Dave Douglas Quintet
Teatro Manzoni - Milano, 5 novembre 2006
di Rossella Del Grande
Foto di Daniela
Crevena
Ancora un tutto esaurito al Manzoni, questa volta per il Quintetto
di Dave Douglas. Una formazione di grande interesse, a partire dal leader, un
trombettista che piace sia al pubblico che alla critica. Gli altri componenti del
gruppo sono jazzisti del calibro di Donny McCaslin,
Uri Caine,
James Genus e Clarence Penn.
Dave Douglas è una figura assolutamente eterogenea nel panorama musicale
contemporaneo, un musicista di grande preparazione, un artista giovane, appartenente
alla generazione dei quarantenni, che ha già saputo assimilare il massimo dalla
tradizione jazzistica (Wayne
Shorter, Mary Lou Williams, Booker Little, ma anche Ellington o Lacy o Monk,
fino a
Herbie Hancock,
Charlie
Haden, Jaki Byard…) ed anche dai grandi maestri della musica classica (Stravinsky,
Webern, Cilea o Messiaen, così come Weill, Cage, o Schumann).
Da giovanissimo suona con Horace Silver. Douglas è un musicista
avido di sperimentazioni, un artista con le radici ben salde nel jazz, ma propaggini
che arrivano lontano, fino alla musica klezmer, al folk balcanico, alla musica elettronica.
Dagli anni novanta, Douglas sperimenta formazioni insolite, un quintetto
con tromba, violino violoncello, contrabbasso, batteria. Oppure il Tiny Bell Trio,
tromba, chitarra, batteria. Segue negli anni un quartetto, Charms of the Night Sky,
con tromba, violino, fisarmonica e contrabbasso.
Solo
più tardi Douglas si concentrerà su organici più "tradizionali" in ambito
jazzistico, come il gruppo che si esibisce oggi, composto da tromba, fender rhodes,
sax tenore, contrabbasso, batteria. Douglas dimostra infatti con le varie
formazioni che ha costituito negli anni di provare forte attrazione per generi musicali
molto vari ed apparentemente distanti fra loro. Il quintetto d'archi si colloca
più vicino alla musica accademica europea, il trio ci porta verso la musica popolare
dell'est europeo, eppure, a legare il tutto, vi è un grandissimo sentimento verso
la musica afroamericana, che è sempre presente e tangibile.
Una delle peculiarità di Douglas è il timbro del suo strumento, molto
"brassy", che ci fa pensare agli insiemi di ottoni centroeuropei miscelato
sapientemente con la musica circense, ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro.
Miles Davis ha esercitato la propria influenza su Douglas in un modo molto
particolare, forse permettendo proprio di far risaltare ancora di più le loro diversità.
Eppure Douglas considera Davis un grosso punto di riferimento, come un termine
di paragone per valutare la riuscita dei propri progetti. Non dobbiamo dimenticare
infine la collaborazione di Douglas con John Zorn, nel quartetto "Masada",
con Greg Cohen e Joey Baron.
Nell'ultimo lavoro di Douglas, l'album "Meaning
and Mystery" proposto nel concerto odierno, i discorsi che nascono fra
i ritmici ed i solisti del gruppo hanno radici lontane, nel quintetto davisiano,
eppure tutti travalicano l'orizzonte del passato o del presente e coniugano la propria
musica sicuramente in un tempo futuro.
Donny McCaslin, sax soprano e tenore, anima la scena musicale newyorkese
da più di 15 anni e vanta collaborazioni prestigiosissime (Steps Ahead,
Danilo Perez,
Brian
Blade). Nel 2005, grazie al suo lavoro
da solista nella Maria Schneider Orchestra, ottiene la nomination al Grammy quale
miglior solo strumentale.
Negli
Steps Ahead, prende il posto del suo idolo di gioventù,
Michael Brecker,
collaborando con il gruppo per tre anni. Nasce in McCaslin un amore per la
musica latina, che sviluppa suonando con un ex-compagno di college alla Berklee
School, Danilo
Perez e con il bassista Santi Debriano. Un'altra grande attrattiva per
McCaslin sono le grandi orchestre, le Big Bands come la Gil Evans Orchestra,
la Mingus Big Band, la George Gruntz Concert Jazz Band o la Newport Jazz
Orchestra. Infine, vanno ricordate le sue collaborazioni in album di artisti del
calibro di Pat
Metheny, Billy Hart,
Rachel Z,
George Gruntz, Luis Bonilla, Hector Martignon, Deanna Witkowski.
Uri Caine
è stato spesso descritto come un pianista onnivoro. Un aggettivo che gli calza molto
bene, perché Caine è un artista completo che sa spaziare sapientemente dal
jazz alla musica classica, che spesso viene rivisitata da parte sua, come è avvenuto
con le composizioni di Mahler, di Bach o di Giuseppe Verdi. Nato nel
1956, nel suo background musicale vi sono Oscar
Peterson,
Herbie
Hancock, Cecil Taylor, ma anche il grandissimo Glenn Gould. Inizia a studiare
con Bernard Peiffer, incontra Freddie Hubbard,
Phil Woods, intanto studia anche composizione. Lasciata la propria città
natale, Philadelphia, si trasferisce a New York e qui, grazie al fermento jazzistico
presente, Caine incide i primi album come solista. Intorno al '90 dimostra il proprio
interesse nella rilettura di grandi autori classici, oltre ai già citati Mahler
o Bach, troviamo anche Wagner e Schumann. Ma anche Tin Pan Alley stuzzica la poliedricità
di Caine e nasce l'opera Sidewalks of New York. Le collaborazioni di Caine sono
innumerevoli: Dave Douglas, Arto Lindsay, Sam Rivers, The Master Musicians of Jajouka,
Don Byron con il quale approfondisce la propria conoscenza della musica classica
ebraica.
Uri
Caine dirige con grande successo un'edizione della Biennale di Venezia,
nel 2003, dove debutta con The Othello Sindrome.
Sviluppa infine progetti su Beethoven e Berio, fino ad addentrarsi nel mondo dell'improvvisazione
elettronica con il gruppo Bedrock.
James Genus, di dieci anni più giovane di Caine, inizia a suonare il contrabbasso
a 13 anni. Anch'egli si trasferisce presto a New York dove gli vengono giustamente
riconosciute tutte le sue doti tecniche ed espressive. E' attualmente considerato
uno fra i migliori contrabbassisti in attività e vanta prestigiose collaborazioni
con artisti come Brecker Brothers, Roy Haynes, Horace Silver,
Brandford Marsalis,
Steps Ahead ed il compianto
Bob Berg.
Clarence Penn, batterista che fu allievo di Alan Dawson, ha studiato alla
Virginia Commonwealth University ed ha collaborato con Ellis e Wynton Marsalis.
Anche Penn è ritenuto uno dei maggiori esponenti della sua generazione e si è facilmente
imposto come artista virtuoso e dotato di grandi doti creative. Le sue collaborazioni
sono molteplici: da Gato Barbieri a
Richard Galliano,
Betty Carter, David
Sanchez, Freddie Hubbard,
Kenny Barron,
Jacky Terrasson, Roberta Flack, Dizzy Gillespie, Diane Reeves, Steps Ahead,
Mike Stern.
Dave
Douglas saluta simpaticamente e ringrazia tutti i presenti, così numerosi di
domenica mattina, con una battuta ad effetto: "Thank you for skipping church…!"
("grazie per aver saltato la messa…") (n.d.t.). Rotto il ghiaccio, inizia il concerto.
L'organico di oggi è per l'appunto quello di "Meaning and Mystery",
tromba, sax, contrabbasso, batteria e, unica concessione "elettrica", il fender
rhodes di Uri
Caine.
Conoscendo le sperimentazioni e le svariate contaminazioni tipiche dei lavori
precedenti di Douglas e di
Caine,
forse siamo inconsciamente pronti ad ascoltare qualcosa di insolito. Ma questa volta
non accade. Ci troviamo infatti immersi in un jazz molto gradevole, moderno, ma
sostanzialmente tradizionale. Nessuna traccia delle contaminazioni kletzmer o di
provenienza classica. Anche la poliedricità di
Caine
oggi non è così evidente. Ascoltiamo infatti un
Caine
molto misurato, delicato, lieve, che non fa particolare sfoggio né di tecnicismo
né di ammiccamenti alla musica colta.
I
brani presentati ci offrono un'ottima atmosfera, talvolta sospesa, talvolta maggiormente
inquadrabile secondo i parametri del jazz moderno, ma nel corso del concerto non
avviene nulla di inaspettato. Molti brani presentano la medesima "organizzazione".
Tromba e sax introducono il tema suonando insieme e ritrovandosi allo stesso modo
sul finire dei pezzi.
Non mancano tuttavia brani strutturati diversamente. Il secondo brano infatti
viene aperto dal sax tenore, tempo ternario, frequenti i cambiamenti di tempo, bellissimo
assolo del contrabbasso, che ci presenta un timbro molto chiaro. Genus utilizza
il registro alto, fraseggia in sedicesimi, con grande nitidezza e fantasia, sostenuto
con estremo gusto e delicatezza dalla batteria.
Seguono due brani che Douglas ha voluto dedicare a persone per lui
importanti. Uno alla moglie Susanna e un altro ad un amico, Thomas, mancato solo
un mese fa, un brano introspettivo e di notevole impatto emotivo.
Di
nuovo tromba e sax che duettano, cedono quindi il passo a
Caine
che esegue un bell'assolo sul registro alto del fender, con sonorità che a tratti
fanno pensare ad un carillon. La batteria rinforza per un attimo la ritmica, ma
tutto rientra presto in un'atmosfera lieve, delicata, "in punta di dita".
Tornano tromba e sax, ma questa volta lasciano il compito di chiudere il brano al
fender ed alla batteria. La sonorità si fa molto rarefatta, ancora più delicata
rispetto all'inizio, rimpicciolisce fino a scomparire del tutto. In un'immagine:
la fiammella di un fiammifero che si estingue pian piano.
Segue un brano originalissimo, un brano "about animals", come annuncia
Douglas, l'unico brano che si stacca decisamente dal clima lieve che ha caratterizzato
tutto il resto del concerto. In questo pezzo Douglas produce un effetto sordina
ottenuto con la mano, ma quello che diverte maggiormente il pubblico sono proprio
i suoni imprevisti, note sovracute o brontolii tipici delle varie "voci degli animali".
Stop di tutti, ripresa vagamente swingante con una ritmica volutamente old fashioned,
ma con accenti spostati ed il fraseggio dei solisti molto moderno.
Note
glissate del contrabbasso, suo bellissimo assolo sempre sostenuto sapientemente
dalla batteria. Finale velatamente bluesy per un brano ironico, citazionista e divertente.
Torna l'atmosfera misurata e lieve dei primi brani. Il gruppo esegue un pezzo
apparentemente molto "easy" che, se possiamo permetterci l'espressione, sembra vicino
alla pop music. Il pezzo piace molto al pubblico.
Douglas intercala i brani con qualche battuta in italiano… augura "have a
great pomeriggio" ed attacca il brano conclusivo creando un'atmosfera davvero
magica. Qui ogni strumentista dà veramente il meglio di sé. Bellissimo timbro del
sax, caldo, tuttavia non limitato al registro medio. McCaslin presenta frasi
con frequenti salti di ottava. Batteria lieve ma fantasiosa. Il pezzo sembra sfumare,
ma si riprende con l'assolo di
Caine,
la ritmica si fa moderatamente funky, ma sempre misuratissima ed attenta alle sonorità
dei solisti.
Douglas è soddisfatto. Stringe le mani dei suoi compagni, saluta, ringrazia,
ma il pubblico esige un bis. Il brano finale è qualcosa di ancora più lieve dei
precedenti, con bei dialoghi fra tromba e sax, sax e batteria.
Caine
ci offre uno scorcio di jazz trio, durante la sua improvvisazione. Si coglie qualche
sincopato, ma è solo un accenno, nessuno ha l'intenzione di modificare di molto
l'impronta del pezzo. Ed il finale è volutamente rassicurante, tonale, e lascia
negli ascoltatori un grandissimo senso di stabilità.
Si è trattato di un concerto molto equilibrato, piacevole e misurato, dove
i musicisti hanno dimostrato grande gusto ed esperienza. Ottimo interplay. Ottima
anche l'acustica del teatro Manzoni. Niente colpi di scena o effetti speciali. Forse
chi si aspettava grosse sorprese è rimasto leggermente deluso, ma pur sempre soddisfatto
dalla performance. In molti ci eravamo forse abituati a pensare in particolare a
Dave Douglas e
Uri Caine
come grandi sperimentatori. Lo sono stati e sicuramente lo sono ancora entrambi.
Questa volta ci hanno dimostrato come artisti del loro calibro possano trovare ispirazione
anche all'interno di un organico sostanzialmente tradizionale e che non sia obbligatorio
stupire a tutti i costi. Il pubblico del teatro Manzoni ha apprezzato.
28/11/2009 | Venezia Jazz Festival 2009: Ben Allison Quartet, Fabrizio Sotti trio, Giovanni Guidi Quartet, Wynton Marsalis e Jazz at Lincoln Center Orchestra, Richard Galliano All Star Band, Charles Lloyd Quartet, GNU Quartet, Trio Madeira Brasil, Paolo Conte e l'Orchestra Sinfonica di Venezia, diretta da Bruno Fontaine, Musica senza solfiti del Sigurt�-Casagrande Duo...(Giovanni Greto) |
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Data pubblicazione: 28/12/2006
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