Una cosa è assolutamente certa: quest'orchestra
non è per niente da tre soldi. Anzi. L'emozione che sa dare la formazione di
Matteo Castellan, Gianni e Massimiliano Gilli nel suo album omonimo
è davvero di grande entità. Il disco prodotto dalla Dodicilune sa dare uno scossone
anche all'ascoltatore più smaliziato. La scelta di sonorità a cavallo tra la tradizione
Argentina e dell'Est Europa, passando per Parigi e Berlino, mette in risalto una
tradizione musicale di inizio secolo che fornisce spunti di riflessione e di armonia
davvero incantevoli. Il punto di partenza dell'orchestra è di certo la figura e
l'opera di Kurt Weill e la sua musica. Sono diversi nell'album i brani dell'autore
di inizio novecento opportunamente riadattati dall'orchestra che, non a caso, prende
nome dalla famosa composizione musicale scritta dall'artista Berlinese per "Opera
da tre soldi" di Bertold Brecht. Ma non è certo un disco di riarrangiamenti
questo. Tutt'altro. Dall'ascolto delle 14 tracce, tutte molto ricche, viene fuori
il gran lavoro di ricerca e di studio che ha portato gli ottimi musicisti a produrre
dei pezzi di grande spessore artistico. Filo rosso che unisce le tracce, sicuramente
quella vena emozionale che è alla base della composizione di molti pezzi. Non è
casuale in questo senso l'inserimento di canzoni della tradizione ebraica della
musica Kletzmer, sviluppatasi lo scorso secolo nelle capitali dell'Est Europa. E
non manca poi il riadattamento di una canzone come Sabià
di Antonio Carlos Jobim, a dare quel tocco di saudade che infarcisce il disco
di ancora un nuovo spunto emozionale. Musica sofferente e malinconica, quella del
musicista baiano, tanto quanto quella kletzmer.
Pur venendo da tradizioni diverse e da strutture musicali differenti,
le musiche proposte nell'album in cui si parlano anche lingue differenti, sono come
solidificate dalla bravura esecutiva di ogni elemento. Quel che viene fuori sono
una serie di intarsi che vedono disegnare delle melodie a dare vibrazioni davvero
importanti. La fisarmonica della tradizione francese e quella tipica del tango argentino.
Il sostrato del violoncello e le melodie del violino. Passando per un generoso uso
del clarinetto che riempie il cuore. La struttura dei pezzi è quassi sempre questa:
l'influenza della musica tzigana, con il suono del clarinetto che si fa stridulo
e tiratissimo alla kletzmer come nelle taccia "Promenade-
le tziganese". E poi la malinconia della Francia di inizio secolo come
in "Musette". E ancora, una spruzzata di jazz,
particolarmente visibile nella prima parte di "Nuages/Simpatic".
Ogni linea melodica e ogni assolo, sembrano prendere parte nella composizioni con
una naturalezza disarmante. Il tutto deliziato dalla presenza di Rossana Landi:
una voce potente e duttile capace di lasciar trasparire grande emozione da ogni
angolatura. Davvero brava. Ma tutto il disco è bello, segno di una grande maturità
artistica. L'inserimento di musicisti e ospiti speciali non muta l'impianto generale,
il che denota che la cellula base è granitica. In effetti il feeling tra i musicisti
è cosa davvero notevole. Dipeso sì da tanta gavetta, ma anche da tanto studio singolare
e ricerca di suoni che riempiono le sonorità delle composizioni. Già a un primissimo
ascolto il fatto di avere un prodotto così ricco e innovativo nei gusti piace. Un
disco da consigliare a tutti gli appassionati di musica tout court.
Luigi Spera per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 11/04/2008
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