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Il batterista
Ferdinando
Faraò sceglie con questo suo ultimo cd di omaggiare la figura dello
scienziato naturalista inglese Charles R. Darwin. Lo fa a duecento anni dalla sua
nascita e a centocinquanta dalla pubblicazione della sua opera più importante, "L'origine
della specie", i due eventi sono infatti datati rispettivamente 12 febbraio
1809 e 24 novembre 1859. La forma musicale su cui si orienta è quella della suite
e non è un caso secondo quanto riferisce sulle note di copertina lo stesso Faraò
citando un'osservazione, sull'opera di Darwin, dello scrittore armeno Osip Mandel'stam
che a cinquant'anni dalla morte dello scienziato comparò "L'origine della specie"
ad una suite musicale.
Per il batterista leader del cd è questo il terzo capitolo di una trilogia
che lo ha visto proporsi attraverso la citata forma musicale e anche questa volta,
come le precedenti, le valutazioni critiche sono lusinghiere. Faraò conferma una
volta di più di essere uno dei pochi batteristi italiani ad assumersi l'onere di
guidare un nutrito ensemble come quello che ritroviamo in questo lavoro: un quintetto
di musicisti e un quartetto di voci. Sono coinvolti oltre al leader: Tino Tracanna
sax tenore e soprano, Giovanni Falzone tromba, Beppe Caruso trombone
e Tito Mangialajo Rantzer basso; Shinobu Kikuchi, Serena Ferrara,
Pilar Bravo e Francesco Forges alle voci. Poco meno di quaranta minuti
che forgiano una sorta di concept-opera ispirata alla nota teoria dello scienziato
e filosofo che nelle intenzioni dell'autore di certo avrebbe dovuto travalicare,
musicalmente, i territori propriamente jazzistici per delinearsi in un linguaggio
più complesso e aperto su vari fronti. Tutto ciò accade ma solo in parte perché
il dna jazz del quintetto strumentale orienta inevitabilmente l'obiettivo verso
ambiti strettamente legati alla musica afroamericana, che trovano, nel terzetto
dei fiati, degli interpreti assolutamente intraprendenti e forieri di dinamiche
improvvisative di grande pregio. Affiancati alla ritmica del binomio Faraò - Mangialajo
Rantzer regalano una portentosa dose di trame sonore di modern jazz di grande impatto
che appassiona e incolla all'ascolto.
Meno coinvolgenti e pervasi, in qualche caso da un alone cameristico,
le parti in cui è protagonista il quartetto vocale comunque perfettamente inserito
nella chiara struttura in divenire che definisce l'intera produzione. Il percorso
tracciato da Faraò culmina nell'ultimo brano, "Pithecantropus Erectus" di
Mingus, in una sorta di apoteosi in cui il quintetto strumentale e il quartetto
vocale si uniscono in una simbiosi ideale, ma tremendamente reale, ricca di feeling
e di umori mingusiani per uno dei cd di jazz italiano sicuramente tra i più riusciti
di questo 2009.
Giuseppe Mavillla per Jazzitalia
15/05/2011 | Giovanni Falzone in "Around Ornette": "Non vi è in tutta la serata, un momento di calo di attenzione o di quella tensione musicale che tiene sulla corda. Un crescendo di suoni ed emozioni, orchestrati da Falzone, direttore, musicista e compositore fenomenale, a tratti talmente rapito dalla musica da diventare lui stesso musica, danza, grido, suono, movimento. Inutile dire che l'interplay tra i musicisti è spettacolare, coinvolti come sono dalla follia e dal genio espressivo e musicale del loro direttore." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 06/03/2010
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