Anthony Braxton
Quartet - "Standards 2003"
ANTHONY BRAXTON - sax soprano, sopranino e alto
KEVIN O'NEIL - chitarra
ANDY EULAU - contrabbasso
KEVIN NORTON - batteria e percussioni
Steven Bernstein & The Sam Rivers
Trio
"Diaspora Blues"
STEVE BERNSTEIN - tromba
SAM RIVERS - sax-flauto, piano
DOUG MATHEWS – contrabbasso, clarinetto basso
ANTHONY COLE – batteria, sax tenore
Auditorium
Parco della Musica – Sala Sinopoli - 18
novembre 2003 -
Roma Jazz Festival
di Dario Gentili
photo by Antonio Demma
Il pubblico romano ha tributato una calorosa accoglienza a un concerto che si può definire tranquillamente un evento e certo un'occasione da non perdere.
È pur vero che
Anthony Braxton e Sam Rivers hanno più di una volta incrociato i loro sassofoni e i modi quasi opposti di dare espressione al suono di questo strumento e di concepire il jazz in genere, ma poter assistere addirittura a due concerti in uno non capita di frequente. Tra l'altro, due concerti molto diversi.
A prender possesso per primo della scena è il quartetto di Anthony Braxton, che propone il progetto Standards, una scaletta che comprende i brani più classici del jazz nell'esecuzione di uno dei più originali e colti esponenti dell'avanguardia. Incuriosisce ascoltare l'arrangiamento e l'esecuzione di una manciata di standards da parte di uno dei grandi maestri dell'improvvisazione: tra sfuriate free del sassofono e le rumorose distorsioni della chitarra elettrica di
O'Neil, sembra quasi miracolosa la citazione del tema dello standard. Anche se l'interpretazione della maggior parte degli standards proposti è abbastanza rispettosa non certo dell'arrangiamento, ma, non senza ironia, quantomeno delle atmosfere dell'originale, l'esecuzione più sorprendentemente innovativa è una versione stravolta di
Desafinado: una lunga
improvvisazione atonale e rumoristica riempie la sala di un'atmosfera cupamente
sospesa, da cui lentamente e imprevedibilmente emerge cristallina la melodia del
tema scritto da Jobim.
Braxton si accomoda tra il pubblico in sala e lascia la seconda e più lunga parte del concerto al polivalente Sam Rivers Trio, che suona il progetto del trombettista
Steven Bernstein
Diaspora Blues, vera e propria estensione live dell'omonimo cd (2002) suonato dalla medesima formazione. Ben lontani dalle colte geometrie sonore di Braxton, i brani in scaletta intrigano per il riferimento a culture musicali popolari, in quanto mescolano sonorità ebraiche klezmer e melodie arabeggianti con la tradizione afroamericana del blues e del gospel, ravvivata anche dalle frequenti e dirompenti incursioni nella migliore tradizione free, alla quale Rivers appartiene. La musica proposta suona vecchia e nuova al contempo e le apparentemente diverse fonti d'ispirazione si fondono organicamente in ogni singolo pezzo, gettando un ponte ideale tra culture diverse che trovano nelle musica una loro pacifica comunicazione. Inoltre, alla plasticità interna dei brani corrisponde la continua trasfigurazione della formazione: Rivers suona il piano nel pezzo in cui
Bernstein lascia il palco al suo Trio e, spesso e volentieri, il batterista
Anthony Cole si cimenta al sassofono tenore e il bassista Doug Matthews
al clarinetto basso; particolarmente affascinanti sono i pezzi in cui i musicisti sono tutti contemporaneamente ai fiati e si alternano nello svolgere la parte ritmica e quella solista, senza alcun tipo di protagonismo, neanche da parte del decano Rivers.
Alla fine del concerto il pubblico applaude entusiasta con il rammarico, ormai frequente per concerti come questo dalla formula due in uno, di non aver visto le due formazioni o almeno i due mostri sacri Braxton e Rivers suonare insieme sul palco.
07/01/2011 | Esperanza Spalding al 34° Roma Jazz Festival, Gezz - Generazione Jazz: "Grande attesa e Sala Petrassi gremita per il ritorno a Roma, a circa un anno di distanza dall'ultima esibizione, della giovane e talentuosa Esperanza Spalding, attesa ad una conferma dal vivo dopo l'uscita del recente ed ambizioso album "Chamber Music Society"...Affiora la sensazione che la Spalding, pur dotatissima, voglia dire "troppo" e tutto insieme: canta, suona, improvvisa, compone i brani e li arrangia, disperdendo energie in troppi rivoli. La musica è veicolo di emozioni, ma in questo modo la tecnica, seppur eccellente, rischia di prendere il sopravvento sui sentimenti." (Roberto Biasco) |
16/05/2010 | Angelique Kidjo all'Auditorium Parco della Musica: "Ciò che canta è solare fusione fra la cultura del Benin, suo paese d'origine, ed il blues, il jazz, il funk e, soprattutto, la Makossa: un'ibridazione certo non nuova ma innovativa per temi e poetica, un mondo di suoni ed immagini dai contorni onirici, dalle evoluzioni potenti d'una voce ben definita e dinamica, di ampia estensione, ricca di coloriture flessibili nella varietas delle esecuzioni..." (Fabrizio Ciccarelli) |
|
Invia un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 10.150 volte
Data pubblicazione: 07/12/2003
|
|