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Pino Mazzarano, Gianni Lenoci
Time To Remember
Terre Sommerse (2010)
1. Swans (P. Mazzarano)
2. The Nearess of You (H. Carmichael)
3. Strange Meeting (B. Frisell)
4. Blues Waltz (P. Bley)
5. Loop in the Space (P. Mazzarano-G.Lenoci)
6. Flies Away (P. Mazzarano)
7. Afternoon Waltz (G.Lenoci)
8. Piccola (P. Mazzarano)
9. Time to Remember (P. Mazzarano-G.Lenoci)
10. There Will Never Be Another You (H.Warren)
11. The Seagull of Kristiansund (M. Waldron)
12. The Days of Wine and Roses (H.Mancini)
Pino Mazzarano - Chitarra Elettrica
ed Acustica
Gianni Lenoci
- Piano
L'incontro pianoforte-chitarra ha pochi ma nobili esempi nella storia del jazz,
primo fra tutti quello tra due giganti come
Bill Evans
e Jim Hall
nell'album "Undercurrent". E sono proprio le "correnti sotterranee" quelle che legano un pianista colto e raffinato
come Gianni Lenoci,
ad un chitarrista jazzisticamente meno "ortodosso", proveniente da esperienze diversificate,
come Pino Mazzarano, certamente più vicino ad un "moderno" come
Bill Frisell
che non al "classico"
Jim Hall.
Il risultato è un album, equamente diviso tra brani originali e standard, in cui
prevalgono tempi dilatati ed atmosfere sospese, perfettamente adatte a sviluppare
il dialogo tra i due protagonisti che hanno così modo di esprimersi in maniera compiuta
in un contesto calmo e rilassato.
I momenti migliori arrivano quando Mazzarano imbraccia la chitarra acustica, che
meglio si adatta al dialogo con un pianista lirico come Lenoci, come nella lunga
e ispirata versione di "The Nearness of You" di Carmichael, o in "Strange
Meeting", non a caso firmata proprio da Frisell. Alcuni brani, specialmente i duetti tra piano e chitarra
elettrica "preparata", mostrano qualche lieve forzatura, frutto
probabilmente di una ricerca più intellettuale che emotiva. L'interscambio rischia a volte di essere
un po' troppo "chiuso" ed autoreferenziale, con il pericolo di
confluire in un puro esercizio calligrafico.
Luci e alcune ombre di un lavoro ambizioso che, nonostante
la classe dei musicisti, non mantiene sempre le promesse iniziali. Una eccessiva omogeneità di toni e l'enfasi accentuata sui tempi lenti per tutti
i sessanta minuti dell'album, confermano l'idea, più volte ribadita, che il formato
ridotto dei quaranta minuti dei vecchi ellepì avesse comunque i suoi pregi.
Roberto Biasco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 22/10/2011
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