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Donatello D'Attoma
Logos



1. Logos 8:19
2. The Origins 6:55
3. Four on Three 8:34
4. Il canto delle Sirene 8:39
5. Room 2/b 5:44
6. A pleasent surprise 5:23
7. Dance Macabre 8.03
8. Titolo n.p. 1:50
9. Il canto delle Sirene (reprise) 3:33

Donatello D'attoma - piano & rhodes
Camillo Pace - double bass
Lello Patruno - drums
Gaetano Partipilo - guest): alto sax


La Puglia è davvero una regione prolifica in materia di bravi artisti. E ciò è confermato dal pianista Donatello D'attoma, 27enne, che ha recentemente pubblicato il suo primo album in quartetto, distribuito dalla Pus(h)in, la label "sorella" della più nota Splasc(H). D'Attoma da tre anni vive e studia a Cremona, ha le idee molto chiare e si sta impegnando con serietà e determinazione per poter sviluppare la propria carriera artistica con coerenza e senza dover accettare compromessi. D'Attoma possiede una solidissima preparazione musicale classica (è diplomato in organo e composizione organistica) e sta ultimando gli studi universitari in Musicologia. Per quanto riguarda il jazz, ha studiato con Roberto Cipelli, musicista esigente ed estremamente rigoroso che ha seguito D'Attoma nel suo percorso di crescita compositivo ed ha anche curato questo progetto discografico.

Come è avvenuto il tuo passaggio dalla classica al jazz?
 
Nonostante la mia formazione classica, ho avvertito molto presto anche il forte bisogno di accostarmi al jazz, un genere che è molto vicino alla mia natura. Con il mio trasferimento a Cremona, ho avuto la fortuna di incontrare Roberto Cipelli con il quale ho studiato ed al quale devo moltissimo. Il mio processo compositivo ha potuto evolversi proprio grazie a lui. I suoi preziosi consigli mi hanno permesso di liberare la mia vera indole, quella che quando compone segue l'emozione suscitata "dal suono", riuscendo così anche a svincolarsi da qualsiasi altro percorso razionale. In questo mio primo album "Logos" ho voluto fare un omaggio al jazz di tutte le epoche, con brani originali ma che appaiono come un excursus attraverso i vari stili jazzistici. In "Logos" si possono ascoltare infatti brani molto diversi uno dall'altro: dal ragtime "tecnico", com'è tutto il repertorio in stile stride piano (Dance Macabre, un pezzo anche molto ironico, quasi uno scherzo...), alla ballad dalla struttura ben definita come nella tradizione degli standards (brano di apertura del disco….), al blues, al pezzo prettamente moderno e svincolato dalle strutture standard, per arrivare anche a momenti che sfociano per un attimo nel free jazz. Il progetto nacque inizialmente per trio. Infatti ho un mio trio stabile, con Lello Patruno e Camillo Pace I brani sono tutte mie composizioni, tranne Il canto delle Sirene, (tr 4 e 9). Successivamente ho però deciso di registrare in quartetto, grazie alla collaborazione con G. Partipilo, un sassofonista il cui timbro mi piace davvero moltissimo. Gaetano ed io siamo due personalità complementari, stilisticamente. Lui tende al free per sua natura, io sono invece più vicino ad un certo rigore strutturale. Quando è stato il momento per ciascuno di noi di decidere quale ruolo coprire e quali discorsi sviluppare in questo album, è infatti prevalso questo criterio di rispettare le nostre tendenze musicali lasciando a ciascuno di noi ampio spazio espressivo, in una sorta di operazione di integrazione dei nostri due linguaggi personali. Questo disco ha scatenato parecchie discussioni (talvolta anche un po' polemiche...) su alcuni blog, a partire proprio dal suo titolo (Logos) che alcuni mi hanno contestato, avendolo ritenuto non pertinente rispetto ai contenuti del disco per come io stesso lo avevo presentato, "un omaggio alla musica afro americana". In tutta sincerità tali critiche sono mi apparse un po' troppo accanite ed alquanto faziose, ed oggi mi fa molto piacere avere l'opportunità tramite questa intervista di poter spiegare una volta per tutte il doppio significato che per me questo disco riveste. Da un lato è realmente un mio omaggio alla tradizione musicale afro-americana, al jazz di tutte le epoche, che ho voluto interpretare con il mio linguaggio personale ma toccando tutti gli stili principali che hanno fatto parte della sua storia e della sua evoluzione. E' il mio primo disco, ed ho voluto presentarmi in questo modo. Dall'altro lato, rappresenta una cosa in cui io credo profondamente: "la magia della comunicazione" attraverso l'incanto del suono. Questo aspetto mi ha appunto fatto decidere per il titolo "Logos". Un termine che certamente non ha nulla a che fare con l'America o L'Africa…ma che per contro bene rappresenta il concetto che ho io di comunicazione universale.

Non ami la musica cantata, come l'opera, il melodramma o anche un certo repertorio di jazz ?

Effettivamente no. Amo la musica strumentale. Lo stesso melodramma è una "rappresentazione teatrale" che viene realizzata attraverso forme creative ed espressive diverse, che non sono solo la "musica". Scene, costumi, coreografie e gestualità tutto sommato mi appaiono predominanti, rispetto alla musica in sé, in quei generi. Certo, occorre fare alcuni distinguo, anche relativamente al valore ed ai contenuti dei testi, vedi rari esempi del cantautorato italiano ma decisamente prediligo la musica senza parole.
 
A chi ti rivolgi con questo tuo primo album? Pensi al mercato italiano o estero?
 
Mi spiace dirlo, ma in Italia non si muove nulla. Se proponi progetti pensando al mercato nazionale o ai nostri festival, purtroppo non hai nemmeno il piacere di ricevere "risposte negative" dalle persone alle quali ti sei rivolto. Semplicemente non ti rispondono e trovo questo comportamento scorretto ed irrispettoso.
Il grosso problema è anche che il mercato "pro artista" non c'è più. I criteri di promozione sono altri.
Presenterò invece questo mio progetto come "prima europea" a Cracovia, attraverso "PIECART", una struttura seria che ha dimostrato di essere interessata alle mie composizioni. Parallelamente alla presentazione all'estero, ho comunque anche promosso l'album attraverso alcune radio italiane (Anima Jazz, di Bruno Pollacci e Radio Argento, un'emittente pugliese, Radio Alfa- Krakow) o tramite altri canali (Jazzos e IBS).
La Pus(h)in che lo sta distribuendo è una nuova label diciamo "imparentata" con la più conosciuta Splasc(H).
Mi fa piacere ricordare anche l'autore della copertina: Enzo Rosato. Ha inteso perfettamente il significato della mia musica e lo ha tradotto in immagini.

Ho ascoltato con interesse il tuo album ed ho constatato che ogni brano rappresenta infatti un particolare "momento" della storia del jazz. Dimostri di padroneggiare con disinvoltura tutti gli stili. Dimostri anche di possedere grande tecnica, con il brano ragtime. Anzi, consentimi questa domanda: lo hai aggiunto di proposito per dimostrare al pubblico le tue doti pianistiche anche in senso tradizionale, essendo il rag time assimilabile alla musica classica, tecnicamente parlando? Questo disco per te è come una sorta di "biglietto da visita"? Ma qual è fra tutti questi stili il "tuo" stile, quello nel quale maggiormente ti identifichi e chi sono i tuoi jazzisti di riferimento?
 
In un certo senso sì. Si tratta del mio bagaglio, del risultato dei miei studi, ed ho ritenuto giusto farmi conoscere anche sotto l'aspetto tecnico, in questo mio primo album. Sì, è una specie di biglietto da visita, dove appaio come pianista, compositore e jazzista con le cosiddette "carte in regola". Ma difficilmente farò altri dischi di questo tipo.
Come stile, sicuramente il jazz che prediligo e che sento più vicino alla mia natura è quello contemporaneo nord europeo: da Esbjorn Svensson, a Palle Danielsson. Anche Mozdzer è un pianista che mi piace molto. E' polacco. Io sono spesso in Polonia anche per motivi personali ed ho avuto modo di conoscerlo e di apprezzarlo musicalmente.
Fra i miei jazzisti preferiti, non posso ovviamente escludere 2001.asp">Keith Jarrett e il suo storico standards trio pur considerando che, nella sua perfezione, si è come "fermato" a quello che è stato il massimo livello della sua espressione già parecchi anni fa. Da lì non si è ulteriormente evoluto né modernizzato. Ma resta in ogni caso uno dei punti massimi di riferimento del jazz dei nostri anni. Mentre Jarrett da solista sta sempre portando avanti un proprio stile molto personale ed alquanto differente rispetto a quando suona con il suo trio. Tra i suoi dischi il mio preferito è Facing you.(1972 – ECM). Ma un altro pianista che ammiro moltissimo è Mehldau, sia da solo che in trio.
 
Nel disco vi sono tutti brani di tua composizione, tranne uno, Il Canto delle Sirene.. Chi è l'autore?
 
E' Camillo Pace, contrabbassista. Un altro appassionatissimo come me del jazz nord europeo. In fondo, tutti noi siamo europei e mi sembra normale che ci riconosciamo meglio proprio in questa corrente jazz europea. Le nostre radici sono qui. Nella musica classica, nella musica popolare.
 
Mi accennavi al fatto che sei diplomato in organo.
 
Sì, giusto il tempo di prendere il diploma, fare qualche concerto e abbandonarlo a favore di un sentimento più forte, per il jazz ovviamente. Ma l'organo non l'ho abbandonato completamente. Mi diverto suonando l'Hammond in un trio. In Logos invece ho suonato sia il pianoforte sia il Piano Rhodes, un Mark V. In fase di registrazione abbiamo lavorato parecchio per ottenere dal rhodes il suono più "pulito" possibile.

Leggendo i vari titoli, vedo un brano che si chiama Room 2B. Cosa significa?

(ride). Room 2B è la stanza della residenza universitaria di Cremona in cui ho concepito buona parte del disco.
 
Sei molto giovane, ma nonostante la tua età hai già superato la fase dello studente di classica o quella del jazzista che si sta ancora "formando" e che cerca di individuare la propria strada. Se dovessi dare un tuo consiglio a chi studia e si trova ancora in quella fase dedicata alla formazione pianistica, cosa diresti?
 
Rispetto al bagaglio acquisito con la classica, nel jazz tutto sommato è poco quello che viene messo in luce. Ma una solida formazione è importante ed una vasta cultura musicale è importantissima nel processo compositivo, perché ti permette un confronto con il linguaggio degli altri. Inoltre, a mio parere, suonare jazz non è da considerarsi come "tappa successiva", una volta acquisito il bagaglio della musica classica. Classica e jazz sono un binomio parallelo. Il mio consiglio a chi studia è di sviluppare da subito entrambi i linguaggi. E di ascoltare molto, moltissimo! L'ultimo input che ricevo da Donatello è l'indicazione di un'opera appartenente al repertorio classico moderno che ama particolarmente: il Quartetto n. 12 op. 133 di Dmitri Shostakovic.

Rossella Del Grande per Jazzitalia








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inserito il 10/06/2007  da gypsymood - visualizzazioni: 3721


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Data pubblicazione: 22/01/2011

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