Il giro d'Italia a bordo di un disco
Giorgio Dini, Silta Records
gennaio 2015
di Alceste Ayroldi
Giorgio Dini è direttore artistico di
Silta Records
per i cataloghi Jazz & Beyond e
Siltaclassics;
la sua attività professionale principale è nell'ambito del Marketing internazionale
ed ha collezionato valenti esperienze come contrabbassista in ambito Jazz e Classico.
Qual è la vostra filosofia di
vita? Perché fare il discografico?
La filosofia della label è ben espressa sul nostro sito con le seguenti parole:
"La missione di Silta Records è di pubblicare e divulgare registrazioni di musica
creativa caratterizzate da approcci improvvisativi moderni in ambito Jazz & Beyond
- Contemporary. La pubblicazione di un cd è un evento importante (addirittura
storico) nella vita artistica del musicista, e Silta Records è onorata di poter
condividere questo momento con professionalità, dedizione ed entusiasmo. SILTA records
è contro l'appiattimento culturale imposto dai media odierni e a favore dell'Arte
senza compromessi." SILTA è nata dieci anni fa dalla necessità d molti artisti di
vedere il proprio lavoro pubblicato in un catalogo stilisticamente riconoscibile,
con un approccio editoriale vissuto 'dalla parte del musicista' e non con i criteri
tipici dell'imprenditorialità. La label non ha mai perseguito il profitto alle spalle
dei musicisti, bensì l'autofinanziamento di un catalogo di qualità e originale.
Come reperite i nuovi talenti?
Possiamo dire che il percorso della label si incrocia spesso con quello di tanti
artisti di talento, che si propongono a noi perché si riconoscono nella nostra filosofia
stilistica e progettuale. In molti casi, l'approccio avviene tramite il passaparola
tra i musicisti, ed è elemento di soddisfazione il fatto che la maggior parte degli
artisti che hanno pubblicato i loro lavori con SILTA poi sono successivamente tornati
con nuove proposte e nuovi progetti.
Come scegliete i musicisti?
La scelta verte unicamente su qualità e originalità del progetto, non sul fatto
che ci sia un nome di richiamo o meno. Ci teniamo ad evitare di pubblicare album
magari piacevoli ma che non aggiungono nulla al panorama discografico: corriamo
spesso il rischio dunque di pubblicare lavori coraggiosi che si collocano in nicchie
di mercato minuscole – ma non importa, se crediamo a progetto insieme al musicista.
Non ci spaventa il rischio di scelte di confine, né eventuali riscontri negativi
dalla critica (peraltro giunti con estrema rarità).
Un altro criterio tiene conto del numero di pubblicazioni che possiamo gestire in
un anno, pertanto talvolta diciamo di no a progetti interessanti perchè vogliamo
essere certi di poter gestire le pubblicazioni in maniera appropriata.
Quali sono le vostre politiche relative alla distribuzione?
Nei primi tre anni di vita abbiamo cercato una distribuzione con attenzione, provando
delle soluzioni che poi non hanno soddisfatto appieno. Dal
2007 siamo distribuiti da IRD (all'epoca gestita dall'indimenticabile
Franco Ratti, scomparso nel 2012) che combatte
con passione nel difficile mondo della distribuzione. In maniera marginale vendiamo
i cd on-line dal nostro sito, in aggiunta alla distribuzione digitale di quasi tutti
i nostri titoli.
Quali mezzi utilizzate per raggiungere il vostro pubblico,
anche potenziale?
Raggiungere il target di pubblico purtroppo è sempre più difficile, a causa delle
variate abitudini di acquisto ed ascolto della musica e dell'enorme massa di produzioni
messe sul mercato ogni anno, che oltre ad abbassare la qualità media crea una notevole
confusione nei musicofili. Abbiamo sperimentato campagne pubblicitarie su riviste
specializzate e su social media, abbiamo creato connessioni con le radio, ma i risultati
sono stati inferiori alle aspettative. Il modo migliore per raggiungere il nostro
pubblico sono le recensioni su riviste e web magazines specializzati ed ovviamente
anche la frequenza di esibizioni live dei musicisti.
A cosa è dovuta la crisi del disco? E' da attribuire a
mp3, peer to peer, o c'è dell'altro?
Cercando di riassumere la risposta in pochi punti, direi che:
- il modo di ascoltare musica è cambiato: se ne ascolta più di prima ma in modo
diverso: spessissimo si ascolta un album (e neanche sempre per intero) facendo altre
cose, lavorando, facendo altre attività e spostandosi. In questo rispetto l'mp3
è il media più comodo da utilizzare e la richiesta di una qualità audio superiore
è meno importante che in passato (in fondo è stato uno dei fattori di successo della
ECM, seppure non l'unico).
- L'attitudine dei consumatori ad acquistare cd è diminuita assai, un po' per la
crisi economica e molto per la diffusione della musica liquida, a cui si accede
rapidamente e facilmente. La propensione all'acquisto di cd da parte del pubblico
è scesa vertiginosamente.
- L'enorme offerta di titoli che invadono il mercato, che provoca una forte frammentazione
e quindi la difficoltà a raggiungere il proprio target di pubblico.
In definitiva non mi sento di dare colpe particolari al peer-to-peer illegale, che
ha certamente colpito le grandi case discografiche e soprattutto i cataloghi pop.
Qual è lo scenario futuro?
Oggi siamo al paradosso per cui vendono sempre meno dischi ma se ne producono sempre
di più. Con un ridotto numero di copie vendute per titolo diventa impossibile autofinanziare
progetti discografici coprendo i costi con le vendite di cd. Questo è un punto di
non ritorno, perché con la ripresa economica non si tornerà a vendere più dischi.
Nei generi di nicchia la musica liquida (download legali di mp3, che ad onor del
vero hanno migliorato la qualità audio) produce ricavi ancora bassi e inoltre questo
si scontra con la richiesta dei musicisti e dei media di avere ancora disponibilità
del supporto fisico. Il vinile è una moda che può anche durare, ma non è in grado
di generare i numeri necessari ad un sano modello di business come poteva essere
col CD fino a qualche tempo fa (noi abbiamo iniziato a notare l'inversione di tendenza
nel 2010). Per queste ragioni SILTA dal
2014 ha deciso di modificare la propria strategia
editoriale: non vogliamo chiedere a musicisti di autofinanziare i propri progetti
in toto acquistando loro stessi i cd (ricordo che gli artisti sono i principali
clienti delle label indipendenti!): quando questo contributo poteva restare limitato
era un discorso ancora accettabile, ma ci rifiutiamo di chiedere di finanziare il
100% della produzione, a meno che non sia possibile intervenire con degli sponsor
esterni.
Quindi la nostra strategia, finché non capiamo che direzione prenderà il mercato,
è quella di ridurre drasticamente il numero di uscite, massimizzare la qualità delle
produzioni ed operare in cooperazione con altre etichette. Inoltre abbiamo esteso
il catalogo creando SILTACLASSICS, che si occupa di musica classica contemporanea.
Per combattere il nemico comune non sarebbe meglio coalizzarsi?
Quali sono gli ostacoli alla creazione di un consorzio o un network?
Innanzi tutto il "nemico" è difficilmente identificabile, per le ragioni espresse;
se pensiamo che il nemico sia il mercato, anziché combatterlo occorre capirlo e
magari anticiparlo. Una coalizzazione di tante labels non serve a riallineare l'offerta
alla domanda, tuttavia un network esiste già (www.ijm.it) e si svilupperà, anche
se i risultati potranno venire nel tempo. Credo che il network possa essere efficace
in special modo sulle problematiche infrastrutturali (gestione spazi, interventi
pubblici, SIAE, aliquote IVA...). A conferma del fatto che concordiamo che le alleanze
possono aiutare, SILTA dal 2013 sta distribuendo
digitalmente lavori pubblicati in cooperazione con altre labels (Setola di Maiale
e la lituana NoBusiness Records nei casi specifici) e questo seguendo la strategia
esposta precedentemente.
Anche le major non godono un buon stato di salute. In periodi
di crisi è meglio essere "più piccoli"?
Certamente, quando si è piccoli non ci sono i grandi costi fissi delle major, per
questo si affrontano le difficoltà con maggiore agilità. Tuttavia è difficile comparare
modelli di business tanto differenti, perchè le major nei periodi critici riescono
a superare i problemi finanziari tipici dei segmenti di mercato di nicchia grazie
agli introiti dei generi di massa; ma è un vantaggio nel breve periodo, perchè nel
medio-lungo termine il destino è che chiudono i cataloghi non redditivi. Inoltre
molte delle major gestiscono la distribuzione autonomamente, e questo permette una
fonte di guadagno percentuale doppia.
Cosa potrebbero fare le istituzioni per migliorare e aiutare
il settore, soprattutto per la lotta contro la pirateria?
Come accennato prima, non credo che la pirateria (download selvaggio, peer2peer)
sia il vero problema per le etichette indipendenti; la musica in streaming è un
fenomeno che merita maggiore attenzione, perchè può avere un impatto negativo sulle
vendite ma anche uno positivo in termini di diffusione e promozione. La pirateria
è dal mio punto di vista un problema importante per le major.
La vostra struttura organizzativa si completa con il management?
Ritenete, comunque, che possa essere utile per completare il percorso e fidelizzare
al meglio i vostri artisti?
No, il management esula dall'attività della SILTA. Ci sono tante richieste dai musicisti
in tal senso, ma riteniamo che ognuno debba fare il proprio mestiere con specializzazione.
Il networking e le competenze sono diversi, anche se ovviamente ci sono punti di
contatto.
Come giudicate lo stato di salute del jazz attualmente
(sia quello italiano, che internazionale)?
Riceviamo sempre tante proposte di pubblicazione, e occorre dire che il livello
qualitativo è mediamente elevato, anche eccellente. L'originalità purtroppo non
sempre c'è, ma era così anche in passato. Quello che non manca, sia in Italia che
all'estero, è la voglia di fare musica e la passione: da questo punto di vista mi
sento di dire che la creatività non è in crisi! Notiamo inoltre una maggiore apertura
verso generi musicali diversi che porta ad approcci stilistici interessantissimi,
influenze inusuali che riescono a non cadere in situazioni World Music e a mantenere
una identità stilistica propria. Quello che manca sono le opportunità, soprattutto
per gli artisti che tentano di promuovere idee nuove. In questo forse manca la capacità
e la volontà di creare spazi live per una musica a matrice improvvisata più coraggiosa
del mainstream Jazz.
Il pubblico del jazz, almeno in Italia, è statisticamente
provato che sia formato perlopiù da persone over 35 anni. In altri stati, però,
ciò non succede. Secondo te quali sono i motivi di fondo? I prezzi dei biglietti
sono troppo alti? Il jazz non trova spazio negli ordinari canali di comunicazione
dei giovani? E' frutto di una crisi culturale?
La crisi culturale certamente non gioca a favore. E le cause vengono da lontano:
il fatto che il jazz in Italia non sia posizionato al pari della musica colta e
non possa godere delle sovvenzioni che aiutano a "costruire" un certo tipo di pubblico.
Una grande responsabilità è sulle spalle dei media non specializzati, che non offrono
la possibilità al pubblico occasionale di ascoltare del Jazz e quindi non dà l'opportunità
per la creazione di un pubblico informato e consistente.
E' un fenomeno che mi dispiace constatare, ma la tendenza
dell'Opera è quella di annoverare un pubblico sempre più giovane. Forse anche per
il fatto che molte opere sono rivisitate da registi di chiara fama che lo hanno
svecchiato parecchio. Nel jazz, però, anche lo svecchiamento non sempre porta risultati
entusiasmanti. Come mai?
Difficile rispondere, credo abbia a che fare con quanto evidenziato prima relativamente
alla crisi culturale e alle poche opportunità che vengono create per raggiungere
un nuovo pubblico. Occorre mettere in pista iniziative che portino il Jazz alle
orecchie del pubblico occasionale, poi nel tempo una parte di questo può trasformarsi
in pubblico specialistico.
Non pensi che il jazz, in Italia, difetti in organizzazione
e coordinamento? Sarà forse perché lo Stato e gli enti territoriali lo tengono sullo
stesso livello delle sagre di paese (con tutto il rispetto anche per queste)?
Forse è tutta l'Italia che difetti in organizzazione e coordinamento... battute
a parte, anche su questo punto mi rifaccio a quanto evidenziato prima, che il fatto
che le sovvenzioni pubbliche non vengano allocate al Jazz e quindi non si esce da
questa fase di involuzione culturale. E' il cane che si morde la coda: i politici
elargiscono fondi alle iniziative "di cassetta" per poi dimostrare il successo e
ricevere consensi politici e voti. Manca il coraggio (o la volontà o anche la capacità)
di aiutare generi artistici di qualità meno fruiti (non solo musicali, il discorso
va oltre al Jazz e alla musica!). E' importante spostare il Jazz da merce ad arte.
La diversificazione del prodotto artistico, e quindi discografico,
anche al di fuori dell'ortodossia jazzistica, può essere utile, oppure ritenete
migliore la specializzazione in un singolo settore musicale?
Questo è uno dei punti più importanti che abbiamo valutato fin dall'inizio dell'attività,
in fase di posizionamento del brand. La classificazione in generi e sotto-generi
serve per orientare ascoltatori e critici ma dal punto di vista del musicista spesso
è un controsenso. La nostra filosofia prevede che ci dedichiamo a musica improvvisata
ad ampio raggio, dove sia l'originalità a caratterizzare la proposta e non la classificazione
di genere. Non è un caso che nel nostro catalogo siano pochissime le interpretazioni
di standards: per questo, per aiutare il pubblico ad orientarsi, definiamo il nostro
ambito stilistico "Jazz & Beyond", per differenziarci dal mainstream. Da
un punto di vista meno filosofico e più 'di mercato', direi che i musicisti e il
pubblico preferiscono i cataloghi più specializzati in quanto maggiormente focalizzati.
Per esempio, non vedremmo positivamente avere album di Wynton Marsalis e
Markus Stockhausen nello stesso catalogo. Avere invece
Steve Lacy
e William Parker
(SILTA ha infatti pubblicato album anche di questi artisti) invece porta un'egemonia
stilistica importante. Infine, per venire incontro alla volontà di pubblicare musica
originale in ambito Classico Contemporaneo, SILTA ha diversificato creando un catalogo
apposito (www.siltaclassics.it). Qui è interessante notare che mentre da un punto
di vista prettamente musicale ci sono evidenti punti di contatto tra i due cataloghi,
è altresì importante mantenere una separazione netta tra i due cataloghi, per non
confondere pubblico e critica.
28/11/2009 | Venezia Jazz Festival 2009: Ben Allison Quartet, Fabrizio Sotti trio, Giovanni Guidi Quartet, Wynton Marsalis e Jazz at Lincoln Center Orchestra, Richard Galliano All Star Band, Charles Lloyd Quartet, GNU Quartet, Trio Madeira Brasil, Paolo Conte e l'Orchestra Sinfonica di Venezia, diretta da Bruno Fontaine, Musica senza solfiti del Sigurt�-Casagrande Duo...(Giovanni Greto) |
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Data pubblicazione: 08/02/2015
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