Braxton - Parker - Graves
Roma, Auditorium-Parco della Musica, venerdì 16 marzo 2007
di Dario Gentili
foto di Daniele Molajoli
Anthony Braxton – sassofoni
William Parker – contrabbasso
Milford Graves – batteria
Inserito nel programma del Festival di Matematica, che si svolgeva
in quei giorni all'Auditorium di Roma, il concerto in trio di Anthony Braxton,
William Parker e Milford Graves è davvero un evento. Come ha ricordato
Graves durante l'esibizione, è infatti la prima volta che questi tre maestri
del jazz d'avanguardia americano suonano insieme e, per di più, il concerto non
sarà replicato: è, pertanto, l'unica data mondiale.
Non è stato di certo casuale, inoltre, che questa inedita esibizione abbia
avuto luogo proprio in occasione di un Festival della Matematica, a voler quasi
ancora una volta evidenziare che l'improvvisazione, anche quella più radicale, non
è affatto da confondere con l'arbitrio, ma risponde anch'essa a regole e strutture
e a voler rimarcare anche, forse, che la matematica stessa non è poi una scienza
così fredda e severa. In particolare, il rapporto di Braxton con la matematica
non è affatto occasionale e superficiale, bensì profondo e caratterizza da sempre
le sue composizioni, che spesso hanno per titolo semplici espressioni matematiche:
"Non ho la minima idea se la mia passione per la matematica sia una cosa sana.
Però come fai a separare la matematica dalla musica, dalle sue strutture, dai suoi
materiali?", afferma lo stesso Braxton.
Se Braxton è noto per il suo approccio "intellettuale" al free
jazz, Milford Graves ha un approccio "spirituale", ispirato ai timbri e alle
sonorità delle percussioni africane e indiane. Anche la scena mostra due personalità
diverse: Braxton è piegato sui diversi saxes e clarinetti, che di brano in
brano imbraccia, quasi in disparte, volgendo le spalle al pubblico, concentrato
soltanto sul suo strumento e sulle geometrie di note che va costruendo; Graves,
invece, con la sua batteria e le sue percussioni, è al centro del trio e del palco,
costantemente rivolto con la faccia al pubblico, in una sorta di estasi espressiva.
Soltanto a un musicista della sensibilità e della personalità di William Parker
– ormai di casa sui palchi italiani e romani in particolare – poteva essere affidato
il difficile compito di accompagnare, seguirne le evoluzioni e legare approcci e
stili così diversi.
Caratterizzato dall'impetuoso e fisico senso ritmico di Graves
e dalle complesse e stratificate geometrie di Braxton, il concerto ha travolto
il pubblico per circa due ore senza quasi lasciare il tempo di riprendere fiato
tra un'esecuzione e l'altra, che si susseguivano senza soluzione di continuità.
Che la ricerca dell'interplay venga sacrificata per lasciar libera espressione alla
singola personalità dei musicisti è il rischio e il fascino di un concerto estemporaneo
e di un'improvvisazione senza compromessi.
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Data pubblicazione: 23/06/2007
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