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Fabrizio Pio Quartet
Encanto
Live Alexander Platz Jazz Club Roma

1. 2 4 1 (tw four one) (Steve Potts)
2. You don't know what love is (Raye - De Paul)
3. Rua da la pa (Steve Potts)
4. Rua da la pa (played twice) (Steve Pottes)


1. Tangle (Steve Potts)

2. Tangle - played twice (Steve Potts)
3. Afro Blue (M. Santamaria)
4. s.s.s. (Steve Potts)
5. Bucket of blood (Steve Potts)

Steve Potts -
sax alto e soprano
Claudio Colasazza -
piano
Jean Jacques Avenel -
contrabbasso
Fabrizio Pio -
batteria

Il progetto musicale del quarantenne batterista romano, interamente autoprodotto, è stato registrato dal vivo all'Alexander Platz jazz club di Roma. Il quartetto è formato oltre da Fabrizio Pio, da valenti musicisti: Steve Potts al sax alto e soprano, Jean Jacques Avenel al contrabbasso e Claudio Colasazza al piano. Avenel e Potts hanno fatto parte del quartetto storico di Steve Lacy.

Purtroppo il lavoro è fortemente disturbato da fastidiosi rumori di fondo (rumore di stoviglie e persistenti colpi di tosse) e da una registrazione non impeccabile. Ma la di là di tale inconveniente occorre dire che si rimane un po' interdetti dallo "strapotere" di Steve Potts che sembra l'effettivo leader del quartetto. Le composizioni del doppio cd sono praticamente tutte le sue e tale circostanza s'avvede anche nelle esecuzioni dei brani che sono improntate su suoi soli, in maniera eccessiva e piuttosto egocentrica.

Il progetto "live" contiene nove brani, alcuni francamente troppo lunghi ed a tratti "perversi" allorquando sia Avenel e sia Potts si lanciano in soli eccessivamente ripetuti, così come nel brano d'apertura "241", firmato Potts.

E' un peccato che non si lasci spazio a Fabrizio Pio, ottimo batterista che mette in evidenza una buona tecnica mai invasiva ed esasperata. Si nota come il musicista romano ami la sperimentazione e l'improvvisazione e, di fatto, la esegue molto bene.

Steve Potts, però, non è in grande spolvero così come Avenel ha una cavata troppo dolce.

Bella l'esecuzione del classico You don't know what love is, tenuto benissimo da Pio che sorregge più che adeguatamente il solo finale di Potts, lievemente acido.

Più che rilevante il panismo di Colasazza, dinamico al punto giusto, ma anche lui non ha molto spazio rispetto al duo Avenel-Potts. Si avverte un eccessivo "timore reverenziale" nei confronti dei due musicisti "laciani" che ne abusano fin troppo.

Gradevole l'esecuzione di Afro blue (di M. Santamaria) nel secondo Cd. Il brano è ben eseguito anche nei soli, il fraseggio di Potts è funzionale al brano e si mette in evidenza un ottimo interplay.

Avremmo voluto sentire di più Fabrizio Pio, però...speriamo nel prossimo lavoro.
Alceste Ayroldi per Jazziltalia







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Data pubblicazione: 31/10/2004

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