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Pino Minafra
Minafric
Puglia Sounds (2016)
1. MinAfric
2. Maccaroni
3. Masciare
4. La girandola
5. La danza del Grillo
6. Fabula Fabis II
7. Aurel
Pino Minafra - tromba, flicorno, voce, megafono Vito Francesco Mitoli, Franco Sannini - tromba Roberto Ottaviano, Gaetano Partipilo - sax (soprano, contralto) Carlo Actis Dato - sax (baritono) Beppe Caruso, Sebi Tramontana - trombone Giorgio Albanese - fisarmonica Livio Minafra - pianoforte, Fender Rhodes, sirena Giorgio Vendola - contrabbasso Vincenzo Mazzone, Giuseppe Tria - batteria, percussioni Faraualla (Gabriella Schiavone, Terry Vallarella, Serena Fortebraccio, Maristella Schiavone) - voci
Pino Minafra continua il suo percorso sulla linea del
precedente Sud Ensemble, raggiungendo, però, livelli ancora superiori, grazie ad
un caleidoscopio di trovate e di invenzioni sempre sorprendenti, a volte persino
mirabolanti. Diciamo subito che il musicista di Ruvo si affida parecchio alla fresca
vena del figlio Livio, autore di quattro dei sette brani del cd e protagonista di
diversi assoli travolgenti, fortemente espressivi, sulla linea estetica del padre.
Nell'orchestra ha un ruolo di primo piano Roberto Ottaviano, storico partner del
bandleader dagli anni settanta, qui, oltre che sopranista, impegnato pure nella
conduction. Nell'ensemble spiccano i nomi di Nicola Pisani, che firma la ragguardevole
"Fabula Fabis II" e di Carlo Actis Dato, compagno di tante avventure, per una volta
esclusivamente al sax tenore, invece che al baritono come d'abitudine. Al trombone
svetta, inoltre, la voce calda e strabordante di Sebi Tramontana, ma pure gli altri
partners, in tutto tredici, tengono agevolmente botta. Di fatto il gruppo ha un
tiro micidiale nel lavoro a sezione, un'intesa granitica e un atteggiamento equipollente
verso il jazz e generi più o meno confinanti. Come valore aggiunto, e che valore,
si schiera il quartetto vocale pugliese delle Faraualla. Minafra ha, cioè, assemblato
una big band con i fiocchi e i risultati gli danno ampiamente ragione. Nell'album
si ascolta una musica dai riferimenti evidenti ad un suono mediterraneo con echi
trasversali in un folklore non solo made in Apulia, ma afferente a tutte le zone
attigue geograficamente e/o linguisticamente. Poi c'è in filigrana, ma neppure troppo,
il debito alla tradizione bandistica, patrimonio dell'Italia meridionale. La banda
delle feste di piazza, ma anche quella dei concerti, magari sui sagrati delle chiese,
nei quali le marce sinfoniche duravano anche un quarto d'ora e costituivano una
sorta di anello di congiunzione fra l'ambito colto e quello popolare. A mescolare
ancora le carte saltano fuori in bella evidenza, sequenze di tango, di mambo o di
altre danze latine, non tanto per confezionare un omaggio al Sudamerica, quanto,
forse, per collegarsi a quanto si ascoltava e si ballava durante i festeggiamenti
dopo le cerimonie religiose. Da un allievo di Nino Rota, come Minafra, ci si può
aspettare un passaggio nelle atmosfere circensi, come avviene segnatamente nel brano
conclusivo dell'album. Su tutto questo bailamme organizzato si ergono interventi
di chiara matrice free, o meglio, ai solisti è concessa totale libertà di manovra
per potersi indirizzare dentro o fuori la sfera tonale.
Resta da aggiungere che il cd vive dei contrasti, degli spiazzamenti, fra una
parentesi para-rap in un gramelot irresistibile, sparata nel megafono dal responsabile
di tutta l'opera, ad esempio e le voci suadenti e insinuanti, perfettamente accordate
delle Faraualla. Ogni traccia contiene al suo interno, cioè, un aspetto singolare
e imprevedibile,
"Minafric", in conclusione, è un disco piacevolissimo, divertente, ammaliante,
pieno di risorse, che documenta al meglio lo stato di ottima salute artistica di
un musicista curioso e inquieto, in senso positivo, come
Pino Minafra
ben sostenuto, in questo progetto, da un manipolo di strumentisti preparati e turbolenti
secondo copione.
Gianni Montano per Jazzitalia
15/05/2011 | Giovanni Falzone in "Around Ornette": "Non vi è in tutta la serata, un momento di calo di attenzione o di quella tensione musicale che tiene sulla corda. Un crescendo di suoni ed emozioni, orchestrati da Falzone, direttore, musicista e compositore fenomenale, a tratti talmente rapito dalla musica da diventare lui stesso musica, danza, grido, suono, movimento. Inutile dire che l'interplay tra i musicisti è spettacolare, coinvolti come sono dalla follia e dal genio espressivo e musicale del loro direttore." (Eva Simontacchi) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 20/08/2017
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