|
Emilio Marinelli Trio
Clouds Digger
dodicilune (2011)
1. Message in bottle
2. Giudizi universali
3. Don't stop me now: Preludio adagio
4. Don't stop me now: Primo tempo andante
5. Don't stop me now: Secondo tempo allegro
6. Redemption Song
7. 25th hour Theme
8. Are You gonna go my way
9. Hallelujah
10. Nanna's Lied
11. Ma'ndo Haawai
Emilio Marinelli - piano
Amin Zarrinchang - contrabbasso
Matteo Fraboni - batteria
Via Ferecide Siro 1/e
73100 LECCE
Tel. +39 0832.091231 - 0832.092478
Fax +39 0832.1831054
email: ufficiostampa@dodicilune.it
web: www.dodicilune.it
Quella di attingere dall'immenso repertorio musicale "popolare" è un'operazione
sempre più in voga nel jazz moderno, ed è, al di là degli scetticismi - giustificati
o meno - una prassi che lo accompagna sin dalla sua nascita, data la natura stessa
degli standard, e che ha generato risultati che, nella maggior parte dei
casi, ne hanno giustificato (e ne giustificano) tutt´ora ampiamente la scelta. È
sufficiente pensare ad esempio alla passione di Mehldau per Radiohead e Nick Drake
piuttosto che, tanto per restare nei confini nostrani, al lavoro monografico portato
avanti da
Danilo
Rea su Fabrizio De André nel suo Piano Works X. È con viva curiosità
dunque che ci si avvicina a questo lavoro dell'Emilio Marinelli Trio,
disco edito da Dodicilune che vede come coprotagonisti gli ottimi Amin
Zarrinchang al contrabbasso e Matteo Fraboni alla batteria.
Lavoro caratterizzato da una tracklist piuttosto ambiziosa che spazia da Message
in Bottle dei Police a Redemption Song di Bob Marley passando per
Hallelujah di Leonard Cohen e Giudizi Universali del nostro Samuele Bersani;
Clouds Digger vede forse proprio nella scelta delle tracce uno dei suoi maggiori
limiti. Se da un lato infatti la natura estremamente melodica dei brani comporta
un ascolto fluido e godibile, al tempo stesso la forza dei brani scelti non permette
al trio di esprimere in maniera decisa il proprio personale messaggio, nonostante
l'elevata dose di lirismo di Marinelli (ne sono un esempio Giudizi Universali
e Hallelujah) ed il sound generale del trio, estremamente potente e corposo,
come mostrato in Are You Gonna go my way di Lenny Kravitz. Ne deriva dunque
un disco piacevole che soffre però la mancanza di quel tocco personale, seppur espresso
attraverso una forte e decisa rilettura dei pezzi, operazione particolarmente onerosa,
ma non del tutto riuscita in questo caso. Diverso il risultato ottenuto con l'interpretazione
in tre movimenti di Don't Stop Me Now dei Queen, elegantemente in equilibrio
tra melodie originali ed arrangiamenti a metà strada tra il colto ed il jazz che
strizzano decisamente l'occhio al third stream. Qui il trio riesce ad esprimere
compiutamente il proprio potenziale, dando vita di fatto al miglior momento del
disco.
In definitiva Clouds Digger è un lavoro discreto che, nonostante la buona
chimica che intercorre tra Marinelli, Zarrinchang e Fraboni, paga soprattutto la
mancanza di un comune denominatore attorno al quale sviluppare un discorso musicale
coerente; discorso che si intravede invece nella succitata minisuite, in cui il
trio riesce a dare prova concreta delle proprie capacità e mostra una delle possibili
direzioni che Emilio Marinelli, assieme ai suoi compagni di avventura, potrà
percorrere in futuro.
Marco Sagliano per Jazzitalia
Inserisci un commento
Questa pagina è stata visitata 2.515 volte
Data pubblicazione: 18/12/2011
|
|