Marco Tardito 'Amarilli Quartet'
The Music Of Claudio Monteverdi
Silta Records - SR0902
1. La pastorella mia spietata
2. Quando l’alba in oriente
3. Tu ridi sempre mai
4. Già mi credea
5. Godi pur del bel sen
6. I bei legami
7. Amarilli onde m'assale
8. De la bellezza le dovute lodi
Marco Tardito - soprano saxophone,
arrangements
Giorgio Giovannini - trombone Stefano
Risso - double bass Donato Stolfi -
drums and percussioni
Silta Records
email: info@siltarecords.it
web: http://www.siltarecords.it
"fiori che nel bel giardino delle regie camere di Vostra Altezza
furono da Claudio mio fratello seminati e colti"
così Giulio Cesare Monteverdi nell'edizione a stampa anno 1607. Marco Tardito
si rammenta del suo illustre predecessore, per il quale nutre una genuina passione
e predilezione. Pensa allora, con una intuizione fortunatissima - anche se non nuova
- di rivolgersi ad un passato straordinario, "rileggendo" le straordinarie invenzioni
Monteverdiane in un linguaggio contemporaneo di matrice afroamericana a lui più
vicino. Ma "riletture"è termine fuorviante che tradisce lo spirito e il senso di
questo riuscito progetto non rendendogli giustizia. Marco Tardito sceglie
una manciata di brani (cinque) del Monteverdi maturo, dagli "Scherzi musicali a
tre voci" (più altri tre dalle "Canzonette a tre voci.." esordio di un Monteverdi
non ancora ventenne) e degli originali "non ascoltati per non esserne condizionato"
solo rammenta, seppur liberamente, la conduzione melodica generale, sovente esposta
a fine brano a far da chiusa e ricapitolazione. Nulla qui troviamo degli aspetti
ritmici, di quelli timbrici e armonici dell'originale Monteverdiano qui trattato,
per inciso mirabilmente, come materiale tematico grezzo sul quale è ancora utile
lavorare. Forse il procedimento è un altro ancora e nasce da un cortocircuito semantico-creativo
tra le suggestioni letterarie e di scrittura musicale originali, non approfondite
ma lasciate volutamente in superficie, e le indubbie doti compositive di Marco
Tardito.
Intuizione non nuova, dicevamo, saltano alla mente illustri precedenti, piuttosto
distanti tra loro nel tempo e nelle intenzioni: la citazione dal "lasciatemi morire"
in uno dei vertici dell'Art Ensemble Of Chicago" quel "Le Stances A Sophie"
mai abbastanza celebrato, e poi, dopo un trentennio, la ripresa di un madrigale
seppur non Monteverdiano (era di Carlo Gesualdo) nel "Two Steps, Waltzes And
Other Matters Of The Heart" del quintetto di Gerry Hemingway. Alla formazione
americano-olandese (Wierbos, Moore e Rejseger), una delle più interessanti e stabili
di quel decennio, l'Amarilli Quartet sembra in qualche modo rifarsi, nella scelta
tematica (ma le suggestioni "europee" del quintetto di Hemingway non si esaurivano
nella isolata e occasionale ripresa madrigalesca), nella scelta timbrico armonica,
con l'esclusione dell'ingombrante pianoforte, e ancor più nell'impasto timbrico
trombone-contralto qui riproposto in maniera esclusiva. Del quintetto di Hemingway
l'Amarilli ricorda anche la fluidità ritmico melodica e l'originalità motivica,
unite qui ad una ancora maggiore attenzione agli aspetti compositivi. Resta da dire
però, per ammissione dello stesso Tardito, che il riferimento è del tutto involontario
ed è solo una lettura a posteriori del recensore.
Della proposta dell'Amarilli si apprezza il modo raffinatissimo e attento ai
dettagli della conduzione complessiva, il rapporto felicemente risolto tra parti
scritte e parti improvvisate. Quella dell'Amarilli è musica che richiede un'attenzione
costante nel tempo, perché in esso si sviluppa e si articola; è musica che fa della
varietà uno dei suoi punti di forza: considerata la grande economia di mezzi strumentali
e tecnologici, la varietà è ottenuta completamente e solo con la forza delle idee
musicali che continuamente affiorano e si avvicendano.
Sostanzialmente inutile soffermarsi su ogni singolo brano, una schematica indicazione
della struttura compositiva di"Quando l'alba in oriente" può rendere conto dell'abilità
compositiva di Marco Tardito: tema iniziale (tema dell'alba o tema1), poi
il risveglio della natura con un tema semplice e orecchiabile ai limiti del banale
(tema del canto degli uccelli o tema2), solo di trombone, ripresa del tema1, assolo
di contrabbasso, ripresa del tema1 con un basso cambiato, assolo dell'alto in sette
quarti vocalizzante ad evocante il canto dei Muezzin (con successivi e ripetuti
cambi della scansione ritmica), tema finale con la ripresa del tema2 e del tema1,
quale chiusa e ricapitolazione la presentazione delle tre voci monteverdiane.
Tutto questo accade in quasi dieci minuti di musica fluida e continuamente cangiante
(da un punto di vista motivico, ritmico (ritmi pari e dispari ora alternati ora
sovrapposti) e timbrico nonostante la "povertà" della formazione. Musica che in
nessun momento lascia trapelare la ricchezza e la complessità compositivo-esecutiva
che sottende, musica di grande finezza ed originalità, oltre (e indipendentemente
da) i riferimenti monteverdiani. Musica resa possibile e viva grazie ad una formazione
"stabile" da diversi anni nella quale quattro validissimi musicisti fanno dell'interplay
e dell'equilibrio complessivo un elemento centrale. Tardito, musicista di grande
talente e straordinaria umiltà, trova in Monteverdi un comodo paravento dietro cui
nascondere le proprie cristalline doti compositive tutte poste al servizio di una
musica non urlata, non modaiola ma di straordinaria sintesi e grande raffinatezza.
Un disco da ascoltare ripetutamente con rinnovato interesse e piacere; un autore
maturo a capo di una formazione emozionante che ci piacerebbe poter ascoltare più
frequentemente nelle tante occasioni nostrane.
Andrea Gaggero per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 08/05/2010
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