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Francesco Pennetta
Pulse
Fo(u)r 2010
1. Headway
2. Raincheck
3. Everything I love
4. On a clear day
5. Theme for Ernie
6. I let a song go out of my heart
7. Easy to love
8. Crazeology
9. Bluesette
Francesco Pennetta - batteria
Martin Jacobsen - sax tenore
Francesco Palmitessa - chitarra
Pietro Ciancaglini
- contrabbasso
email: info@four-edition.com
web: http://www.four-edition.com
"Pulse" è il disco di un quartetto classico collegato al jazz degli anni
cinquanta e sessanta con le radici nell'hard bop, ramificazioni nel modale e, per
certi versi, debitore anche della lezione di
Lee Konitz e soci. Francesco Pennetta ha un drummin' sicuro, non
dirompente e dimostra di saper accompagnare i partners con un tocco leggero nelle
ballads, usando il vigore e l'energia nei tempi più veloci.
Pietro Ciancaglini
tiene il ritmo con un lavoro oscuro, ma quando esce in assolo evidenzia una cavata
potente e un fraseggio bene articolato. Palmitessa assume un ruolo di cucitura fra
basso-batteria e sassofono con misura, senza strafare. Martin Jacobsen, da
parte sua, non si lancia in improvvisazioni infuocate, ricche di "groove", ma tiene
botta con un timbro scuro, un eloquio narrativo serrato, ma non convulso.. Insomma
siamo di fronte ad un cd in stile mainstream, per amanti del "jazz-jazz", per gli
appassionati della lezione dei suoi giganti, della sua storia. Qualche elemento
di discordanza dalla ripetizione di un canovaccio troppe volte ripetuto si può,
però, avvertire. Il modello a cui si rapporta il sassofonista appare delinearsi
in Warne Marsh, nome venuto fuori recentemente come modello ispiratore per Mark
Turner.
Il chitarrista, a sua volta, sembra aver ascoltato con attenzione Billy
Bauer. Non siamo, cioè, in presenza di hardboppers della più stretta osservanza.
La lezione dei maestri del "cool" appare assimilata da questo gruppo anche per un
modo di operare - tutto sommato - rilassato nel porgere la musica. I brani migliori
sono proprio quelli in cui questa solarità e tranquillità con una tensione controllata,
si appalesano più chiaramente. Stiamo parlando di "Crazeology" di Benny Harris
con un solo efficace della chitarra di Palmitessa e di "Bluesette" di
Toots Thielemans
dove è Jacobsen in bella evidenza. Si segnalano anche "Everything I love"
di Cole Porter aromatizzata di ritmi brasiliani e la versione caraibica di "Raincheck"
da Billy Strayhorn. In altre tracce il "dejà vu" o meglio il "Dejà écoutè" si manifesta,
soprattutto nell'utilizzo di stacchi di basso e batteria a mettere un punto nei
vari brani, secondo una procedura tipica del bop, un po' troppo "consunta" dall'uso.
Per concludere, stiamo parlando di un cd suonato bene da musicisti ben convinti
di aver imboccato la strada maestra. Ci sono, senz'altro, alcune idee sul piano
dell'arrangiamento da portare avanti. Sono meno interessanti, come detto, le riprese
di procedimenti standardizzati nel tempo che provocano, alla lunga, la sensazione
del "già troppe volte sentito" nell'ascoltatore.
Gianni B. Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 17/10/2010
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