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Raffaello Pareti "The Roar at the Door"
Il mondo che verrà
artesuono (2015)
1. La strada
2. Il bar delle fragole
3. Tra chiaro e oscuro
4. Il mondo che verrà
5. Sirene
6. Crickets in My Head
7. Notturno
8. Effetto Otto
Francesco Bearzatti - sax tenore, clarinetto Mauro Ottolini - trombone, tromba bassa, flauti sardi Raffaello Pareti - contrabbasso Walter Paoli - batteria
Raffaello
Pareti torna a incidere con il suo quartetto "The roar at The Door"
a cinque anni di distanza dalla pubblicazione dell'album eponimo del gruppo. I temi
non sono particolarmente complessi e offrono lo spunto a Ottolini e Bearzatti, dopo
l'esposizione del motivo conduttore, per imbastire assoli intrecciati o interventi
in solitudine sempre in crescendo di tensione, da una calma apparente ad un'agitazione
bene avvertibile. Con due solisti di questo calibro, inoltre, è difficile non produrre
buona musica. Infatti, il sassofonista e clarinettista è una autentica forza della
natura. Il problema, a volte, è contenerne l'esuberanza, senza snaturarne lo stile.
In questo album il musicista friulano suona con il giusto impeto, senza strafare
ed è determinante per illustrare al meglio le composizioni del bassista, segnalandosi
in particolare nelle ballad, dove dosa i toni e si dimostra efficacissimo nel cantare
ed abbellire, infiocchettare le melodie.
Ottolini, da parte sua, prende il largo, una volta esaurita la pratica virtuosa
dei call and response, peraltro piatto forte del disco, srotolando interventi fluidi
e muscolosi. Nel suo eloquio si percepisce l'intera storia del trombone jazz, filtrata
da un personaggio che non si accontenta di restare confinato in un ambito ristretto,
ma ama varcare i limiti, andare oltre i cosiddetti steccati.
Pareti e Paoli, da parte loro, vanno gagliardi e spediti nei tempi mossi, nelle
cadenze funky, come sanno essere discreti e trasparenti nei brani su tempo moderato
o lento. Il basso e la batteria completano egregiamente il discorso della front
line dei fiati.
Raffaello
Pareti, con "Il mondo che verrà", conferma la sua capacità di guidare
una formazione con due personalità forti e definite, come quelle di Bearzatti e
Ottolini, impresa non di poco conto. Nel disco il bassista toscano rivela, inoltre,
buone qualità come autore e arrangiatore, proponendo un jazz moderno, non particolarmente
complicato, in cui viene lasciato un certo grado di libertà ai formidabili improvvisatori
riuniti per la registrazione.
Gianni Montano per Jazz italia
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
15/05/2011 | Giovanni Falzone in "Around Ornette": "Non vi è in tutta la serata, un momento di calo di attenzione o di quella tensione musicale che tiene sulla corda. Un crescendo di suoni ed emozioni, orchestrati da Falzone, direttore, musicista e compositore fenomenale, a tratti talmente rapito dalla musica da diventare lui stesso musica, danza, grido, suono, movimento. Inutile dire che l'interplay tra i musicisti è spettacolare, coinvolti come sono dalla follia e dal genio espressivo e musicale del loro direttore." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 08/01/2017
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