L'impatto con
Voyage è fulminante. Neanche il tempo di prepararsi
all'ascolto e il sax di
Partipilo,
che apre Leaving mechanic world, ti catapulta
nel jazz fresco e al contempo esperto di The 3 moons. Se è vero, infatti,
che Voyage è la prima registrazione del trio The 3 moons, bisogna
ricordare che
Partipilo,
Gargano, Accardi, negli anni novanta, hanno gravitato intorno al Fez
(associazione culturale barese fondata da
Nicola
Conte), condiviso pertanto una delle scene jazz italiane attualmente
più influenti e vivaci, quella pugliese, e collezionato collaborazioni prestigiose.
L'idea di cominciare l'esperienza
di The 3 moons è nata a Parigi, ma l'orizzonte internazionale in cui si muove
e a cui si rivolge non disdegna affatto – considerando anche l'immagine di copertina
del cd – l'origine meridionale e di provincia. E lo stesso nome della formazione,
The 3 moons, si scrive in inglese, ma si deve leggere in dialetto barese.
(Lasciamo al lettore il compito di svolgere questa piccola esercitazione, che anch'io
– non pugliese – mi sono dovuto sobbarcare.) L'ironia, inoltre, campeggia ancora
qua e là nei titoli di alcuni brani, come Ciro chi?.
Se biograficamente Voyage nasce tra Bari e Parigi,
stilisticamente si nutre di jazz afroamericano. Tra i brani c'è
WRU di
Ornette
Coleman e Brillant corners di
Monk e The hill è dedicata ad
Andrew Hill:
già questo può indicare l'ispirazione e i maestri di riferimento; mettiamoci poi
il suono vigoroso – pulito o sporco, melodico o free a seconda dei casi – e gli
assoli trasbordanti di note del sax di
Partipilo,
la sezione ritmica tesa e asciutta che può variare imprevedibilmente e farsi morbida
e avvolgente: insomma, The 3 moons è una formazione ben consapevole dei propri
mezzi e del suo linguaggio jazzistico, che fonde "a caldo" la tradizione afroamericana
con la sensibilità europea e mediterranea.
Eppure, la perla di Voyage è l'interpretazione
del brano che rappresenta jazzisticamente la tappa del "viaggio" più remota ed esotica:
Five years di Bjork. L'effetto wha che
usa Partipilo
è appena una traccia della sonorità elettronica dell'originale, per il resto trasfigurato
dall'interpretazione di The 3 moons, che riescono a tradurlo completamente
nel loro linguaggio, senza mostrare quelle forzature spesso evidenziate da operazioni
di questo genere, che si limitano semplicemente a sfruttare un bel tema. Forse più
radicale e complessa deve essere la traduzione – come un brano di Bjork pretende
– e meglio riesce.
Dario Gentili per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 09/04/2008
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