Un disco made in Puglia, totalmente pugliese, senza guests prese da qualche
parte e giusto per fare numero ed essere chic. Anzi: un progetto, libero
da cover o imbarazzanti standards, di quelli che non ne puoi più d'ascoltare.
Otto originals e due brani attinti l'uno dal vasto
e consistente repertorio di
Steve Lacy,
Bone con
Gianni Lenoci impegnato a suonare anche la m'bira (idrofono dell'Africa
centrale) - summa della distruzione creativa e vulcanica del sassofonista
americano - dal passo ostinato, psicotico e con le liriche di Lao-Tzu; l'altra composizione,
invece, è attinta dal bagaglio della coppia Wood-Mellin, con il jazz standard
My One And Only Love, eseguita nel rispetto del registro d'origine.
Painting on Wood (Pittura su Legno) è un progetto che trae spunto da un dramma
in atto unico scritto nel 1954 dal regista Ingmar Bergman, così afferma lo stesso
vocalist salentino.
Mangia non è un crooner di quelli à la page, tutt'altro. La sua voce è
dissonante, recitativa, attoriale tanto da disorientare. Di quelle voci che avrebbero
reso felice Schoenberg o Stockhausen, mai ferma e monotona, capace di agire sui
registri più acuti con buona tranquillità (vedasi, a tal proposito, le soluzioni
metriche ed armoniche di The Lights in my Shade, a firma di Mangia). I cambiamenti
di colorazione del timbro e di inflessioni secondo i diversi "climats" e gli svariati
toni caratterizzano la grana di Stefano Luigi Mangia. Un brand policromo che si
evidenzia anche nelle sue composizioni: Prayer to Time, sognante preghiera
rivolta al tempo; la lisergica Dis-oriented Thoughts; Oriental Eyes
brano avvincente che vede impegnata la voce del musicista galatinese in percussioni
vocali agili e flessuose, tanto da tirare in ballo
Bobby
McFerrin.
I compagni di viaggio e d'ideali sono più che all'altezza.
Gianni Lenoci
dà subito voce alle sue tendenze musicali, sgomberando il campo da ogni dubbio con
il brano Mal Waldron e mettendo in rilievo come si possa gestire una composizione
ed un'esecuzione con buona economia, lasciando immutato il fascino e sottolineando
quanto si abbia padronanza di tecnica e mezzi. Pasquale Gadaleta tratteggia
linee con energica leggerezza e funge da metronomo ritmico-armonico. Marcello
Magliocchi, sa ben dosare le figure d'accompagnamento con delle frasi ritmiche
indipendenti, accentuate dall'utilizzo della sua scultura sonora: il ringmantradan.
Stefano Luigi Mangia è giovanissimo (classe 1981)
ed il suo esordio rispecchia tale stato anagrafico, fatto di preziose idee, ottimi
spunti ed epurato di ogni e qualsiasi piacioneria.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 02/05/2010
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