Nattjazz 2007
Bergen – Norvegia, 23 maggio - 2 giugno 2007
di Luca Vitali
foto di Luca Vitali e Erik Lande
Nattjazz
è uno dei Festival estivi norvegesi più importanti e si tiene a Bergen dal
1973.
Vorrei innanzitutto spendere due parole sul luogo: Bergen è una cittadina
incantevole sul Fiordo norvegese, non a caso tra i patrimoni dell'Unesco, e i concerti
si tengono in un'antica Fabbrica di sardine (USF, ovvero United Sardine Factory)
dismessa, recuperata e adibita a luogo di produzione d'arte e cultura.
Mr. Grønningsaeter responsabile del Vestnorsk Jazzsenter,
ente parastatale per la promozione della musica Norvegese, tiene a sottolineare
che ora, in questo magnifica fabbrica dell'arte e della cultura, sono impiegate
più di 350 persone nei diversi settori della musica, del cinema, del teatro, ecc.
addirittura di più di quando si producevano sardine.
Ai
piani superiori si trova anche il quartier generale del sig. Kalleklev, manager
di gran parte degli artisti norvegesi (Molvaer, Henriksen, Endresen,
ecc.).
Piove quando arrivo in città, di pomeriggio, ma l'aria è elettrica: oltre
a "Nattjazz"
si tengono "Festspillene",
festival di musica contemporanea, "OiOi", festival di musica folk, e "BaJazz",
dedicato ai bambini.
Ma
veniamo al Festival, che poi è la ragione per cui mi trovo a Bergen. Raggiungo l'area
dei concerti e nonostante la pioggia la gente accorre numerosa all'inaugurazione.
La formula sembra originale e alquanto bizzarra in quanto i concerti iniziano
la sera alle 20 e terminano alle 2, si tengono in tre diversi spazi contemporaneamente
e con un "pass giornaliero" si ha diritto a vederli tutti, per cui è usanza che
a metà concerto buona parte del pubblico si alzi e vada a sentire altri concerti
e arrivi un'analoga ondata di pubblico proveniente dalle altre sale.
In programma ci sono formazioni di gran livello, in gran parte norvegesi
ma non solo, ci sono infatti anche
Uri Caine
e i suoi Bedrock, Cuong Vu, Marlene Mortensen, Eric Schaefer
e altri, ma la scena norvegese è rappresentata al meglio con formazioni e con artisti
più o meno noti.
La prima sera, il 23 maggio, non ancora abituato
alla formula mi trovo a dover scegliere e opto per Triplebass con Arve
Henriksen, e dovendo però rinunciare a Cuong Vu (con una formazione
di tutto rispetto, Stomu Takeishi basso, Tedd Poor batteria, Chris
Speed Sassofoni e Clarinetto).
Il
progetto, mi dice Mats Eilertsen in una chiacchierata informale (lui oltre
ad uno dei tre Triplebass è il bassista del quartetto Parish, di
Bobo Stenson), è nuovo, riunisce i tre giovani contrabbassisti senza
un leader, ed è la seconda volta che ospita la tromba di Henriksen.
I tre leader Mats Eilertsen, Per Zanussi e Eivind Opsvik,
mostrano da subito grandi doti tecniche e creatività, sono giovani, freschi,
e con caratteristiche assai diverse. Il repertorio è estremamente interessante ed
esplorativo, e l'innesto di Henriksen ci sta come..."il cacio sui maccheroni"...Chiaramente
nessuno spartito, è improvvisazione pura, una ricerca di sonorità "assurde" che
in realtà si traducono in poesia assoluta. Nel primo brano, mentre gli altri si
alternano all'archetto e al pizzicato, Henriksen non suona (in modo convenzionale),
ma produce suoni strofinando le mani sul suo strumento. Nel brano successivo attacca
senza bocchino con quel suo suono "flautato" per proseguire poi con una sorta di
suite unica dove i tre sperimentano allentando le corde o attaccandoci delle
mollette da bucato, ed Henriksen che ascolta per lunghi tratti e poi suona
come solo lui sa fare.
Durante tutto il concerto è bellissimo vedere l'interazione dei musicisti
e come Henriksen sdrammatizza ogni volta che accade qualcosa di accidentale
(un bicchiere che cade o qualsiasi altra cosa): lui ride e spesso risponde facendo
a sua volta dei rumori. È evidente che si sente a casa, e a differenza di altre
volte è assai meno serioso, sembra anzi lasciarsi andare a un ruolo "comico"
che lo contraddistinguerà per tutto il festival. Inoltre sarà lui l'artista trasversale
che farà incrociare Nattjazz,
Festspillene e
OiOi: partecipa infatti a
Festspillene con il Trio Medieval (e due delle artiste del
trio Medieval appariranno poi con lui a
Nattjazz), mentre
con un tastierista è in uno spettacolo multimediale di OiOi.
Nel finale una bellissima composizione di Opsvik in cui Henriksen
si produce dapprima alla tromba e poi alla voce in modo straordinario.
Il primo spettacolo è stato davvero un gran sentire per cui i presupposti per
il festival sembrano ottimi.
La
sera successiva, il 24 maggio, inizia con Nils Økland
al violino e viola d'amore, Apeland all'organo e Skarbø alla batteria
(si tratta di un batterista giovanissimo e molto dotato, tanto che, a mio avviso,
ne sentiremo parlare ancora in futuro). La formazione è molto simile a quella vista
ad Aterforum un paio d'anni fa, (il giovane batterista sostituisce Eilertsen
al contrabbasso). Il repertorio si rifà alla tradizione Norvegese, il trio suona
divinamente e l'atmosfera è splendida.
A
seguire Arve Henriksen ritrova uno dei suoi complici nei Supersilent,
Ståle Storløkken. Il concerto inizia con Storløkken al piano
a scandire il tempo e Henriksen a dipingere con il suo suono vellutato, poi
un accenno alle improvvisazioni dei Supersilent. Da subito quello che si
percepisce è un grande affiatamento tra i due che posti frontalmente dialogano con
lo sguardo e gli strumenti senza tregua.
A seguire Storlokkken prosegue con il suo ricco repertorio di tastiere
dimenandosi freneticamente mentre Henriksen fa uso oltre che della tromba
e del PC, anche delle percussioni elettroniche. Peccato non aver compreso una sola
parola di tutto il discorso che a un certo punto Henriksen fa, perché al
termine tutti ridono divertiti...Di seguito attaccano con un brano dei loro, a mo'
di "videogame", che si trasforma in un canto sussurrato. Arve invita
il pubblico a sussurrare con lui e si sovrappone dapprima con voce "sciamanica",
poi con la sua voce "bianca", poi con la tromba: è "impro" pura, a tratti le frasi
sembrano rifarsi a "Strjon",
l'ultimo album di Henriksen, ma poi vanno a finire altrove. Due brani di
musica sacra e ancora una volta Henriksen scherza col pubblico e invita un
amico in prima fila a suonare la batteria. Arriva addirittura a montargli una batteria
che stava nel Backstage. È uno spettacolo a metà tra musica e teatro, si improvvisa,
si ride, ci sono nuovi attori sulla scena. Il batterista oltre a suonare attacca
un dialogo alla voce con Arve che sembra in preda al demonio da come si muove.
Al termine Arve lo fotografa e poi invita due del trio Medieval a
unirsi al gruppo e il risultato è assolutamente straordinario, si improvvisa, si
rischia, e il risultato è sempre di gran livello. Si chiude con "Gate
Closing" di Storlokken che si trasforma in estratto di "Chiaroscuro"
di Henriksen.
Unico
rammarico: non aver sentito Audun Kleive con i suoi "Generator X",
Wallumrod alle tastiere e Ole Morten Vågan al basso, il soundcheck
sembrava davvero interessante.
25 maggio, in prima serata due cantanti (entrambe
donne) si confrontano in contemporanea, al Sardinen la danese Malene Mortensen,
e allo Scene i norvegesi You Loved Me Like a Stone con Hanna Gjermundrødc
alla voce.
Al
Sardinen entrano prima i tre giovani componenti del "piano trio" - Jacob
Christoffersen al piano, Morten Ankarfeldt al contrabbasso e Rasmus
Kihlberg alla batteria - che attaccano spavaldi ed esuberanti. Il primo brano,
piacevole ed energico senza essere troppo aggressivo, è un buon inizio. Al secondo
brano entrano la vocalist e un altro componente del gruppo, il chitarrista
non menzionato nel programma, lei è davvero bella e brava, dotata di voce e tecnica
di canto interessanti, ma non strabilianti.
Nel suo genere regge bene il confronto con le varie Peyroux,
Norah Johnes, ecc., ma non aggiunge nulla al festival, e temo che non lascerà
il segno.
Dopo qualche brano mi sposto al piano di sopra dove trovo You Loved
Me Like a Stone che si cimentano nel progetto dedicato a Leonard Cohen,
la formazione è costituita da Hanna Gjermundrød alla voce, Daniel Formo
all'organo ed Erik Nylander alla batteria. Entro a concerto su di un
brano in cui la cantante si produce da sola alla voce e ai campionamenti, le atmosfere
ricordano vagamente Susanna Wallumrod, ma mantengono una certa originalità.
Dal brano successivo attaccano gli altri componenti del gruppo, ma il progetto sembra
perdere di originalità e non convincere a pieno.
A seguire mi allontano dalla sede di
Nattjazz e faccio
un'incursione a Festspillene,
Festival di musica contemporanea.
Il Trio Medieval composto da Anna Maria Friman, Linn Andrea
Flugseth e Torunn Ostrem Ossum alla voce ed "Artist in Residence al Festival",
incontrano Arve Henriksen.
Ribadisco: Henriksen è stato il vero "mattatore" trasversale dei
tre Festival che si tengono in contemporanea,
Nattjazz,
Festspillene
e OiOi.
Il
concerto, che si tiene all'interno del Teatro Logen,nel centro di Bergen, si apre
in maniera del tutto inusuale, con Henriksen elegantissimo, in abito gessato,
che interagisce con le tre vocalist in un repertorio a metà tra la musica
sacra (dei primi due album del trio usciti per la ECM di Manfred Eicher)
e la musica Folk medievale norvegese (del prossimo album in uscita a settembre "Folk
songs").
Attaccano le tre vocalist con arie davvero sublimi e pian piano
Henriksen entra nel contesto con le sonorità morbide e diafane della sua
tromba e un'elettronica che non va mai sopra le righe. Ospite all'inizio, pian piano
prende in mano la situazione e si trasforma in leader. C'è un grande feeling (Anna
Maria Friman è la compagna di Henriksen, ed è piuttosto evidente che
non è il solito progetto "posticcio" voluto a tutti i costi, ma un'idea nata tra
amici che si stimano, e che tentano una sfida in terra di confine, oltre il loro
ambito naturale) e il concerto va via nel silenzio religioso del pubblico fino a
che Henriksen non si lancia con i suoi vocalizzi finendo col coinvolgere
il pubblico (scene forse "blasfeme" nell'ambito della classica e della contemporanea,
ma in quel contesto, secondo me, per nulla fuori luogo):
si
alza in piedi e lo usa come un'orchestra per produrre basi musicali senza ricorrere
all'elettronica, addirittura a un certo punto invita un signore del pubblico, la
cui voce (che ricorda le voci sciamaniche dei lapponi) s'è fatta notare, a scendere
sul palco e cantare con loro (il signore, si scoprirà, è un partecipante di OiOi).
Spettacolo tutt'altro che ineccepibile per un purista, ma apprezzabile per l'energia
dell'improvvisazione che si mescola al canto straordinario delle tre vocalist.
Nel pomeriggio Henriksen e il tastierista Helge Lilletvedt
- nell'ambito del Festival OiOi – avevano dato luogo allo spettacolo multimediale
"Folfonene".
Lo
spettacolo mescola immagini e voci con Henriksen che improvvisa alla tromba
e alla voce. Il "palco" è una vetrina del grande magazzino "Sundt" e gli spettatori
assistono da fuori. Anche qui si inizia in modo quasi religioso e si finisce con
una grande festa dove i musicisti in vetrina scherzano e si divertono interagendo
col pubblico fuori, che si presta ed asseconda: una coppia, incitata da Henriksen,
si mette a ballare un tango sul marciapiede.
È valsa la pena di uscire per un attimo da
Nattjazz per assistere
a queste due performance, peccato solo non aver sentito i Puma, di cui tutti
hanno parlato un gran bene. Effettivamente, ascoltando il disco nei giorni a seguire,
non posso che confermarne l'indubbio valore (sonorità alla Supersilent con
la chitarra a sostituire la tromba con un unico denominatore comune, l'improvvisazione).
Il
giorno seguente, 26 maggio, al Sardinen è di scena
Kristin Asbjørnsen, che con il disco Spiritual Songbook a mio parere
è una delle novità più interessanti arrivate in Italia negli ultimi mesi, paragonabile
a Little Thing di Anne HukkElberg. In questo caso non presenta
il disco, ma un progetto basato su repertorio di Bessie Smith assieme
al Nymark Collective. Il progetto è nato due anni fa come progetto originale
per il Festival di Molde (Festival che si tiene a luglio sempre sui Fiordi Norvegesi
un po' più a nord di Bergen) quando kristian accoglie l'invito a cantare
musiche di New Orleans rivisitate. La band presenta un mix tra tradizione e modernità
e si annuncia un concerto di assoluto interesse. Lei entra subito e senza troppe
formalità assieme a Kåre Nymark, alla tromba, Tord Gustavsen al piano,
Mats Eilertsen al contrabbasso e Kenneth Ekornes alla batteria. I
musicisti, tutti molto giovani, si mostrano di gran livello tecnico. Lei apre con
un blues e mostra da subito un gran carattere, è impressionante vedere come tiene
in pugno la scena, con grandi del jazz norvegese come Gustavsen (ormai noto
per il suo trio con la ECM) ed Eilertsen.
Assai diverso l'approccio rispetto alla Mortensen della sera prima,
ma più incisivo e penetrante. Ha una voce che impressiona per calore, corpo e profondità:
è una voce nera nel corpo di una scandinava con elementi di raffinatezza davvero
inusuali. Gustavsen delizia il pubblico al piano con parti solistiche davvero
notevoli ed Eilertsen si dimostra come sempre creativo e più puntuale delle
lancette di un orologio a scandire il tempo. Nymark ha un bel suono, ma forse
pecca di originalità, e il percussionista, senza strafare ma con un buon "drumming",
completa l'organico.
Sembra davvero di essere a New Orleans anziché a Bergen e il pubblico
è rapito e teso ad ascoltare. Il repertorio non è così originale come il disco,
ma il concerto è assolutamente di gran livello e lei ad un tratto, dopo aver cantato
alla grande, si fa da parte e lascia spazio al quartetto che prosegue magnificamente.
Finora senza ombra di dubbio la miglior voce femminile sentita al festival per originalità
e doti tecniche.
Di
seguito è stata la volta di Mikko Innanen & Innkvisitio, gruppo finlandese
composto da Mikko Innanen sax (alto, soprano e baritono) Fredrik Ljungqvist
sax tenore e clarino, Seppo Kantonen tastiere e Joonas Riippa
batteria.
Da subito Fredrik Ljungqvist al clarino mostra doti straordinarie
(è il sassofonista/clarinettista del quartetto Parish di Bobo Stenson,
uscito per la ECM), suona alla grande e sembra il vero "leader" della formazione
anche se il gruppo è a nome di Mikko Innanen, il quale si mostra invece timido
e introverso, sebbene poi al sax soprano abbia un suono piuttosto originale (a differenza
del sax alto). Belle le parti a Baritono, ma Ljungqvist al tenore lo sovrasta
per tecnica e originalità. Le composizioni non sono male, ricordano un po' la poetica
cinematografica di Kaurismaki (paradossale e atipica, se confrontata con
la cinematografia europea), i musicisti sono bravi ma il tutto non convince fino
in fondo e sembra non voler decollare.
Ad un certo punto un allarme antincendio (o rilevatore di gas) interrompe
il concerto - il pubblico (me compreso) deve uscire in attesa del ripristino delle
condizioni di sicurezza all'interno del locale - e al rientro i musicisti cambiano
completamente registro trovando un "feeling" del tutto insperato fino ad allora.
Innanem, prima timido e introverso, sembra rinato e al baritono suona alla
grande, discutibile forse quando vuole stupire con soprano e alto contemporaneamente,
ma in generale entusiasma. L'energia che si libera è straordinaria e il crescendo
a cui assistiamo è magnifico, la musica assolutamente di gran livello e il finale
da cardiopalmo. Stupisce davvero la differenza fra il prima e il dopo, ma il secondo
"set" ha convinto appieno.
Domenica 27 Maggio è una giornata
di sole e il "clima" che si respira è speciale anche dentro all'area del festival.
Pubblico, organizzatori e musicisti si godono il sole in riva la mare, la cornice
è magica e inusuale a Bergen, dove piove abbastanza di frequente.
Nel
pomeriggio assisto al Sound check del trio di Carsten Daerr, formazione
muscolosa ed energica per via soprattutto del batterista Schaefer (membro
del trio "EM", insieme a Michael Wollny ed Eva Kruse, con cui - ha
annunciato nel corso di in una chiacchierata informale - verrà in Italia a ottobre).
La formazione si presenta al Sardinen con Carsten Daerr al piano, Oliver
Potratz al contrabbasso e Eric Schaefer alla batteria, che partono subito
di gran lena, molto affiatati. Eric Schaefer alla batteria si fa notare,
è tellurico e trascinatore (forse un po' troppo, a tratti quasi rock). Dal secondo
brano, "Manila", inanellano una serie di brani
che evocano sonorità lontane, molto interessanti e originali (Daerr dice
che si ispirano all'Equador ma a me sembrano più africane e mi ricordano "Colours
of Ghana", del connazionale Jens Thomas). Il leader a tratti sembra un
po' impacciato nel presentare i brani o i musicisti, Schaefer è magnetico
(anche nello sguardo), straordinario, il bassista fatica un po' ad emergere, ma
restituisce un po' di equilibrio a una formazione altrimenti sbilanciata dalla potenza
della batteria.
Durante
il concerto di Carsten Daerr mi sposto al piano di sopra (allo Scene) per
assistere allo spettacolo messo in scena dal batterista e percussionista Terje
Isungset e dalla danzatrice Therese Skauge (entrambi norvegesi). Entro
a concerto iniziato con Isungset alla batteria che si produce in un assolo
magnifico per varietà timbrica e quantità di suoni prodotti (sembrano in dieci e
suona da solo). Poco dopo entra la danzatrice che si mostra a tratti interessante
e a tratti quasi goffa, ma credo che il deficit maggiore sia coreografico e probabilmente
la versione originale, all'interno di un igloo, era più fascinosa. L'operazione
nel suo complesso risulta interessante, meno convincente nei tratti comici e in
quelli con Isungset allo scacciapensieri. Isungset è artista davvero
poliedrico e da anni ha avviato questo percorso verso le sonorità del ghiaccio e
organizza addirittura un festival che si tiene a gennaio
Geilo dove artisti
di vario genere e provenienza si incontrano per confrontarsi su varie forme d'arte
(installazione, musica, danza, ecc.) in contesto davvero unico. Sempre sullo stesso
tema ha dato vita ad un etichetta discografica la "Ice-Music" per cui sono usciti
alcuni album davvero interessanti con Sidsel Endresen, Per Jorgensen
e Arve Henriksen.
Osservando gli strumenti con cui Isungset suona ci si fa un'idea
della personalità di Isungset e del suo attaccamento alla tradizione ed alla
cultura del popolo da cui discende.
Alle
22.30, senza conoscere la formazione, vengo invitato ad assistere alla performance
del trio Orange all'interno dello spazio più piccolo ed intimo (la Cinemateket).
La formazione è un piano trio dei più classici, con Vigleik Storaas al piano,
Sondre Meisfjord al contrabbasso e Stig Rennestraum alla batteria.
Entro a concerto appena iniziato e le sonorità sono emozionanti ed ammalianti, il
bassista usa l'archetto con risultati straordinari. La musica è davvero bella, nessuno
eccede, il senso della misura è straordinario e l'emozione unica.
Questa
formazione è una vera sorpresa, il pianista ha un tocco magico e nel linguaggio
ricorda a tratti Bobo Stenson, mantenendo però una sua originalità, il bassista
è indubbiamente bravo e non a caso è tra i più affermati "sideman" norvegesi, il
batterista infine - autore di tutte le composizioni - ha un drumming denso, evocatore
di profonde emozioni.
Devo ammettere che mi trovo di fronte uno dei più bei concerti sentiti
nell'ultimo periodo, una performance che poggia le proprie fondamenta su di un equilibrio
unico e sa emozionare senza alcun effetto speciale ma grazie solo ad una vena poetica
straordinaria. Probabilmente nei prossimi mesi non potrò fare a meno di recensire
"Implicity", il loro album d'esordio, perché mi hanno davvero impressionato.
Purtroppo con Orange si chiude la mia partecipazione al Festival,
ma si chiude nel migliore dei modi, con una scoperta del tutto inaspettata. Il rientro
mi costringe a rinunciare a concerti sicuramente straordinari, The Thing
(Mats Gustavsson sax Ingebrigt H. Flaten contrabbasso Paal Nilssen-Love
batteria), Zu (uno dei pochi gruppi italiani), Bugge Wesseltoft,
Turanga (trio Parish con Ernst Reijseger al violoncello) ed altri.
La manifestazione prosegue per un'altra settimana con artisti di calibro
più internazionale (Uri
Caine, Macy Gray, ecc.), ma il livello della prima settimana
è stato davvero molto alto.
La
formula all'inizio non mi convinceva, ma alla fine mi sono dovuto ricredere: il
risultato infatti è una sorta di Evento/Fiera della musica e della sperimentazione
dove in contemporanea si può gioire e godere di performance le più diverse e di
musicisti dal livello tecnico altissimo che si incrociano in contesti disparati
con spesso l'unico filo conduttore dell'improvvisazione pura.
Se mi si chiedesse di fare un bilancio non potrei che dirmi soddisfatto
di aver preso parte da spettatore a
Nattjazz. Per quanto
concerne i valori in campo credo che la sorpresa più grande sia stata la performance
degli Orange, il musicista più straordinario e trasversale Arve Henriksen,
mentre la presenza più costante per qualità, creatività ed eclettismo, Mats Eilertsen.
Il festival non ha la visibilità di Molde, ma la qualità somministrata
è altissima e la stampa internazionale aderisce piuttosto numerosa (una delle voci
più autorevoli sul Jazz Norvegese - Fiona Talkington di BBC Radio3, Jazzwise, ecc.).
Vorrei aggiungere un plauso sia agli organizzatori che al pubblico: qui
si percepisce una cultura musicale molto diversa da quella che c'è nel nostro paese,
gli organizzatori rischiano e propongono una miscela di stelle e di giovani totalmente
sconosciuti, il pubblico da parte sua si fida del direttore artistico e non è vittima
del grande nome. Gli artisti sperimentano e produco dei veri "workshop" spontanei.
Il risultato è unico, la cornice straordinaria per cui di giorno c'è davvero la
possibilità di trascorrere delle splendide giornate tra i Fiordi in attesa dei concerti
serali.
24/10/2006 | Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Andy Sheppard, Bobo Stenson tra i protagonisti del Brugge Jazz 2006 (Thomas Van Der Aa e Nadia Guida) |
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Data pubblicazione: 19/08/2007
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