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Il giro d'Italia a bordo di un disco:
Giandomenico Ciaramella, Jando Music

di Alceste Ayroldi
foto di Daniela Crevena
(foto di copertina Paolo Soriani)

Sesto appuntamento de "Il Giro d'Italia a bordo di un disco". Protagonista è Giandomenico Ciaramella della Jando Music.

Qual è la vostra filosofia di vita? Perché fare il discografico?
Per colmare un desiderio personale di vita e anche per dare un piccolo contributo allo sviluppo della cultura in un paese potenzialmente all'avanguardia in tutte le arti, ma che poi rimane inevitabilmente indietro.

Come reperite i nuovi talenti?
Riceviamo tanti cd di artisti giovanissimi e bravissimi ed è difficilissimo selezionare. Noi comunque ascoltiamo tutto e rispondiamo a tutti e non facciamo mancare consigli ed incoraggiamenti anche a chi non riusciamo, nostro malgrado, a pubblicare.

Come scegliete i musicisti?
Sulla base del progetto, dell'idea. molto spesso sono loro che vengono da noi e ci propongono un progetto e poi lo sviluppiamo assieme. Non ci piace pubblicare cose già registrate ed impacchettate. Ci piace produrle. In questo siamo più produttori che etichetta che pubblica "semplicemente".

Quali sono le vostre politiche relative alla distribuzione?
Purtroppo c'è poco da fare. I distributori fanno quello che possono relazionandosi con negozi che (loro malgrado perché sono lo specchio del pubblico) dedicano spazi piccolissimi al jazz e quindi vengono ordinate pochissime copie…se si vendono non vengono riordinate, se non si vendono si rimandano indietro. Poi ci sono i fenomeni tipo Ecm che però sono un'altra cosa, sono un mondo a sé.

Quali mezzi utilizzate per raggiungere il vostro pubblico, anche potenziale?
Qualsiasi direi: sito web, Twitter, Facebook, email, concerti, uffici stampa, ma è difficile arrivare a tante persone.

A cosa è dovuta la crisi del disco? E' da attribuire a mp3, peer to peer, o c'è dell'altro?
Alla crisi culturale credo. Andiamo superveloci, non ci fermiamo, non ci interessiamo a niente, divoriamo tutto, non vogliamo possedere ma scaricare, ascoltare e buttare. Forse il futuro sono i concerti, anche se poi uno accende SkyArte e vede delle cose stupende…

Qual è lo scenario futuro?
Il disco nel giro di 3-5 anni non esisterà più. L'anno scorso ero con Patti Smith davanti al negozio dell'auditorium a Roma e lei era emozionata di vedere un suo disco fisico esposto in una vetrina: erano anni che non lo vedeva negli Stati Uniti!

Per combattere il nemico comune non sarebbe meglio coalizzarsi? Quali sono gli ostacoli alla creazione di un consorzio o un network?
Il nemico siamo noi stessi, il declino culturale, però sono fiducioso: vedo un sacco di ragazzi ai concerti e nelle scuole di musica e spero che le cose cambino. I consorzi o i network non sono strutture organizzative che possono risolvere il problema, specie in Italia. Bisogna fare ognuno la propria parte, fare il proprio dovere; pensare a quello che possiamo fare per la musica ed il jazz e non viceversa. Altrimenti, non si cambia.

Anche le major non godono un buon stato di salute. In periodi di crisi è meglio essere "più piccoli"?
Forse si, si hanno meno costi, si è liberi e si hanno più soddisfazioni con gli artisti che si sentono più coccolati. Ormai nel mondo i grandi artisti si autoproducono da anni, in Italia i precursori sono stati Renato Zero e Pino Daniele (mica due qualunque…).

Cosa potrebbero fare le istituzioni per migliorare e aiutare il settore, soprattutto per la lotta contro la pirateria?
Bisogna iniziare con la scuola, far studiare la musica, far suonare i bambini, i ragazzi, i giovani, solo così si potranno avere gli auditorium pieni come in tutta Europa. La lotta alla pirateria per una etichetta jazz non è molto rilevante purtroppo, magari copiassero! Scherzo, è una provocazione, ma nel jazz non credo sia un grande tema. Certo se il cd costasse di meno, sarebbe meglio, perché un giovane che magari non lavora dovrebbe comprarsi un disco Jando Music, magari a 19 euro, quando ha accanto un basket con Kind Of Blue rimasterizzato a 5 euro?

La vostra struttura organizzativa si completa con il management? Ritenete, comunque, che possa essere utile per completare il percorso e fidelizzare al meglio i vostri artisti?
Noi facciamo management in maniera occasionale e solo per promuovere in showcase i nostri dischi, poi subentrano i manager ed i booking agents dei nostri artisti, più bravi di noi senz'altro. Se potessimo estendere la nostra struttura sicuramente ci sarebbero benefici a fare tutto: il disco, il management ed il booking. Per il momento però rimaniamo solo etichetta.

Quali sono le difficoltà che incontrate e qual è la tendenza del mercato dello spettacolo dal vivo?
Gli spazi per suonare dal vivo sono sempre di meno, concentrati in estate e gestiti da coraggiosi promoter ed organizzatori che, però, combattono con la crisi e ovviamente ne risentono anche i cachet dei musicisti che sono spesso bassi. E' una situazione difficile, ma c'è tanta gente nel jazz che prova a fare qualcosa.

A tal proposito, come giudicate lo stato di salute del jazz attualmente (sia quello italiano, che internazionale)?
Secondo me viviamo un momento stupendo. Se penso all'Italia, penso ad almeno cinque grandi star di livello internazionale per strumento che solo gli Stati Uniti possono vantare. Pensate solo al pianoforte, noi abbiamo gente pazzesca (spero di non dimenticare qualcuno, altrimenti mi ammazzano!) come Franco D'Andrea, Giorgio Gaslini, Renato Sellani, Stefano Bollani, Dado Moroni, Antonio Faraò, Danilo Rea, Enrico Pieranunzi, Rita Marcotulli, Antonello Salis, Stefano Battaglia per non parlare dei giovani, come: Giovanni Guidi, Alessandro Lanzoni, Enrico Zanisi, Domenico Sanna, Roberto Tarenzi, Julian Oliver Mazzariello, vado avanti? Quale altro paese, oltre agli Stati Uniti ha così tanti pianisti di livello internazionale? Dopo il jazz a stelle e strisce c'è quello italiano. Ne sono convinto ed ogni volta che organizziamo qualcosa all'estero ne è la riprova.

E' un fenomeno che mi dispiace constatare, ma la tendenza dell'Opera è quella di annoverare un pubblico sempre più giovane. Forse anche per il fatto che molte opere sono rivisitate da registi di chiara fama che lo hanno svecchiato parecchio. Nel jazz, però, anche lo svecchiamento non sempre porta risultati entusiasmanti. Come mai?
Non saprei. Qui non si tratta di vecchio o giovane, ma di appassionare i giovani alla musica e nel nostro caso alla musica jazz.

Non pensi che il jazz, in Italia, difetti in organizzazione e coordinamento? Sarà forse perché lo Stato e gli enti territoriali lo tengono sullo stesso livello delle sagre di paese (con tutto il rispetto anche per queste)?
E' la musica che temo interessi poco rispetto alla televisione, il calcio, i talent etc.. Poi, ovviamente, il jazz ha i suoi problemi specifici ma credo che ci siano ancora tante persone volenterose che ogni giorno provano a dare un contributo per valorizzare questa musica stupenda: sono fiducioso.

La diversificazione del prodotto artistico, e quindi discografico, anche al di fuori dell'ortodossia jazzistica, può essere utile, oppure ritenete migliore la specializzazione in un singolo settore musicale?
Il nostro claim è "il pallino della buona musica" di qualunque tipo, certo la nostra specializzazione è il jazz, ma abbiamo fatto anche dischi bossa, latin, soul, non abbiamo preclusioni.

Quali sono i prossimi progetti?
Sono appena usciti due cd per noi epocali. Il ritorno dei Doctor 3 (con il Parco della Musica Records) e un cd di Cristina Zavalloni (con Via Veneto Jazz) che con Uri Caine ed una band stellare, che rievoca con composizioni originali la grande Aretha Franklin. da settembre a fine anno abbiamo ancora bellissime cose da far uscire che vedrete.







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Data pubblicazione: 24/08/2014

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