Leo Records 2003
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Livio Minafra
La dolcezza del grido
1. Meghy'
2. Schegge
3. Igor
4. Khalid
5. Zefiro
6. Fremito
7. Il cigno
8. Blue Kong
9. Byrn As A Bird
10. Cecil Colors Part I
11. Cecil Colors Part II
12. Cecil Colors Part III
Livio Minafra - piano solo
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"La dolcezza del grido"…titolo quanto mai
significativo per l'esordio discografico del giovane e promettente pianista
Livio Minafra.
Figlio d'arte (il padre, Pino, è trombettista di notorietà internazionale),
presenta un'opera stilisticamente composita: abile dal lato tecnico, offre variegati
affreschi, dal balcanico al classico, dal ragtime all'hardbop e al
free jazz, stile del quale sembra interpretare i concetti di modus
e di inventio in maniera assolutamente personale e deduttiva, tanto che,
finanche all'interno di uno stesso brano, è possibile trovare citazioni tanto eterogenee
da "spiazzare" l'ascoltatore fino a condurlo allo straniamento, esattamente
secondo quanto, se non teorizzato, almeno indicato con chiarezza da
Ornette
Coleman, dall'ultimo
Coltrane,
da Muhal Richard Abrams o da Lester Bowie.
A parere di chi scrive, ciò è segnale di una creatività inquieta e fervida,
fondata su una cultura musicale di sicuro ricca e proposta con vigore e grande passionalità,
in virtù un estro armonico al di fuori del comune e di una padronanza tecnica dello
strumento che, specialmente nell'uso del pedale del pianoforte a coda, non può non
ricordare la lezione straordinaria di Cecil Taylor, secondo quanto già osservato
da Franz Falanga..
Dall'energico e infaticabile destrutturatore di Long Island
Minafra sembra aver ben appreso l'arte di combinare il latente atonalismo con
il profondo rispetto per la tradizione, in particolare Monk e Powell,
senza comunque ignorare le suggestioni melodiche e gli intensi cromatismi di
Bartòk e Stravinskij.
Tali ascendenze stilistiche possono essere colte in "Meghy'
", incipit dell'album, così come in "Cecil Colors",
conclusio di quest'opera così difficile ad essere catalogata; un'"opera
aperta" nel senso più ampio del termine, così in progress che talvolta
chi ascolta rischia di perdere il filo conduttore, il trait d'union che avvolge
le trame inesplorabili e vorticose dei 12 brani di cui Livio è autore.
L'antiaccademismo di questo pianista dallo spirito "disturbatore" anima
il grido, talora lirico talora sarcastico, delle fluenti sonorità cui attinge con
disinvolto gusto per una sfida coscientemente "brutale", viva, demolitrice nell'approccio
percussivo alla tastiera, anche quando vengono esplorate atmosfere più sommesse
e malinconiche (corre allora il pensiero a Ravel, a Debussy…fino al
"Grido" di Munch).
Complessità, dunque, eclettismo, amore per la ricerca, sfrontato coraggio
espositivo: Minafra non sembra preoccuparsi più di tanto della leggibilità
delle proprie composizioni; del resto le intenzioni del Nostro, essendo tutt'altro
che estranee al free, non possono tener conto della piacevolezza dell'ascolto
intesa in senso comune.
Allora, i mutamenti di clima e di livello dinamico dominano l'improvvisazione
in quanto esperienze emozionanti per lo stesso pianista, reazioni vibranti lanciate
con ritmo incalzante verso l'ascoltatore, schemi imprevedibili ed impegnativi in
una sintesi spesso visionaria concepita secondo una versatile, ansiosa e libera
immaginazione.
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 13/01/2007
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