuta è apparso per primo, ma solo per un attimo. E' andato
via immediatamente e senza concedere nulla ai propri ammiratori che sono rimasti
alquanto delusi. Molto diversi si sono mostrati invece McLaughlin, intrattenutosi
lungamente col pubblico a firmare autografi e pile di vinili originali. Moltissimi
erano gli LP della Mahavishnu Orchestra. Quindi, accontentati tutti i fans e scambiato
con loro numerose battute simpatiche, ha rimandato indietro l'auto e si è incamminato
per via Manzoni con la sua chitarra in spalla. Parla un po' l'italiano, McLaughlin
e conosce bene Milano.
Anche Garrett e McBride sono stati disponibili e cordiali.
Ma il più grande, umanamente parlando, si è mostrato proprio
Chick Corea.
E' una persona pacata, gentile, paziente e disponibilissima. Un grande artista che
dà l'impressione di non preoccuparsi affatto dei minuti che passano. Non ha nessuna
fretta Chick, anche se ormai si è fatto davvero tardi. Non è per nulla infastidito
dagli ammiratori che lo assediano nel cortiletto del Manzoni e che vogliono autografi,
dediche, foto, anche fatte scambiandosi i cellulari e creando un po' di confusione.
La sensazione maggiore che ha ci lasciato Corea, avendo anche potuto scambiare due
parole con lui, è stata quella di avere di fronte una persona che irradia una grande
serenità.
C'era ancora addosso la tensione che aveva caratterizzato pressoché la totalità
del concerto e che era addirittura aumentata con l'ultimo brano, ma senza trovare
sfogo. Solo la quiete rasserenante del grande Chick ha rimesso le cose a posto.
18/08/2011 | Gent Jazz Festival - X edizione: Dieci candeline per il Gent Jazz Festival, la rassegna jazzistica che si tiene nel ridente borgo medievale a meno di 60Km da Bruxelles, in Belgio, nella sede rinnovata del Bijloke Music Centre. Michel Portal, Sonny Rollins, Al Foster, Dave Holland, Al Di Meola, B.B. King, Terence Blanchard, Chick Corea...Questa decima edizione conferma il Gent Jazz come festival che, pur muovendosi nel contesto del jazz americano ed internazionale, riesce a coglierne le molteplici sfaccettature, proponendo i migliori nomi presenti sulla scena. (Antonio Terzo) |
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Data pubblicazione: 28/03/2009
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