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Fai l'eroe: suona il jazz! Non è lo slogan di una scuola di musica, potrebbe
esserlo, diventarlo. Non è neanche un cuneo per pungolare i giovani a suonare una
musica ancora misconosciuta ai più. Di certo v'è che "fare jazz" in Italia sembra
non essere semplice. Una serie di paletti si frappongono tra i giovani musicisti
e l'universo jazzistico tricolore. Sbarramenti artificiali creati dalla tanto incessante,
quanto impellente, urgenza di "fare cassetta". E, quindi, tutti pronti ad applaudire
i nomi altisonanti nazionali e transnazionali, così come i nobili e notabili
musicisti d'oltreoceano, anche se oramai giunti alla frutta. Tale indecente scenario
fa si che i green players assumano le sembianze di eroi per l'ardita scelta.
E fa si che – rito oramai consolidato nella cultura della Penisola – debbano valicare
le Alpi per poter opportunamente far valere le proprie abilità.
Kekko
Fornarelli ha una "doppia residenza": Bari e Lione, Puglia e Rodano-Alpi.
Ed in quest'ultima ha trovato la sua giusta dimensione, la sua migliore identità
espressiva.
Che al pianista pugliese piaccia
Michel
Petrucciani, non è un mistero. D'altronde non è l'unico a cui piace
il "piccolo grande genio francese", ma il tributo che
Fornarelli
gli dedica è assolutamente scevro da qualsiasi ombra di plagio e/o semplice emulazione.
A French Man in New York è un album con una propria personalità sonora
che vede all'opera un ensemble robusto e particolarmente affiatato. I coequipiers
di Fornarelli
sono tra i più affermati musicisti europei:
Rosario Giuliani
ai sassofoni,
Yuri Goloubev al contrabbasso, Manu Roche, batterista che
ha condiviso un pezzo di vita artistica con Petrucciani e l'intervento del giovane
talentuoso Attilio Terlizzi alla batteria in tre brani.
La cifra stilistica di
Fornarelli
emerge – a chiare lettere – sia nei brani a sua firma che in quelli del pianista
francese. Uno stile personale, semanticamente pregnante che si pone in evidenza
tanto nelle ispirate fughe di A French Man in New York
quanto nelle eloquenti note di The Dreamer.
Mai banale anche quando attraversa la bossa della celeberrima
Brazilian Like, dall'ampia tavolozza timbrica.
L'intenso lirismo di Portrait pone in evidenza
le inflessioni poliglotte del Nostro, prodigo di linee penetranti, dal suono avvolgente.
Tutti i musicisti si muovono con precisa coerenza espressiva, nel pieno rispetto
del paradigma estetico dell'album. Portrait è forse l'emblema di questo paradigma:
la compattezza della ritmica, la concezione compositiva originale ed il palpabile
interplay.
Kekko
Fornarelli sa descrivere – attraverso il suo personale verbo - con la
musica. E questa è, senza dubbio, una grande dote.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
27/06/2010 | Presentazione del libro di Adriano Mazzoletti "Il Jazz in Italia vol. 2: dallo swing agli anni sessanta": "...due tomi di circa 2500 pagine, 2000 nomi citati e circa 300 pagine di discografia, un'autentica Bibbia del jazz. Gli amanti del jazz come Adriano Mazzoletti sono più unici che rari nel nostro panorama musicale. Un artista, anche più che giornalista, dedito per tutta la sua vita a collezionare, archiviare, studiare, accumulare una quantità impressionante di produzioni musicali, documenti, testimonianze, aneddoti sul jazz italiano dal momento in cui le blue notes hanno cominciato a diffondersi nella penisola al tramonto della seconda guerra mondiale" (F. Ciccarelli e A. Valiante) |
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Data pubblicazione: 24/11/2008
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