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 Il giro d'Italia a bordo di un disco: 
Antonio Delvecchio, Fo(u)r 
di Alceste Ayroldi 
  
Terza puntata de "Il Giro d'Italia a bordo di un disco" che fa tappa a Bari, 
in casa della Fo(u)r records diretta da Antonio Delvecchio.  
 
Qual è la vostra filosofia di vita? Perché fare il discografico? 
La Four Records nasce nel 2006 su iniziativa 
di quattro amici appassionati di jazz che hanno voluto mettere in un progetto comune 
le proprie esperienze professionali per gestire interamente il processo di produzione 
musicale, dalla consulenza rivolta ai nuovi progetti alla distribuzione finale. 
Il fattore comune che tiene tutt'oggi legati i soci fondatori alla Four è riassunto 
in un pensiero di Lester Bowie: "Il jazz non è né un repertorio specifico, 
né esercizio accademico... ma uno stile di vita". 
 
Come reperite i nuovi talenti?  
Quella di orientarsi prevalentemente sul terreno della valorizzazione dei migliori 
talenti del panorama jazzistico meridionale è stata la nostra mission quando abbiamo 
costituito la Four. Tutt'oggi operiamo in un territorio che fornisce un contributo 
più che significativo al jazz italiano, grazie ad una scena creativa di prim'ordine 
ormai nota ed apprezzata anche ben oltre i confini nazionali. 
 
   Come scegliete i musicisti? 
Quando siamo contattati dagli artisti e riceviamo i loro demo, le scelte ricadono 
prevalentemente sui progetti discografici più interessanti. Nel nostro variegato 
catalogo, abbiamo incluso opere realizzate da musicisti al loro primo progetto e 
artisti affermati e non necessariamente solo italiani, abbracciando generi e stili 
diversi in ossequio ad una sola regola: poca attenzione per le mode e molto spazio 
per la qualità e l'innovazione. Purtroppo la nostra attività discografica può prevedere 
solo un numero limitato di produzioni annue per avere la possibilità di seguire 
i singoli lavori con maggiore attenzione. 
 
Quali sono le vostre politiche relative alla distribuzione? 
Four commercializza i propri cd in forma fisica, attraverso un distributore nazionale, 
e in versione liquida attraverso un portale di distribuzione digitale che rende 
disponibili i titoli per il downloading sui principali stores della rete. La tendenza 
attuale del mercato è quella di privilegiare sempre più il digitale rispetto al 
prodotto fisico. 
 
Quali mezzi utilizzate per raggiungere il vostro pubblico, anche potenziale? 
Non c'è dubbio che il ruolo più importante nell'attività di comunicazione di una 
etichetta indipendente che non dispone di grandi mezzi economici oggi è svolto dai 
social, facebook in testa. Così come è importante supportare questi canali con la 
pubblicità periodica sulle principali riviste di settore. Il nostro ufficio stampa 
cura anche l'organizzazione degli showcase di presentazione dei nuovi progetti, 
organizzati in luoghi dove un'alta partecipazione di pubblico garantisce una maggiore 
risonanza sui media. 
 
A cosa è dovuta la crisi del disco? E' da attribuire a mp3, peer to peer, o c'è 
dell'altro? 
Sicuramente con il diffondersi del peer to peer a partire dalla fine degli anni 
Novanta e quindi con il download di musica gratuita e non lecita è andato progressivamente 
in crisi il settore del disco. I formati di compressione che rendono possibile il 
trasferimento dei file musicali in modo semplice e rapido hanno dato il loro forte 
contributo. Leghiamo tutto ciò anche ai prezzi di vendita dei cd, che in molti casi 
sono inspiegabilmente alti rispetto alle indicazioni che personalmente forniamo 
ai distributori. Una filiera corta garantirebbe costi più bassi, più controlli da 
parte dell'editore e la possibilità di restare competitivi sul mercato rispetto 
alla concorrenza del downloading. 
 
Qual è lo scenario futuro?  
Immagino un futuro prossimo caratterizzato da sempre più etichette indipendenti 
che promuovano i lavori esclusivamente in digitale, con il download a pagamento 
messo a disposizione da portali specializzati in questo tipo di distribuzione. Per 
chi continuerà ad apprezzare il supporto fisico immagino che sarà sempre più difficile 
avere una disponibilità apprezzabile di titoli. 
 
Per combattere il nemico comune non sarebbe meglio coalizzarsi? Quali sono gli 
ostacoli alla creazione di un consorzio o un network? 
Cosa intendi per nemico comune? Se parliamo sempre dell'attività di un discografico 
è importante sottolineare quello che posso osservare oggi e cioè che l'ascolto è 
prevalentemente orientato al digitale (radio/streaming/downloading); bisognerebbe 
quindi combattere l'evoluzione o, se vuoi, la trasformazione di un sistema di fruizione 
della musica che non potrà di certo essere, per le ragioni che ben conosciamo, fermato 
dai singoli, consorzi o network.  
 
Anche le major non godono un buon stato di salute. In periodi di crisi è meglio 
essere "più piccoli"? 
In generale ad un periodo di crisi si sopravvive se si riesce a tenere bassi i costi 
di gestione della propria attività. Una etichetta piccola in questo senso ha più 
possibilità di gestirsi al meglio. 
 
Cosa potrebbero fare le istituzioni per migliorare e aiutare il settore, soprattutto 
per la lotta contro la pirateria? 
Sono tanti anni che se ne parla, ma una soluzione definitiva non è stata mai trovata. 
Intanto chiediamoci perché è nata la pirateria e come si alimenta. Abbiamo già dato 
una risposta in precedenza collegando il problema alla diffusione del digitale e 
quindi alla facilità di reperire materiale in modo illecito. Aggiungiamo anche il 
costo del prodotto fisico che è un ulteriore freno soprattutto in questa fase di 
recessione. Facciamo una riflessione anche sulla quantità di produzioni (spesso 
scadenti) in circolazione che disorienta i consumatori nella scelta dei lavori più 
interessanti.  
 
La vostra struttura organizzativa si completa con il management? Ritenete, comunque, 
che possa essere utile per completare il percorso e fidelizzare al meglio i vostri 
artisti? 
No, non siamo strutturati per il management dei nostri artisti. Abbiamo gestito 
solo occasionalmente delle opportunità di inserimento di alcuni dei nostri progetti 
nell'ambito di festival internazionali. La fidelizzazione dei nostri artisti si 
sviluppa prevalentemente nell'ambito di una stretta collaborazione che ha l'obiettivo 
di sostenere al meglio e reciprocamente la diffusione del progetto discografico.
 
 
Quali sono le difficoltà che incontrate e qual è la tendenza del mercato dello 
spettacolo dal vivo? 
Posso raccontanti della diretta e recente esperienza maturata in collaborazione 
con la scuola di musica Il Pentagramma di Bari e l'associazione culturale Duke 
Ellington con cui abbiamo portato a termine, lo scorso aprile, la seconda rassegna 
del Jazz Club Bari nella prestigiosa cornice del Salone degli Specchi dell'Hotel 
Palace. Complessivamente 35 spettacoli che hanno visto la partecipazione di ospiti 
italiani ed internazionali. Lavorare, come nel nostro caso, ad un numero così alto 
di spettacoli è sempre molto difficile: grande impegno economico (solo in minima 
parte abbiamo avuto la copertura degli sponsor) e incessante lavoro di comunicazione 
svolto per portare pubblico ad ogni serata. Se privatamente possiamo ancora gestire 
queste situazioni, posso immaginare la difficoltà delle amministrazioni pubbliche 
strette nella morsa del patto di stabilità.  
 
A tal proposito, come giudichi lo stato di salute del jazz attualmente (sia quello 
italiano, che internazionale)? 
Il jazz in questi anni, in particolare in Italia, è sicuramente condizionato dalla 
situazione contingente e quindi non gode di buona salute. Oltre alle difficoltà 
organizzative sottolineo la responsabilità di molti promoter poco propensi ad investire 
su progetti che non abbiano una garanzia di successo. Ecco il motivo per cui spesso 
ci si affida a volti noti senza "rischiare" sulle nuove progettualità. 
 
Il pubblico del jazz, almeno in Italia, è statisticamente provato che sia formato 
perlopiù da persone over 35 anni. In altri stati, però, ciò non succede. Secondo 
te quali sono i motivi di fondo? I prezzi dei biglietti sono troppo alti? Il jazz 
non trova spazio negli ordinari canali di comunicazione dei giovani? E' frutto di 
una crisi culturale? 
Tutti i fattori a cui accenni hanno sicuramente il loro peso ed è sicuramente in 
questi ambiti che vanno ricercate le cause. In più osservo, tra gli under 35, una 
scarsa partecipazione di musicisti tra il pubblico che invece dovrebbero essere 
più numerosi e ciò, nonostante il nostro territorio sia, come accennavo in precedenza, 
ricco di risorse. 
 
E' un fenomeno che mi dispiace constatare, ma la tendenza dell'Opera è quella 
di annoverare un pubblico sempre più giovane. Forse anche per il fatto che molte 
opere sono rivisitate da registi di chiara fama che lo hanno svecchiato parecchio. 
Nel jazz, però, anche lo svecchiamento non sempre porta risultati entusiasmanti. 
Come mai? 
Impossibile, come detto in precedenza, individuare delle cause precise tenendo conto 
degli ampi margini in cui il jazz può spaziare proponendo, per definizione, soluzioni 
variegate di stili, sottogeneri, etc.. Posso solo augurarmi che questa tendenza 
in atto nell'Opera possa presto raggiungere analoghi risultati nel nostro ambito. 
 
Non pensi che il jazz, in Italia, difetti in organizzazione e coordinamento? 
Sarà forse perché lo Stato e gli enti territoriali lo tengono sullo stesso livello 
delle sagre di paese (con tutto il rispetto anche per queste)?  
Ogni amministrazione credo si debba porre il problema di sostenere un'offerta culturale 
valida e che abbia l'obiettivo di raggiungere una parte cospicua di utenti. In tale 
ambito il jazz, quando considerato, rappresenta una parte marginale dell'investimento. 
In altri pochi casi altre amministrazioni hanno fatto del jazz il volano per lo 
sviluppo anche economico del territorio. La diversificazione del prodotto artistico, 
e quindi discografico, anche al di fuori dell'ortodossia jazzistica, può essere 
utile, oppure ritenete migliore la specializzazione in un singolo settore musicale?
Ad oggi il catalogo Four può vantare oltre settanta titoli suddivisi in linee editoriali 
diverse: jazz classico, contemporaneo, beyond e promo. Abbiamo sempre creduto nella 
classificazione della nostra offerta di jazz o musicale in genere (abbiamo inserito 
nel nostro catalogo anche lavori di altri generi musicali) per orientare la scelta 
dell'ascoltatore e per non precluderci alcuna possibilità di trattare altre performance 
musicalmente stimolanti. 
 
Quali sono i prossimi progetti? 
Abbiamo tre uscite discografiche programmate per la fine di giugno: Onofrio Paciulli 
con un progetto di jazz contemporaneo intitolato "Epoca"; una proposta di jazz classico 
del trio Adamo-Di Leone-Angiuli con un lavoro intitolato "The Night Has A Thousand 
Eyes" ed infine il secondo CD dell'Orchestra Laboratorio del Pentagramma diretta 
da Nico Marziliano che esce per la 4LAB, un marchio della Four Records dedicato 
ai laboratori musicali. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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			Data pubblicazione: 22/06/2014
	  
 
 
 
	
  
	
		
		
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