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Ci vuole coraggio a portare avanti le proprie idee. E ci vuole coraggio,
in tempi dove si incide a tambur battente e ci sovrespone in tutti i modi e maniere,
a concedersi un intervallo di cinque anni dall'ultimo disco da leader.
Roberto Ottaviano ritorna in sala d'incisione
con un prodotto dai mille colori e ricco di sfumature. Al suo fianco i Pinturas,
tre ottimi e poliedrici musicisti pugliesi: Nando Di Modugno, Giorgio
Vendola e Pippo "Ark" D'Ambrosio.
Un percorso profumato di mediterraneo, di essenze del Sud del Mondo che
riesce a colpire nel segno. Le dieci tracce sono un unisono e rispondono al leit
– motiv, "Un Dio Clandestino perché è sempre più nascosto e costretto a rivelarsi
in condizioni di grande difficoltà e spesso non è riconosciuto. E' un Dio che si
manifesta nella solitudine e che ci parla quando siamo ormai convinti che il sipario
è calato. E' un Dio che scorre nei nostri campi di grano, tra i riflessi del sole
che trafiggono i rami degli ulivi, nelle melodie struggenti che ci avvolgono a tradimento,
nel sorriso dei volontari che non chiedono nulla. E' perfino clandestino nelle stesse
chiese che hanno edificato intorno al suo nome, in cui si aggira lento e scruta
volti ed animi delle persone per capire e per offrire compassione."
Ottaviano ha sempre fatto della ricerca il suo credo che qui si snoda
attraverso il minimalismo allusivo cameristico, la tradizione popolare, le acute
invenzioni sonore tutte ben amalgamate, tra fraseggi zigzaganti e note smorzate,
volutamente dolenti. Non vi sono temi originali per firma, ma sono tutti originalmente
attinti ed elaborati da un arrangiamento naturale che alberga in Ottaviano
ed i suoi "companions".
La ricerca del suono c'è, senza ombra di dubbio, ma traspare più chiaramente
il gusto del divertimento dei quattro musicisti.
Il viaggio intorno al mondo ha inizio dal Brasile con le suadenti note
di Cafè di Egberto Gismonti per poi approdare
nella tradizione spagnola con El Vitocante che
sottolinea il chitarrismo elegante di Nando Di Modugno, evidenziando quanto
bene conosca la spanish tradition. Il peregrinare prosegue attraversando l'intensità
delle note del violinista, cantante e compositore indiano L. Shankar (Song
for Everyone). La struttura canzone è impreziosita dal suono e dai giochi
timbrici di Ottaviano e di D'Ambrosio. Non potevano mancare stille
d'Africa, rappresentata dal musicista camerunense Francis Bebey con i colori emotivi
cangianti di Ethnic Covenant. Così come manca
il riferimento alla cultura scandinava con Nu Hoppar Haren
Kroka - già ripresa da Daniele Sepe - dalle linee progressive, per poi
passare ad Hermeto Pascoal con Bebè, ed Ottaviano
che intarsia le note mantenendo il suono con la stessa sontuosità del polistrumentista
brasiliano.
Cambio di registro e ritorno al Vecchio Continente attraversando la tradizione
macedone (Pajduska), quella Lituana (Munte
Munte) tema che accarezza, solo per un attimo, i suoni free e mette in
evidenza il fraseggio asimmetrico del leader prima e di Di Modugno, poi.
Brani inframmezzati dalla dolcezza delle note di Beja Flor
che stigmatizzano il perfetto interplay del combo e l'abile tessitura mantenuta
da Vendola e D'Ambrosio per i 58 minuti del disco. La giusta chiosa
di questo bel lavoro è nelle brevi trame del canto popolare catalano
El Noy de la Mare, un augurio di Pace per grandi
e piccini.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
leggi
l'intervista a Roberto Ottaviano...>>>
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Data pubblicazione: 11/12/2008
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