Quattro chiacchiere con...Gianna Montecalvo aprile 2013
di Alceste Ayroldi
Una carriera più che consistente alle spalle e una preparazione
che pochi musicisti possono vantare: dallo studio del pianoforte ad una approfondita
e meticolosa cura della voce come strumento. Percorsi fatti di sperimentazione e
non solo: sicuramente di duro lavoro.
Gianna Montecalvo
parla del suo ultimo lavoro "While We're Young. Tribute To Alec Wilder",
della sua attività didattica, del suo passato e del suo futuro.
Gianna, partiamo dal tuo ultimo lavoro:
«While We're Young. Tribute To Alec Wilder». Cosa ti affascina di lui, della sua
musica?
La sua linea melodica, la sua cantabilità, la profondità dei testi che si manifestano
in un grande gioco di equilibrio.
Un disco, un progetto che si
discosta dalla tua strada musicale: cosa è successo? Come è nata l'idea?
Questo progetto in realtà è nato nel 1997 e non lo sento lontano dalla mia realtà
musicale che è frutto di incontri ed esperienze diverse. Avevo la necessità di ritornare
ad essere una voce che canta "temi".
E' stato difficile effettuare le scelte dei brani e attingere
al canzoniere di Wilder?
Wilder ha scritto veramente tanto e davvero l'unico criterio è stato quello di farmi
guidare dallo stato emozionale e dall'atmosfera che ogni brano mi suggeriva.
Il tuo gruppo è in parte pugliese e in parte d'altra estrazione
geografica: come sei arrivata a decidere i tuoi compagni di viaggio? Roberto Ottaviano è stato il primo a farmi conoscere Alec Wilder negli anni
in cui ero alunna al suo corso di jazz al conservatorio Piccinni di Bari. Lui è
un mio grande punto di riferimento. Il "Carlo
Morenatrio" (Yuri
Goloubev al contrabbasso e Michele Salgarello alla batteria)
è stata un scoperta degli ultimi anni e cioè quando ho avuto l'incarico come docente
di canto jazz presso il Conservatorio di Como. Con
Carlo Morena
è nato un grande feeling e complicità musicale che credo ci porterà condividere
altre avventure insieme.
Tutti i brani hanno una vita propria, sono coriacei e torniti,
seppur nel rispetto dei temi di Wilder. Chi si è occupato degli arrangiamenti?
E' stato un lavoro collettivo, ogni brano è stato visto da un punto di vista di
colore, di atmosfera e gli arrangiamenti sono stati costruiti su questa linea.
Da quel che ho visto e sentito, in poco tempo dall'emissione
del disco, i live sono stati un gran successo. Ora, quali obiettivi e quali programmi?
Il primo obiettivo è quello di poterlo suonare in giro il più possibile. La musica
prende vigore ed aria nel contatto con il pubblico e questi primi live ne sono la
dimostrazione. Stiamo lavorando per poterlo portare anche all'estero.
E non solo i live stanno riscuotendo successo. Sembra che
l'eco del tuo tributo sia arrivato anche più lontano…
Rob Geller, Editor (San Francisco) Friends of Alec Wilder Newsletter mi ha dedicato
una pagina nel numero di marzo sottolineando"On That's My Girl (titled here That's
the Girl), Montecalvo scats her way fearlessly where few would dare to tread. Judy
Bell Creative Director TRO The Richmond Organization(NY) mi ha inviato come regalo
3 libri di songs di Wilder. Insomma una bella accoglienza proprio da parte della
Fondazione che ne cura la memoria.
Gianna, pensi che dopo tanto andare avanti con il jazz
sia giunto il momento di guardarsi un po' indietro?
Si costruisce conoscendo il passato, di questo ne sono certa. Guardare indietro
significa prendere atto di un processo creativo che però deve guardare al futuro.
Hai un vissuto musicale di particolare spessore e lignaggio,
con progetti sempre interessanti. Però, almeno in Puglia, non sei stata molto presente
sulle scene jazzistiche. Una tua scelta?
In realtà io canto quando sento di avere qualcosa da dire…L'ultima data nella mia
citta (Bari) risale a circa due anni fa. Sono stata presente in maniera massiccia
per ciò che riguarda la didattica ma sul palco poco. In parte è frutto della mia
antica pigrizia, la mia poca capacità di chiedere, di cercare situazioni live o,
forse, la mia poca necessita di apparire. A ciò si aggiunge che ho scelto di cantare
sempre repertori che richiedevano un certo tipo di location, atmosfera e aggiungiamo
"pubblico". Ho iniziato a cantare nel 1988 e
da subito il mio stile e la mia ricerca si sono orientate verso terreni poco frequentati
dalle cantanti. I miei amori era Lauren Newton, Ursula Dudziak, Jeanne
Lee. Mi hanno cercata immediatamente i musicisti che vedevano in me la cantante
–musicista e mi hanno spesso inserita in progetti musicali in cui la voce veniva
usata come strumento. Ho cantato per circa 20 anni con il pianista
Gianni Lenoci
con il quale facevamo un repertorio vastissimo, con lui sono cresciuta molto ed
ho imparato ad essere me stessa in ogni situazione portando avanti con determinazione
quello che volevo. A tutto questo si sono aggiunte le vicende personali come il
mio impegno per anni nella causa animale che mi ha completamente assorbito energie,
cuore, e….. salute mentale. Non me ne pento. Anche oggi questo impegno civile mi
vede sempre in front line e non credo che potrà mai finire. Sono una "fragile lottatrice"
che guarda con sorriso i suoi errori e che punta oltre l'orizzonte delle cose facili.
E poi sono diventata mamma e questo è stato un cambiamento radicale nel modo di
vivere e sentire la vita.
Il tuo tributo ad Alec Wilder arriva, parecchio dopo, Steve's
Mirror, il tuo omaggio a
Steve Lacy.
Un'altra tua passione?
Si, Steve
Lacy è una grande passione. Ho sempre detto che il mio suono vocale
è stato influenzato dal suo sax soprano. Steve's mirror è un lavoro senza età, senza
tempo, il mio modo di sentire l'improvvisazione, il jazz, la voce.
Il tuo background culturale ti vede impegnata in studi
classici: canto lirico e pianoforte al conservatorio Tito Schipa di Lecce. Come
sei approdata al jazz?
Io nasco come pianista classica e non ricordo un solo giorno della mia vita senza
musica. Ho scoperto il jazz intorno ai sedici anni ma solo verso i ventiquattro
anni ho cominciato a studiarlo. Gli studi di pianoforte mi hanno temprata e fortificata
e senza dubbio la conoscenza di uno strumento armonico, la facilita di lettura,
di analisi della musica sono stati di grande aiuto. Sotto certi punti di vista ha
fatto la differenza in molte situazioni musicali e didattiche.
L'aver studiato canto lirico quanto ha influito nel tuo
modo di cantare jazz?
La tecnica vocale è importante ma non è l'elemento "più importante" nel jazz vocale.
Ci sono cantanti che con estensioni limitate hanno fatto la storia ma in alcuni
contesti tipo le situazioni orchestrali-strumentali è determinante. Credo di avere
una duttilità vocale ed una disciplina della voce che devono dire "grazie" agli
studi classici e che poi ho riportato integralmente nel suono jazz e moderno.
Tu svolgi un'intensa attività didattica, anche accademica.
Qual è, a tuo giudizio, il livello di preparazione dei giovani?
Il livello medio di conoscenza tecnica si è alzato ma la curiosità e la ricerca
meno. Negli anni di studio classico e di jazz io non perdevo un concerto, ero alla
continua ricerca di musica, materiale, libri. Non mi bastavano mai e, questo continua
anche oggi. Ho conseguito il biennio specialistico nel
2009 e continuo i miei studi sulla vocalità frequentando tutte le masterclass
che ritengo utili e interessanti. Lo studio è fonte di ricerca personale che poi
va a beneficio degli alunni. Ecco, io non vedo in molti questa passione.
A tal proposito, che consiglio daresti a un giovane che
vuole avvicinarsi al jazz e farne una professione?
Io vorrei che analizzassero la motivazione. Ti piace davvero il jazz? Vuoi studiarlo?
La scelta professionale è una passione.
Sempre a tal proposito: in Italia il jazz può essere una
professione?
Per alcuni si. Quanti possono vivere solo di concerti? La maggior parte associa
l'attività di didatta.
Molti ritengono che l'attività didattica distragga il musicista
dall'essere tale, soprattutto fuorvii la sua creatività: cosa ne pensi?
In parte è vero ma non credo che fuorvii la sua creatività. Negli ultimi cinque
anni ho svolto un'attività didattica intensa e questo ha creato ostacoli all'essere
musicista, avevo perso il controllo del tempo e le energie erano concentrate in
maniera esagerata nel lavoro di docente. Un errore che non intendo ripetere. Ma
ho studiato anche tanto per poter dare cose diverse e nuove agli alunni. Il "musicista"
ne ha tratto beneficio e la mia creatività non si è addormentata affatto. Io amo
insegnare e non vedo questa attività come un riempitivo tra un concerto e l'altro.
È una passione.
Hai già idee sul tuo prossimo lavoro discografico?
Qualche idea comincia a delinearsi..… sto lavorando sulla voce e vorrei che venisse
fuori tutto il mio background. Adesso voglio concentrare le energie su Alec Wilder
e su questo lavoro a cui tengo in particolar modo e voglio tornare a salire sul
palco in maniera più incisiva per dire: "ci sono anche io".