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Orchestra Laboratorio del Pentagramma
Works Two
Four Lab (2014)
1. Groovin' High (Gillespie)
2. Fables of Faubus take #1 (Mingus)
3. Duke Ellington's Sound of Love (Mingus)
4. Caminhos Cruzados (Jobim)
5. Straight Ahead (Nelson)
6. Taxi Driver Theme (Herrmann)
7. Misty (Garner)
8. Fables of Faubus take #2 (Mingus)
9. Ladybird (Dameron)
Annalisa Mondino - Voce (3, 4, 9) Michele Capriati - Flauto Vito Liturri - Pianoforte Muzio Petrella - Trombone Marco Carluccio - Batteria Giuseppe Schiavone - Basso e contrabbasso elettrico Michelangelo Belviso, Marco Bernardi - Sax contralto Paolo Debenedetto, Donato Mangialardi, Felice Mezzina - Sax tenore (3, 5, 6)
Secondo album per l'orchestra diretta da Nico Marziliano, che questa volta
omaggia per intero la grande storia del jazz; infatti, a differenza di quanto accaduto
nell'album d'esordio Works One, questa seconda prova non contiene brani originali
di Marziliano, che a suo tempo affiancarono celebri pezzi d'annata. Ma la dinamica
orchestra si muove ormai con disinvoltura sulle orme dei mostri sacri del jazz,
e lo dimostrano gli arrangiamenti di questo secondo, pregevole album, costruito
pezzo dopo pezzo con la voglia di indagare, e rivisitare, un po' del grande jazz
d'atmosfera. È l'atmosfera, infatti, il fil rouge di Works Two, raggiunta
attraverso una capillare ricerca negli arrangiamenti.
Evidenti sin dal brano d'apertura, quel Groovin' High per il quale Marziliano
scrive un arrangiamento che strizza l'occhio allo swing e alle luci di Broadway,
quasi materializzate davanti all'ascoltatore dai brillanti sax che introducono il
pezzo; questi ammorbidiscono l'originale ruvidezza di Gillespie, e irrobustiscono
il dialogo fra sax alto e batteria di Parker e Harris. In sottofondo, la vivace
batteria di Carluccio passa con agilità dalle percussioni alla grancassa. A metà,
un gentile a solo pianistico (che ha perso quel sapore vagamente honky
tonk della versione originale), delizia l'ascoltatore con dinamiche scale esuberanti
come una pagina di Francis Scott Fitzgerald.
L'omaggio al grande jazz prosegue con la raffinatissima atmosfera della stupenda
Duke Ellington's Sound of Love, cantata dalla voce suadente di Annalisa
Mondino, che afferra come fossero rose, una dopo l'altra, le note di questa autentica
"poesia jazz": un'appassionata dichiarazione d'amore allo stile di vita suggerito
dal jazz di Ellington (alla cui memoria la canzone è dedicata), appartato e lunare.
La colonna sonora è incentrata sul pianoforte di Liturri, bravo a inserirsi nel
dialogo tra i fiati, sui quali spicca il toccante sax tenore di Mezzina, impegnato
in un sommesso a solo che ha il sapore di una solitaria passeggiata per i
vicoli del Village.
Piacevole sorpresa dell'album, l'incursione nei ritmi latini della Bossa Nova, rivisitati
e corretti in chiave jazz. L'introduzione pianistica dà maggior consistenza all'altrimenti
eterea atmosfera di Jobim, e l'affiancarsi dei fiati, che conferiscono un'allure
newyorkese, ovvero trasporta i "cuori innamorati" in pieno Central Park. L'interpretazione
vocale di Annalisa Mondino segue questa vivacità, velocizzando il brani rispetto
ad approcci più intimistici, ad esempio quello di
Caetano
Veloso.
Non manca un omaggio alla grande Hollywood, con Taxi Driver Theme, introdotta
da un ragionato caos di sax che rimanda alle sirene, i clacson, gli stridii dei
freni, che squarciano l'aria delle strade di New York, ma anche ai pensieri in libertà
di Coleman Hawkins. Dopo di che, la spettrale New York vista dal finestrino
del taxi appare davanti all'ascoltatore, ancora grazie alla magia dei sax, impegnati
in classici virtuosismi. Rispetto alla versione di Hermann, qui mancano gli archi,
cui appunto sopperiscono i fiati, a tutto vantaggio di un suono più quadrato e contemporaneo.
Ad aggiungere un tocco di pensoso romanticismo al brano, il pianoforte di Liturri,
incentrato su scale del registro medio-grave.
Interessanti anche le rivisitazioni di standard quali l'introspettiva Misty,
e la più vivace Ladybird, testimonianze della contraddittoria America fra
gli anni Trenta e Quaranta. Works Two, un album non banale, che regala una
sapiente e accattivante miscela di jazz classico e interessanti variazioni sul tema,
sospesa fra New York E Rio de Janeiro, fra momenti d'intimità e incursioni urbane,
e che dà la misura della poliedricità dell'orchestra di Marziliano, nonché della
vitalità della scena jazz pugliese.
Niccolò Lucarelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 19/09/2015
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