Via Ferecide Siro 1/e
73100 LECCE
Tel. +39 0832.091231 - 0832.092478
Fax +39 0832.1831054
email: ufficiostampa@dodicilune.it
web: www.dodicilune.it
Questo lavoro esibisce uno stile particolare, trasversale, come di rievocazione;
non ha una direzione univoca: cosa ben comprensibile se si considera che attualmente
sembra non esistere più una musica etichettabile in modo "puro" e che quindi la
parola chiave è diventata compenetrazione di linguaggi. Ciò si verifica in modo
evidente in un senso "geografico" ma, più sottilmente, accade che si tratti anche
di una sensibilità "storica": in questo caso si guarda alla cultura del passato
e non solo a quelle esterne alla propria.
Se si prende per buona questa brevissima lettura diventa più semplice
inquadrare e leggere il disco dell'Artrio di Rino Arbore, alla chitarra,
con la batteria di
Gianlivio
Liberti ed il basso di Francesco Cinquepalmi, accompagnati dalla
tromba di Giovanni Amato. In effetti lo stile di "Après
la Nuit" pare voler tagliare diagonalmente almeno venti anni di storia,
dagli anni 50 ai 70, per articolare il proprio contenuto. Da ciò viene prima di
tutto un'influenza, di tipo tecnico, da grandi esempi della chitarra acustica,
John Scofield
nel periodo pre-Davis,
Bill Frisell
e Joe Pass, solo per citarne i più in luce; ma anche, evidentissimo, un debito
nell'approccio stilistico alle composizioni, verso il Cool Jazz più maturo (con
una certa semplicità si penserebbe volentieri a
Chet Baker,
forse complice la tromba leggera di Amato). Non manca però una certa impalpabilità,
dal gusto molto "night", tipica di artisti più contemporanei.
Un gusto, tuttavia, forse troppo impalpabile. Durante l'ascolto infatti
si ha la costante sensazione di una carenza, di una debolezza di fondo che non si
riesce a risolvere brano dopo brano, neppure nei momenti effettivamente più energici
e lodevoli, come "Between the Sky and Sea" o
"Hermes' Lyre", ed alquanto presente in "Loose
Time". La musica sembra scivolare lenta, al di là delle intenzioni dei
musicisti, il cui lavoro, nondimeno, è lodevole: molto interessanti, soprattutto,
il fraseggio ritmico nei solo di
Liberti
e la presenza di Amato, che durante le sue comparse rende corpo all'opera
e sicuramente dà prestigio.
Il risultato in ogni caso non pare giovarne. Arbore scrive in effetti
delle belle melodie ed armonie molto intime, di cui uno dei migliori esempi è riscontrabile
all'interno del brano che dà titolo al disco stesso, ma il valore di questi momenti
sembra schiacciato da questa volontà generale di conferire morbidezza al sound,
che si estende troppo oltre ed alla lunga risulta stucchevole, lasciando ogni sforzo
sospeso.
Alla fine dell'ascolto, insomma, il disco pare essere così delicato da
non lasciare il segno. Forse all'origine del lavoro sta un preciso desiderio di
rimanere in sottofondo, di comporre una musica più elitaria, ma anche se così fosse
tale desiderio non è reso evidente e quindi difficilmente comprensibile. Probabilmente
il mood melanconico, trascinato, di "Après la Nuit", è più adatto come sfondo,
per ascolti molto ponderati, notturni, riflessivi.
Nasce la curiosità di ascoltare questo insieme dal vivo per scoprire come
verrebbe risolta un'impronta così scura del sound, probabilmente dovuta anche al
contesto della registrazione, nella speranza che in concerto lo stile ne giovi,
guadagnando forse respiro.
Achille Zoni per Jazzitalia
Invia un commento
Questa pagina è stata visitata 5.502 volte
Data pubblicazione: 16/06/2007
|
|