Dodicilune - ED246
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Sandro Fazio
The Birth
1. Ostinato (Castellazzi)
2. Little Disappointed
3. Come to Me
4. Vallee Et Riz
5. The Birth
6. H.C. (Bearzatti)
7. No Surprises
8. Hundred Years Of Solitude.
Sandro Fazio - chitarra
elettrica
Francesco Bearzatti
- sax tenore
Tineke Postma - sax soprano e contralto
Philipp Staudt - flicorno
Dominique Brackeva - trombone
Charly Zastrau - piano
Konstantin Uhrmeister - contrabbasso
Andreas Pichier - batteria
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Dodicilune - ED247
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Giuseppe Finocchiaro
Incipit
1. Attraverso
2. L'Inganno del Tempo
3. Blue in Green
4. Ricordi d'Infanzia
5. Volo
6. Crepuscolo
7. Impromptu
8. Sospeso
9. Bianco e Nero
10. Passeggiando Sulle Nuvole
Giuseppe Finocchiaro - piano
Nello Toscano - bass
Antonio Moncada - drums
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Dodicilune - ED228
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Fabrizio Mandolini
Geometrie Semplici
1. Intro
2. Geometrie semplici
3. Mattino
4. Brancolando nel Buio
5. Il Gioco
6. Gli Occhi dell'Artiere
7. The Dragger
8. Povera Italia
9. Vitaliano
10. Cucù Settete
11. Outro: In Fuga
Fabrizio
Mandolini - tenor & soprano sax
Mauro De Federicis - guitars
Gabriele Pesaresi - bass
Roberto Desiderio - drums
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Via Ferecide Siro 1/e
73100 LECCE
Tel. +39 0832.091231 - 0832.092478
Fax +39 0832.1831054
email: ufficiostampa@dodicilune.it
web: www.dodicilune.it
La dodicilune è una casa
discografica di costituzione piuttosto recente che si segnala per la cura del suono,
per l'attenzione all'aspetto grafico e per un atteggiamento artigianale nella confezione
del cd. Il tutto fa pensare a un allevatore o ad un imprenditore agricolo, fieri
per aver conseguito il marchio d.o.p. sui loro prodotti, come conseguenza della
loro fatica ed applicazione.
"The Birth" a nome
di Sandro Fazio. Il chitarrista ha compiuto buoni studi negli Stati Uniti
e vive abitualmente in Olanda. In questo cd si è circondato di validi partners,
in larga parte dei Paesi Bassi, per l'appunto, oltre alla guest star italiana,
Francesco Bearzatti.
Il suo modo di condurre la mini big band è discreto, ma sicuro. Tratta l'ottetto
come un'orchestra, prevedendo un lavoro per sezioni, parti comuni e il lancio degli
assolo. Tutto ben congegnato, anche il repertorio che varia da brani più mossi con
qualche ascendenza funky, seppur "tranquillo", ad altri pezzi meno movimentati,
più melodici, se così si può dire. Manca, però, in questo solido jazz attuale, ma
con riferimenti alla tradizione - almeno nella pronuncia e nella concezione - un'idea
di sviluppo veramente originale. Si riceve l'impressione di un'efficace impostazione
della materia sonora, ma i solchi si susseguono uno dopo l'altro senza evidenziare
una qualche intuizione che porti la musica su un livello più elevato, che incuriosisca
e intrighi del tutto. Ad ogni buon conto il leader rivela un approccio competente
al suo strumento e dispensa qualche sortita in assolo piuttosto felice, come nell'iniziale
"Ostinato". I compagni, a loro volta, fanno la loro parte con perizia.
Bearzatti,
invece, non aggiunge il contributo energetico, esuberante che si poteva ipotizzare.
Dialoga con le sezioni come se avesse il freno a mano tirato.
Più melodico, più legato alle tradizioni italiane o mediterraneee è "Incipit"
a nome di Giuseppe Finocchiaro. Il pianista siciliano, già collaboratore
di Rita Botto, fra gli altri, realizza un disco molto cantabile, espressivo,
in cui domina la scena, relegando in un ruolo secondario, per scelta, i pur bravi
compagni di avventura. I temi sono presentati dal suono del pianoforte, rielaborati
ed arricchiti con sequenze iterative che giungono a comporre una musica sommessa,
lirica, che risente dell'impostazione classica del pianista isolano e del suo amore
per il cesello, la decorazione. I titoli confermano l'intento descrittivo, evocativo
di Finocchiaro stesso. Si va da "Il volo",
al "Passaggio di nuvole" al "Crepuscolo"….In
quasi tutti i brani è il pianista a prendere in mano la situazione illustrando il
motivo e ricamandoci sopra con un gioco di accordi e di abbellimenti affatto suggestivo.
Successivamente entrano in scena il basso di Nello Toscano che non si limita
ad accompagnare ma suggerisce, con il suo fraseggio, altri possibili paesaggi sonori
del tutto complementari al discorso del leader. In sottofondo Moncada, lontano
dal suo abituale ruolo di percussionista d'avanguardia ricoperto abitualmente nel
sodalizio con Stefano Maltese, dispensa pennellate di colore usando sapientemente
i piatti, in un gioco ritmico che ricorda l'incedere di Paul Motian. Si distinguono,
in particolare, "Attraverso" e "Ricordi
d'infanzia", per la loro grazia e delicatezza. Ma tutto il disco fa apprezzare
un musicista che non ama le tinte forti e i toni aggressivi. "Incipit", in conclusione,
è il disco di un autentico gentiluomo del sud.
Non convince molto, per contro, "Geometrie semplici"
di Fabrizio
Mandolini. Confesso che non conoscevo il sassofonista e neppure i suoi
compagni d'avventura: Mauro De Federicis alle chitarre, Gabriele Pesaresi
al basso e Roberto Desideri alla batteria. I quattro formano il gruppo "Speakin'4".
Con questa sigla hanno inciso in precedenza un disco con lo stesso nome del quartetto.
Qui, però, è il sassofonista a prendersi tutte le responsabilità del progetto, risultando
il compositore di 6 brani su 11. Si sente una musica ritmata, piuttosto anonima,
però, malgrado gli sforzi dei componenti del quartetto. Siamo in presenza di un
"modern italian mainstream", se mi si passa la definizione. Una musica che
valorizza la melodia, il suono pulito. Si impone, infatti, nei vari brani, il timbro
pastoso del sassofonista. coadiuvato dal bravo chitarrista, interessante soprattutto
quando esibisce il suono acustico del suo strumento. Allorché predilige le sonorità
elettriche, invece, usate comunque senza facili effettismi, il suo contributo diventa
meno decisivo e i brani calano di intensità rivelando la loro consistenza di musica
di sottofondo, piuttosto leggera. Fra gli 11 titoli del disco segnalerei in particolare
"Il gioco", con il "riff" iniziale di chitarra
e un andamento danzante e, per l'appunto, ludico. Non trascuro neppure "Brancolando
nel buio", su tempo medio, con una introduzione ricca di sottintesi a
cui segue una lenta progressione con il sax tenore e la chitarra che suonano in
controtempo, in contrasto, quasi nella ricerca di un difficile incontro nell'oscurità.
E' curiosa "Vitaliano". Fa pensare alla musica
di una banda, che allieta una festa di piazza o al pezzo forte di un complessino
di liscio, utilizzato per far ballare gli invitati ad una cerimonia di nozze. Tutto
questo dispiegamento di umori fra il malinconico, il giocoso e il festoso, si chiudono
nel clima solenne e misterioso, allo stesso modo, di "Outro:la
fuga", dove si inserisce una voce di donna e la musica si fa sospesa,
lontana.
Gianni B. Montano per Jazzitalia
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
15/05/2011 | Giovanni Falzone in "Around Ornette": "Non vi è in tutta la serata, un momento di calo di attenzione o di quella tensione musicale che tiene sulla corda. Un crescendo di suoni ed emozioni, orchestrati da Falzone, direttore, musicista e compositore fenomenale, a tratti talmente rapito dalla musica da diventare lui stesso musica, danza, grido, suono, movimento. Inutile dire che l'interplay tra i musicisti è spettacolare, coinvolti come sono dalla follia e dal genio espressivo e musicale del loro direttore." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 18/01/2009
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