Jazz Groove Parte 2
di Giovanni Greto
Mestre (Ve), Auditorium del centro culturale Candiani
13 Aprile, Joyce & Band, "Feminina"
19 Aprile, Maurizio Brunod & Miroslav Vitous, "Duets"
3 maggio,
Claudio Fasoli Four, "Patchwork"
9 maggio, Ambrosetti, Caine, Di Castri,
"From Bach to Miles and Trane"
Mestre, Teatro Toniolo
27 maggio,
Enrico Rava & PMJL, "Lester! Omaggio a Lester Bowie"
Amata e stimata dai musicisti brasiliani, molti dei quali da tempo risiedono in
Veneto, Joyce ha tenuto un ottimo recital al Candiani di Mestre, aprendo
la seconda parte di "Jazz Groove", rassegna ideata come sempre dal circolo culturale
Caligola. Auditorium colmo e pubblico che sin dai primi accordi inizia ad entrare
nel morbido, ritmico e fortemente jazzistico balançado della cantautrice carioca,
assistita da un affiatato trio: Helio Alves, al pianoforte, Rodolfo Stroeter
al basso elettrico, il marito, Tutty Moreno, alla batteria. Soprattutto quest'ultimo,
non molto conosciuto alle grandi platee, ha impressionato per il bagaglio tecnico
e per il fraseggio, spezzettato, pieno di accentazioni, ricco di breaks e di assolo,
mai debordanti, ma finalizzati alla natura del brano in questione. Inoltre, la capacità
di padroneggiare in maniera impeccabile le dinamiche sonore, passando da un concitato
fortissimo ad un morbido pianissimo, ha evidenziato una sapiente concentrazione.
Il titolo scelto per il tour ha ripreso una delle canzoni più famose della cantante,
incisa per la prima volta nell'omonimo album del 1980.
E' piaciuta la trovata di licenziare ad uno ad uno i musicisti, per rimanere sola
in "Adeus America". Come spesso succede, il breve intermezzo solistico seguente,
ha destato immensa emozione e gioia, anche per la scelta dei brani, "Desde que o samba è samba" di
Caetano
Veloso, "Aguas de Março" di Tom Jobim, interpretati come devono
essere interpretati, anche se, come per tutti i grandi artisti, la prossima
volta saranno eseguiti in maniera diversa, sicuramente altrettanto
entusiasmante. Al ritorno del quartetto non può mancare "Desafinado", forse per rendere omaggio a Joao
Gilberto, mentre spetta a ‘Feminina'il compito di concludere il set. Ma si può
congedarsi senza concedere nemmeno un bis?. Ed ecco il quartetto, applaudito con
affetto, ritornare in pedana per proporre "O morro", un altro pezzo della grande
tradizione della Musica Popolare Brasiliana.
Ci si addentra in un'atmosfera cameristica, percorsa dallo swing, nell'ascoltare
un inedito duo, formato dal quarantatreenne chitarrista piemontese Maurizio Brunod
e dal veterano contrabbassista ceco-americano Miroslav Vitous. Conosciutisi
grazie all'EuroJazz Festival di Ivrea, i due in seguito hanno spesso suonato insieme,
finchè, grazie a Caligola Records, c'è stata la recente incisione di "Duets", un CD firmato Brunod, che duetta con artisti italiani e, appunto Vitous. Il programma
della serata mestrina ha alternato composizioni originali di Brunod ad alcuni standard,
lasciando spazio, vista l'esiguità dell'organico, a parecchie, lunghe improvvisazioni,
tra le quali spiccavano quelle, assai nasali, di Vitous con l'archetto. Il concerto
non è però riuscito a prendere il volo, nonostante la buona tecnica di entrambi.
Sono mancate le emozioni, presenti nell'esibizione precedente, anche se l'atmosfera
creatasi è apparsa apprezzabile.
La serata più lunga di tutte è stata quella del 3 maggio, che ha presentato quasi
un doppio concerto. Nella prima parte hanno duettato il chitarrista Michele Calgaro
e il trombettista e flicornista russo Alex Sipiagin, membro della Mingus
Big Band, stabilitosi nel 1992 negli Stati
Uniti. Brani molto dilatati, con improvvisazioni intersecantesi, mutamenti ritmici
e timbrici, hanno preparato l'ingresso del ‘Claudio
Fasoli Four', formato dal leader al sax tenore e soprano, dai
fratelli Calgaro, Michele alle chitarre e Lorenzo al contrabbasso, e da Gianni
Bertoncini alla batteria e all'elettronica. Anche in questo caso il concerto
è stata l'occasione per presentare l'ultimo CD del leader, "Patchwork" (Caligola Records), sempre felice di ritornare nella terra natale (è nato al Lido di Venezia),
e dell'attenzione dimostratagli dal pubblico. Brani swinganti, talvolta modali,
talaltra boppistici, con qualche episodio ambient, in virtù anche dell'elettronica,
sono proseguiti fino al gran finale, che ha richiamato Sipiagin per una gustosa
Jam Session, trasformando il Candiani in un afterhours.
Intenso e pieno di vitalità, il set drumless di
Uri Caine
al pianoforte,
Furio Di Castri al contrabbasso e
Franco Ambrosetti
al flicorno. Attraverso una narrazione spesso arricchita da spiegazioni tecniche,
quest'ultimo, motivando il titolo scelto per il concerto, ha dimostrato come Bach
sia stato uno tra gli improvvisatori più celebri della musica barocca, che ha influenzato
tutti i secoli successivi. E dalle "Variazioni Goldberg", già incise da Caine, è
iniziato un viaggio nella storia della musica, che ha toccato Giuseppe Verdi, riproponendo
pezzi dall' "Otello Syndrome", dello stesso Caine, un'opera eseguita per la prima
volta parecchi anni fa in una memorabile edizione della Biennale Musica di Venezia,
e che deve piacergli particolarmente, perché la ripropone ogni qual volta il repertorio
della serata lo consente. Chiaro e limpido il fraseggio di Ambrosetti, classe 1941,
di cui Miles Davis disse che "è l'unico trombettista bianco ad avere un suono
nero". Verso la fine i tre hanno reso omaggio a Coltrane, eseguendo "Mr.P.C.", dove
le lettere maiuscole stanno ad indicare il contrabbassista Paul Chambers,
scomparso prematuramente e a Davis, eseguendo in maniera impeccabile la magnifica
‘Seven Steps To Heaven', senza far rimpiangere l'assenza della batteria.
Un felice interplay, cui si è aggiunta una equa distribuzione solistica, ha dimostrato
come non si possa parlare piu di jazz americano o di jazz europeo, ma di una musica
internazionale, bella da ascoltare se gli interpreti, da qualunque paese provengano,
sono di qualità.
Non è facile rendere omaggio ad un musicista di carattere che non c'è più, ma che
ha lasciato un segno personale nella storia della musica Jazz. Con rispetto e, forse,
fiducioso, visto il successo ottenuto con la rilettura di canzoni di Michael Jackson,
testimoniato dal lavoro Ecm "Rava on the dance floor", mentre sta proseguendo ancora
il progetto dal vivo,
Enrico Rava
ha voluto celebrare il cofondatore del leggendario, unico, gruppo AEOC, Art Ensemble of Chicago, assecondato ancora una volta dal PMJL,
Parco della Musica Jazz Lab,
in particolare dalla figura di Marco Ottolini, trombonista e valente arrangiatore,
in grado di dare equilibrio ad una musica non facile da rendere – Bowie aveva esplorato
a fondo la Great Black Music, dal Blues al Soul, dal Funky al Reggae, al Free
– se si è alla ricerca della più vicina somiglianza sonora. Il PMJL ha invece preferito
riproporre l'Idea della musica di Bowie, il suo gusto per l'improvvisazione e per
una ricerca senza limiti. Il concerto di Mestre, dopo un inizio un po' timido, è
riuscito, brano dopo brano, a tener desta l'attenzione del pubblico, a far assaporare
il gusto della buona musica, del suonare assieme anche, se non soprattutto, per
divertimento. Merito dei musicisti, sempre più affiatati, generosi nel dare il meglio
di sé, dal leader, al citato Ottolini, attento anche alla direzione, ad
Andrea Tofanelli
alla tromba, Marcello Giannini alla chitarra, Franz Bazzani alle tastiere,
che in certi momenti hanno ricordato episodi legati alla svolta elettrica davisiana
di "Bitches Brew" (1969), a Giovanni
Guidi al piano acustico, spesso forzatamente assente perché impossibilitato
ad inserirsi quando i fiati prendevano tutt'insieme il sopravvento, a
Stefano Senni
al contrabbasso e Zeno De Rossi alla batteria, che si confermano una sicura
e snella sezione ritmica. Assai azzeccate, infine, le improvvisazioni dei due sassofonisti,
Daniele Tittarelli al contralto e Dan Kinzelman
al tenore. Tra i brani più festosi, uno dal carattere latineggiante, un altro dall'andamento
reggae, per ricordare che non esiste un unico genere musicale e che, forse, la mescolanza,
durante un concerto, può portare un'iniezione di forza e vitalità. Apprezzata, nel
bis, una breve citazione di "The Theme", una specie di sigla con la quale Miles
Davis negli anni '50 e '60 soleva congedarsi dalla platea.
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 25/08/2013
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