Brezze leggere e cieli tersi, piccole storie, malinconie
leggere. Quella di Matteo Negrin e una musica rassicurante, che
prende per mano l' ascoltatore e lo porta - senza mai farlo perdere
- in luoghi aperti, calmi, rassicuranti.A volerlo, un po'
forzatamente, inquadrare "Jouer sans frontieres" potrebbe essere
definito come una proposta "easy listening" di classe, basato com'è
su temi ricorrenti e leggermente ipnotici (un po' alla Ludovico Einaudi.
mai troppo scavati, mai troppo sviluppati o variati). Il chitarrista
torinese ed i suoi compagni di viaggio sembrano puntare più sulla bellezza
e sulla purezza del suono che sull'esplorazione del loro materiale musicale.
Ed in questo senso occorre dire che il loro lavoro è perfettamente riuscito,
perché il disco è molto piacevole da ascoltare. La musica, lo dice il
titolo basato forse sull'identico vocabolo che in francese si usa per
giocare e suonare, è ricca di echi non invadenti di varie culture musicali:
profumi di Sud America, di Medio Oriente, di jazz, ovviamente. Il tutto
risulta alla fine molto gradevole anche se, a parere di chi scrive,
fin troppo minimalista. Un po' troppo bozzettistico. Un pizzico di energia
in più non avrebbe, forse, guastato.
Una parola di elogio meritano i tre musicisti che collaborano
col leader, che completano con eleganza e buon gusto il quadro sonoro
proposto da Negrin.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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