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 Gianni Lenoci  
  
(1963 – 2019) 
 
"Cerco di immaginare l'inaudito, per quanto oggi è possibile." 
56 anni, un male incurabile, e così se ne va un altro grande 
protagonista del jazz, della cultura del jazz. 
 
Gianni Lenoci, 
il Maestro, sebbene caratterialmente schivo, aveva comunque costruito attorno alla 
propria persona una identità forte e di gran rispetto, che sapeva emergere ogni 
volta gli si offriva l'opportunità di parlare di qualsiasi cosa fosse cultura. La 
musica, ovviamente, da lui paragonata alla danza e quel senso di elevazione che 
si doveva riuscire a raggiungere ogni qualvolta si tentava di entrarvi dentro, con 
tutto sé stesso, "diventare le note, diventare la musica". L'insegnamento, 
altrettanto ovviamente, che lo ha visto tra i più quotati docenti italiani e da 
sempre al Conservatorio "Nino Rota" di Monopoli come uno dei principali fautori 
del jazz e dell'improvvisazione trasmessi con passione e altissima competenza a 
numerosi allievi oggi professionisti. Improvvisare, per Lenoci, era far respirare 
la musica cercando di sostenere la spontanea vita di ogni nota funzionale a quella 
di un'altra. Un esteta che cercava di esprimere la propria intimità attraverso la 
musica con pudica trasparenza. 
 
La Puglia, ma non solo, quindi lo piange perchè era una persona con la quale non 
potevi non soffermarti a dialogare, lo faceva con tutti, senza supponenza, sempre 
con grande piacere. 
Chi scrive ha avuto l'opportunità di scambiare varie volte impressioni e idee e 
il suo sguardo illuminato trasmetteva quanto avesse piacere nel farlo. Chi scrive 
ricorda, ad esempio, di averlo sentito suonare per la prima volta alla Fiera del 
Levante di Bari. Suonava in trio e suonava "straight" con una eleganza ed 
una proprietà di linguaggio tali da colpire chiunque fosse lì presente. Da quel 
momento in poi lo si è potuto vedere continuare un percorso che lo ha portato a 
fare ricerca vera di suoni e di interazioni, ad immergersi in tutto ciò che potesse 
offrirgli l'opportunità di sperimentare come amalgamare tutti i possibili istinti 
emotivi del musicista con la musica suonata. La sua è stata anche una evoluzione 
dialettica che ha cercato sempre di preservare un'alta coerenza di pensiero ritrovabile 
in ogni sua performance, anche quando affrontava le esecuzioni più free non 
mancavano ispirazioni classiche, jazz, contemporanee segno ulteriore della ricchezza 
del suo pensiero artistico. Ascoltava chi gli era intorno e sapeva catturare ogni 
dettaglio trasformandolo in musica d'insieme conducendo, il solista di turno, ad 
un apice espressivo. 
  
Manca e mancherà il Maestro Lenoci e aver letto il costerno e il dolore di chi lo 
ha conosciuto più profondamente fa comprendere quanto fosse amato, rispettato, una 
sorta di sicurezza del popolo pugliese rappresentato egregiamente nel panorama internazionale. 
Addio Gianni, e grazie, grazie per la bellezza che hai creato e lasciato. 
 
Marco Losavio per Jazzitalia 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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			Data pubblicazione: 20/10/2019
	  
 
 
 
	
  
	
		
		
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