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Gianni Lenoci Hocus Pocus 3 with Steve Potts
Bucket of Blood
Silta Records (2012)
1. Mrs. Fagan
2. Processional
3. Shorts
4. Bucket of Blood (take 1)
5. Waltz for Steve Potts
6. Bone
7. Bucket of Blood (take 2)
Steve Potts - sax alto e soprano Gianni Lenoci - piano Pasquale Gadaleta - contrabbasso Giacomo Mongelli - batteria
Silta Records
email: info@siltarecords.it
web: http://www.siltarecords.it
All'inizio della sua carriera
Steve Lacy
ha incrociato la sua strada con quella di Cecil Taylor. In seguito la collaborazione
con Mal Waldron ha dato vita a concerti e dischi addirittura memorabili negli
anni ottanta. Un titolo, fra gli altri, "Snack out-herbe de l'oublie" della Hat
hut, senza trascurare il Soul note "Sempre amore". Nel suo quintetto ha figurato
fra gli altri Bobby Few, tastierista afroamericano di scuola New Thing. Il
suo gruppo stabile, o perlomeno il più consueto degli anni Settanta e Ottanta non
contemplava, però, la presenza degli ottantotto tasti bianchi e neri. La musica
di Lacy poteva fare, cioè, a meno di uno strumento armonico, poiché viveva dei contrasti
congruenti fra le due ance (l'altro era proprio Potts), del lavoro simpatetico della
ritmica e degli sfregamenti sul violoncello di Irene Aebi.
Questo disco non è dedicato a
Steve Lacy,
almeno espressamente, ma l'invito accolto da Steve Potts di inserirsi in
questo trio determina un ovvio riferimento al mondo del sopranista americano ricordato
pure con uno dei suoi pezzi più emblematici "Bone".
Gianni Lenoci
è pianista competente e con una cultura nel ramo assolutamente indiscutibile. Quindi
risulta conseguente questo suo tentativo non tanto di omaggiare Lacy semplicemente
riprendendo i suoi cavalli di battaglia, ma di costruire una musica per un quartetto
tradizionale, almeno nella forma, ma che riscopra gli umori, le sfumature, il modo
di improvvisare di uno dei musicisti più importanti del XX secolo, senza copiarlo
pedissequamente. Anzi, il disco è pieno di idee intelligenti e personali.
Si inizia con "Mrs.FSagan" e subito si rimane spiazzati. Si tratta di una vera
e propria ballad, con Potts che si abbandona alla melodia, in maniera convinta e
inattesa. Lenoci, appena è il suo turno, apre spazi piuttosto lirici, mentre la
ritmica accompagna senza uscir fuori dalle righe. Con "Processional" si mettono
le carte in tavola. Il pianista si posiziona in un ambito vicino o dentro l'atonalità,
trafficando anche all'interno del suo strumento e Il sax soprano si produce in sequenze
di note "sporche", in salti sull'acuto o sul sovracuto, mentre basso e batteria
tengono un tempo uniforme e ossessivo per gran parte del pezzo. "Shorts"
è introdotta dal suono percussivo del pianoforte. Piano piano si fa strada un tema
semplice, ma non scontato, su cui tutti lavorano con cambi di intensità e tensione,
ma a guidare il gruppo è la voce con ascendenze nel blues e proiezioni nel free
del sassofonista ospite. Il leader di Hocus pocus, a questo punto, esaltato dal
clima così costruito, realizza un solo tayloriano ben collegato con quanto sta succedendo
tutt'attorno. La prima e la seconda versione di "Bucket of blood" sono colme
di energia e contrassegnate da un ritmo libero. Potts suona i due strumenti in contemporanea
(nella prima track) per un certo tratto e gli altri lo seguono assetati di musica
più che di sangue (blood), rincorrendo quella frase che va e ritorna ciclicamente
come invasati (ma lucidi). "Waltz for Steve Potts" è un valzer sui
generis, che ravviva il lontano ricordo di "My favorite things". E' reso senza soverchie
uscite dai binari. Il solo sax alto ha accenti coltraniani più che lacyani, nel
suo movimento a salire con note sempre più acute. "Bone" è il brano migliore.
E' giocato su un free bop lineare, dove ognuno contribuisce a offrire sostegno e
rinforzo ad un sax alto che entra ancora una volta nelle pieghe di un motivo eseguito
già innumerevoli volte, allontanandosi da precedenti letture o riletture.
"Bucket of blood", in conclusione, ci consegna l'immagine di un Lenoci
sempre più maturo. Un artista che conosce perfettamente la tradizione e l'avanguardia
degli ultimi trent'anni e sa rielaborare creativamente suoi studi e approfondimenti.
Allo stesso tempo ci consente di ritrovare una "spalla di lusso" come Steve Potts
e di apprezzarne le qualità di autentico jazzista di razza.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/01/2013
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